Il programma europeo per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport, che ogni anni muove milioni di studenti in tutta Europa ai tempi del Covid

Il progetto Erasmus resiste anche durante il Covid. Il programma europeo per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport, che ogni anni muove milioni di studenti in tutta Europa è stato sicuramente turbato dalla pandemia e dalle restrizioni per la mobilità che ne sono conseguite. Gli studenti universitari, però, non si sono dati per vinti e hanno continuato a seguire le lezioni online e a presentare domande per partire il prossimo anno. A Siena attualmente ci sono 550 studenti provenienti da altri atenei europei e 150 giovani iscritti all’Università di Siena stanno partecipando al progetto. Di questi circa un terzo ha deciso di non partire e di frequentare le lezioni da casa. Un modo completamente diverso dal solito di vivere l’Erasmus.

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Erasmus durante il Covid: si può fare

L’Erasmus è un progetto dell’Unione Europea che consente agli studenti universitari di trascorrere un periodo di studio in una università di un altro Paese europeo. Il soggiorno è sovvenzionato dall’Ue con una borsa di studio. Milioni di ragazzi e ragazze negli ultimi quarant’anni hanno partecipato con entusiasmo a questo progetto, vivendo un’esperienza formativa all’estero, imparando la lingua e sostenendo esami. Il Covid-19 ha portato gli Stati europei a imporre rigide restrizioni per chi parte e chi arriva. Il progetto Erasmus, però, va avanti.

“Si può ancora partire per l’Erasmus” spiega Luca Verzichelli, responsabile Erasmus dell’Università di Siena “poste due condizioni. La prima è che non ci sia una limitazione a livello di regolazione nazionale, ovvero che gli Stati membri non abbiano messo sostanziali veti. In questo momento non abbiamo casi di questo tipo, ma ci sono stati durante la prima ondata, quando alcuni Paesi come l’Olanda hanno sospeso le attività di mobilità internazionale in ambito universitario. La seconda condizione è che vi siano le possibilità concrete, ovvero che le università possano garantire un programma, anche online, per gli studenti, non solo a livello formativo ma anche di socializzazione con docenti e colleghi”.

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“La tendenza in questa fase” aggiunge Verzichelli “è quella della resilienza, ovvero di limitazioni non assolute, non ci sono lockdown totali. Si cerca quindi di tenere il più possibile aperto il canale della mobilità, anche perché chiuderlo per un periodo così lungo significa metterlo in pericolo”.

La gestione degli studenti Erasmus all’arrivo del Covid

Il 12 marzo dello scorso anno l’Italia è andata in lockdown e le frontiere sono state chiuse improvvisamente per contenere i contagi. Marzo è un mese di ricambio per gli studenti Erasmus: alcuni partono per il secondo semestre e altri rientrano dopo aver terminato il primo. Molti studenti di altri atenei europei si trovavano già in Italia. Una situazione non facile da gestire e unica nel suo genere.

“E’ stato ed è ancora un lavoro enorme” racconta Luca Verzichelli “e ci sono stati dei momenti complicati. Il primo lockdown arrivò a ridosso della partenza degli studenti per il secondo semestre. La prima ondata aveva colpito la Spagna nei giorni precedenti l’arrivo del Covid in Italia. Il primo momento che ricordo con un po’ di terrore è il tentativo di prendere contatti con i nostri outgoing, gli studenti che erano andati fuori, in particolare in Spagna. Gli studenti volevano rientrare, le famiglie erano preoccupate”.

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“In altri momenti” continua Verzichelli “il problema è stato quello di organizzare la vita dei nostri incoming, gli studenti stranieri ospiti a Siena, che erano presenti in numero elevato anche se meno degli anni scorsi. Tuttora ci sono 150 ospiti a Siena. Una cifra inferiore al solito ma comunque consistente considerando che non si muove nessuno. La preoccupazione era quella di garantire servizi di tipo logistico, a cominciare da come sostituire le mense e come indicare loro le strutture sanitarie in caso di problemi”.

Sostegno e informazione per gli studenti

“C’è stato un grande lavoro di informazione, ma anche di formazione: l’università ha dovuto spiegare a persone che non parlano italiano o che lo parlano poco essendo appena arrivati, come funziona la didattica a distanza, come possono trovare le segreterie studenti e come interfacciarsi con i docenti. Infine abbiamo dovuto considerare il problema psicologico: abbiamo cercato di tenere compagnia a questi ragazzi attraverso delle attività online, parlando loro della situazione che si era venuta a creare e dell’importanza di tenere viva la comunità scientifica. C’è stato e c’è ancora molto affetto verso gli studenti, a Siena in particolare ma credo in tutte le università. E’ doveroso avere un particolare riguardo in questo momento per gli studenti che non sono nostri ma che ormai fanno parte del nostro vissuto e che sentiamo come un elemento imprescindibile del nostro lavoro”.

