Mino Paradisi ricorda quei tragici momenti, da lui adolescente vissuti, in un lungo e commuovente racconto

Oggi sono 80 anni dal bombardamento di Colle Val d’Elsa. Infatti la mattina di martedì 15 febbraio 1944 proprio nel cuore della città bassa (Piano) era possibile vedere uno scenario che rimarrà poi indelebile nella mente di molti.

A parlarne, grazie al gruppo “La Colligianità di Colle”, è Mino Paradisi, che all’epoca aveva 17 anni.

“Mi trovavo sul marciapiede di Piazza Arnolfo proprio di fronte a via Garibaldi (già dell’Arringo). La giornata era bellissima e faceva poco freddo. Mentre parlavo con alcuni amici, il mio sguardo si rivolse verso l’alto, in direzione dell’Arringo e vidi nell’azzurro del cielo, una formazione di aerei, che venivano verso di noi (saranno stati circa una ventina o forse meno )”.

Il giovane Mino abitava in Via di Spugna nel Palazzo Comi, e fermatosi con quelli che erano rimasti sotto i loggiati, indicò i mezzi che si stavano dirigendo verso i civili. Da qui al suono dell’allarme è un attimo.

“Proprio in quel momento caddero le prime bombe, ci gettammo subito a terra e quando rialzammo la testa vedemmo sollevarsi di fronte a noi, tra l’attuale sede del Monte dei Paschi e il ponte della ferrovia che si trova prima del passaggio a livello tra Via Masson e Viale A. Gramsci, (oggi via Bilenchi) un grossa nube color rossiccio – ricorda Paradisi – subito portammo mia madre e la nonna al rifugio e in quel momento caddero altre bombe oltre il cimitero, ci rigettammo per terra coprendoci la testa per istinto”.

In Piazza Bartolomeo Scala erano cadute le bombe. E qui iniziava un numero importante di feriti, il via vai delle autoambulanze.

“In via dei Botroni era stata colpita una parte del lanificio Borri, il mulino di Basusi, e il palazzo del Francalanci (dall’altro lato, che divideva via dei Botroni da piazza B. Scala)”.

Ma anche “la Strada Nuova era un ammasso di macerie, erano franate le case che facevano angolo con via di Salvagna. Era stata colpita la Concessionaria Fiatdel Pianetti, ed anche la bottega artigiana di falegnameria dell’Arnecchi; dal lato opposto della strada sia il palazzo del Logi che quello del Francalanci avevano subito lievi danni”.

Ma la cosa più triste è che “Da sotto quelle macerie provenivano dei lamenti, io e altre persone sollevammo delle travi e vedemmo il Celli (un uomo molto robusto che faceva il facchino ed era il padre di Renzo, vecchio giocatore della Colligiana cugino di Vasco) poi mi voltai sentendo un’altra persona lamentarsi, mi avvicinai, era seduto sul marciapiede appoggiata alla casa del Francalanci; subito riconobbi in quella persona grondante di sangue il macellaio, Aldo Fornai dove andavo spesso a comprare la carne, in quell’istante apparve anche Enio De Lellis (detto Pillola) ed assieme andammo a cercare una barella”.

Ma tra feriti, dolore e distruzione, la sorte non risparmiò Colle neppure il giorno successivo: infatti “la mattina seguente rivedemmo gli aerei dirigersi nuovamente su Colle, sentimmo un grande boato e vedemmo delle grandi fumate; avevano sganciato nuovamente le bombe su Colle (colpito Sant’Andrea e Piazza Baios)”.

Così iniziò anche la fuga verso la campagna di molti cittadini. “Passai la notte a dormire in cantina con i miei genitori e gli altri coinquilini. Facemmo questa vita fino al 12 aprile, giorno che nacque mio fratello Enrico e tutti partimmo sfollati verso Strove nella Casa del Popolo dove già si trovavano altre due famiglie di Castellina Scalo” continua il racconto di Paradisi.

Poi la ricostruzione parla di edifici distrutti, di persone uccise, di feriti che tra mille sofferenze si sono spente. Maledicendo chi aveva voluto la guerra, ovvero la politica del Fascio.

Ricordi che oggi rivivono nelle foto dell’epoca, ma anche nell’insegnamento, che non deve mai esser dimenticato, di un’Italia democratica amante della Pace, sulla quale si fonda la Repubblica.

“Noi abbiamo lavorato e lottato per un’Italia migliore che oggi consegniamo a voi – conclude il suo lungo discorso Mino – continuate il nostro lavoro, perché si affermino i valori di pace, democrazia, libertà e tolleranza verso tutti gli altri esseri umani, perché tutti siamo esseri viventi di questo pianeta, con i soliti diritti e doveri.”

Parole che sembrano esser tratte dal Vangelo, anche se dette da un uomo di sinistra. Perchè sono state nutrite dalla sofferenza, esperienza che deve servire anche agli uomini della nostra epoca.

Paolo Moschi
Un etrusco con gli occhi puntati sulla Valdelsa. Aperto a tutto quanto si muove nelle città e nei paesi a nord di Siena, per raccontare la vitalità di terre antiche e orgogliose, ma anche dal cuore grande

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