Le partenze del secondo semestre

Nonostante la situazione della pandemia da Covid-19, che vede l’Italia in zona arancione e rossa fino al 30 aprile, vietando gli spostamenti tra le regioni e prorogando la didattica a distanza per le università, il progetto Erasmus non si ferma. Marzo e aprile sono mesi di partenza di solito per gli studenti outgoing. “In questo momento” racconta Verzichelli “abbiamo la seconda tranche degli outgoing. Sono circa 150 persone, di cui una cinquantina potrebbe essere ancora in Italia. Formalmente sono studenti Erasmus, ma stanno seguendo le lezioni dall’Italia. Quindi abbiamo circa un centinaio di persone fuori, nelle sedi. Sono circa un terzo di quelle che dovevano essere, tra rinunce e frequenze online. Alcune università, infatti, hanno comunicato la chiusura per tutto il semestre e alcuni studenti hanno deciso di non partire. Abbiamo comunque preservato un livello accettabile di mobilità in uscita”.

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Le prospettive per il futuro, tuttavia, sono confortanti. “Abbiamo già lanciato, come di consueto in questo periodo, il bando per il prossimo anno” racconta il responsabile Erasmus dell’università di Siena “e abbiamo avuto 500 domande. Non sono il nostro record, ma sono numeri molto vicini. C’è la speranza che passata la pandemia si possa tornare a una mobilità molto ampia. Tra l’altro questo bando, per la prima volta, non conteneva ambitissime sedi britanniche. Abbiamo fatto un bando specifico, che dovremo poter finanziare da soli, per garantire un certo numero di borse di studio anche con le nostre vecchie partner britanniche. Per queste borse abbiamo ricevuto oltre 150 domande. Quindi, in totale circa 600 studenti dell’Università di Siena sono pronti a partire nell’anno accademico 2021/2022″.

Erasmus a distanza

Alcuni studenti che dovevano partire in questi mesi hanno dovuto ripiegare su un diverso tipo di Erasmus a distanza. Dal momento che alcune università europee hanno chiuso gli atenei per tutto il semestre, alcuni studenti hanno deciso di seguire le lezioni direttamente da casa, senza raggiungere la città di destinazione. In questo modo non hanno rinunciato al progetto Erasmus, ma non potranno godersi l’esperienza in modo completo. “Non c’è molta differenza con la didattica virtuale che in questo momento riguarda molti atenei, non solo italiani ma europei” spiega Verzichelli.

“Rispetto ai problemi della scuola l’università può mettere a disposizione un livello di socializzazione più ampio, perché i ragazzi sono più autonomi, non ci sono solo le piattaforme ma anche i social. A livello di interazione, date le condizioni, è accettabile. Non essere fisicamente nelle sedi, però, comporta una forte penalizzazione perché non permette di vivere la sede, che è un centro di socializzazione. Siena, ad esempio, è una vera e propria città campus: non c’è differenza tra la città e le sedi universitarie. Mancare questa esperienza ha un certo peso”.

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“C’è tuttavia” aggiunge Verzichelli “la volontà da parte nostra di migliorare tutta una serie di mezzi che servono per esami, lezioni e seminari, ma anche per far rimanere gli studenti continuamente in contatto. Abbiamo fatto uno sforzo enorme attraverso le nostre pagine social e i nostri portali per garantire alcuni strumenti, come forme di interazione e tutoraggio online. La stessa Commissione europea ci sta dicendo che questa forma di mobilità virtuale diventerà parte di un sistema misto, dove tutti, anche quelli che hanno meno risorse per viaggiare, potranno avere i benefici della mobilità, facendo corsi online e poi muovendosi per periodi ridotti. Stiamo sperimentando alcuni strumenti per il futuro”.

Prospettive per il progetto Erasmus

Il progetto Erasmus è nato nel 1987 per promuovere la mobilità dei giovani all’interno dell’Unione Europea e anche in futuro potrebbe ricoprire un ruolo cruciale nello sviluppo della comunità europea. “Il programma Erasmus per i prossimi sei anni” spiega Verzichelli “è stato presentato dalla Commissione europea prima della definizione del Recovery Fund. E’ andata abbastanza bene dal punto di vista finanziario, perché 26 miliardi di euro è il record rispetto al passato. Insieme a questo rifinanziamento, la scelta di un programma più inclusivo, digitale e green fa pensare che ci sarà ancora molta attenzione. Ce lo auguriamo perché l’Erasmus è forse la cosa migliore che ha fatto l’Ue e non possiamo sempre accontentarci degli spiccioli. Sappiamo che le borse di studio sono basse e che raggiungono un numero molto limitato di studenti”.

“Quella di aumentare le borse mantenendole selettive è una scelta coraggiosa” aggiunge Verzichelli “perché l’inclusività e la digitalizzazione dovrebbero permetterci comunque di andare a conoscere meglio tutta la popolazione studentesca, anche quella delle scuole. Andremo a europeizzare tutta la next generation. Se i piani saranno fatti bene e se la scuola, l’università e l’intero mondo dell’educazione e della formazione saranno parte dei progetti del Recovery, diventeranno di fatto risorse aggiuntive per la mobilità. Non si può pensare a qualcosa di inclusivo, digitale e green senza far conoscere le future generazioni di europei”.

Il lato psicologico dell’Erasmus

Partire per l’Erasmus in questo momento non è sicuramente semplice, soprattutto dal punto di vista psicologico. Molti studenti hanno il sogno di studiare all’estero e vivere un’esperienza formativa per diversi aspetti, ma alcuni in questi mesi hanno rinunciato a causa delle continue restrizioni in tutta Europa legate all’evolversi della pandemia. “Il problema c’è e lo dimostrano i dati” spiega Verzichelli “non tanto sul voler andare quanto sul fatto di rinunciare. C’è anche un dato psicologico che dobbiamo tenere in considerazione: questi ragazzi diventano molto fragili, perché sono facilmente vittime di forme pericolose di una sorta di depressione rispetto alle notizie che si sentono. La manipolazione delle informazioni non aiuta: spesso ci sono incontrollate forme di fake news che mettono ansia e mettono a rischio la stessa sicurezza sanitaria”.

“Spero che la vaccinazione di massa porti tutto il mondo a offrire un sistema resiliente, in cui tutte le università siano aperte” si augura Verzichelli. “Sicuramente ci saranno ancora alcune limitazioni nei prossimi mesi, ma se le università sono aperte, e se negli aeroporti si può stare con una situazione psicologica diversa rispetto a quella di questi mesi, credo che nel giro di un anno l’Erasmus tornerà ad essere una macchina che lavora a pieno giro. Questo è un mio auspicio ma anche una ragionevole certezza”.

Siena si conferma tra le eccellenze

Da alcuni anni il progetto Erasmus ha conosciuto un progressivo calo di partecipazione, dovuto a diversi fattori. Questa tendenza potrebbe peggiorare nei prossimi anni, con l’aumentare dell’ansia di muoversi legata all’insicurezza che si è palesata in questi mesi. Siena, tuttavia, rappresenta un buon esempio di come l’Erasmus sia ancora un progetto valido per i giovani e molto apprezzato anche dalle nuove generazioni. “Il calo rispetto a una fase che va dalla fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 c’è stato” spiega Verzichelli “ed è da riferire a concause importanti come la crisi finanziaria che ha indebolito la capacità delle famiglie, che devono comunque supportare i propri figli. Ma anche la depressione della curva demografica: fatte salve le eccezioni delle persone più anziane e degli studenti lavoratori, che decidono ugualmente di fare questo tipo di esperienza, il grosso dell’Erasmus è composto da studenti di età molto giovane”.

“Rispetto a questo trend, tuttavia” aggiunge Verzichelli “Siena è abbastanza in controtendenza, soprattutto nell’incoming. Noi abbiamo più studenti in arrivo e qui conta molto la credibilità e l’eccellenza della nostra università, oltre alla continuità nei rapporti internazionali e l’idea della comunità. Ci troviamo in una tipica città universitaria, in una regione ospitale e ambita per la qualità della vita e per la sua bellezza. Per questo l’incoming a Siena non ha mai conosciuto crisi: abbiamo toccato picchi di 700 studenti all’anno per l’Erasmus, più molti altri visitatori di altri progetti. L’Italia, infatti, rimane la terza meta scelta dagli studenti dopo Spagna e Francia”.

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