La signora con il cappotto giallo
Natasha, la signora con il cappotto giallo, alla Fiaccolata per la pace di sabato 5 marzo

Tornando dall’Ucraina, al confine con l’Ungheria, Natasha, “la signora con il cappotto giallo”, ha accompagnato due bambini di 7 e 9 anni dalla mamma che vive in Italia. Il padre, un giovane uomo ucraino, non ha potuto lasciare la patria per la legge marziale e ha affidato i suoi figli a Natasha, incontrata per la prima volta alla frontiera

Nel drammatico contesto della guerra in Ucraina, ci sono alcune vicende che mostrano un’Umanità, con la lettera maiuscola. Uno di questi fatti ha come protagonista Natasha, una signora che abita e lavora a San Gimignano dal 2005: è la storia della “signora con il cappotto giallo” che, aiutando due bambini a superare il confine fra Ucraina e Ungheria e accompagnandoli dalla loro madre, ha fatto il giro del mondo.

Nella stanza in via Diacceto, dove la comunità ucraina che vive a San Gimignano ha organizzato la raccolta di generi alimentari e di medicinali da mandare in patria, abbiamo incontrato Natasha. Con il telefono che squilla e il continuo arrivare dei sangimignanesi per portare i beni di prima necessità, Natasha, ancora molto scossa, ha raccontato la sua esperienza: “È successa una cosa che non mi sarei mai immaginata: il 19 febbraio, preoccupata per la situazione, sono tornata in Ucraina per vedere i miei figli: mia figlia è medico e mio figlio è carabiniere. Quando è cominciata la guerra, con le forti esplosioni, mio figlio mi ha detto: ‘Mamma tu devi tornare in Italia perché da là potrai aiutare tante più persone’”.

E Natasha, che si commuove nel ricordare quei momenti, ha accettato il consiglio del figlio e, a bordo di un piccolo pulmino, si è diretta verso il confine con l’Ungheria: “Alla frontiera c’era tanta fila, tanti bambini piccoli, c’erano tantissime persone, a piedi, con le loro borse. Davanti a me c’era un ragazzo giovane che teneva per mano i suoi due figli, una bambina e un bambino. All’una di notte ci siamo avvicinati alla frontiera e a questo giovane uomo è stato proibito di passare il confine, mentre i figli avrebbero potuto farlo”. Infatti il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo l’inizio delle operazioni belliche, ha introdotto la legge marziale: “Gli uomini fra i 18 e i 60 anni non possono uscire dall’Ucraina perché devono combattere per la nostra terra. L’uomo e i due figli hanno cominciato a piangere e, sentendo che io stavo tornando in Italia, il padre mi ha detto: ‘Signora prenda questi due bambini’. Io non sapevo cosa fare, ma ho preso i due bimbi per mano: tremavano, avevano paura, era freddo. Ho detto loro: ‘Andiamo’ e siamo usciti dalla nostra frontiera per entrare in Ungheria”.

Natasha e i due bambini, di 7 e 9 anni, visti per la prima volta, si trovavano a Beregsurány, un piccolo Comune nel nord-est dell’Ungheria. “Siamo entrati in Ungheria senza che mi chiedessero la delega per i bambini. Siamo stati accolti nel punto di primo aiuto, dove venivano distribuiti tè, caffè… Le persone parlavano con me, ma non ci capivamo: io parlo l’ucraino, il russo, l’italiano e un pochino il polacco, ma non l’ungherese e non ci capivamo. Alla fine ho visto un signore che aveva una croce sul petto: era un prete e gli ho chiesto se avesse parlato ucraino, russo, polacco o italiano; mi ha risposto che parlava un po’ l’italiano perché aveva studiato a Roma. Il prete credeva che i due bambini che avevo per mano fossero miei nipoti. Gli ho spiegato che non li conoscevo e che mi erano stati affidati dal padre per accompagnarli dalla mamma, partita da Napoli per venire a prenderli alla frontiera fra l’Ucraina e l’Ungheria. Io non sapevo quando sarebbe arrivata: non avevo il suo numero di telefono né un suo contatto. E non sapevo nemmeno il cognome dei due ragazzi: non avevo ancora guardato sul loro passaporto. Il prete ci ha offerto ospitalità nella chiesa, che si vedeva in lontananza, per stare al caldo, ma ho preferito aspettare l’arrivo della madre dei due bambini. E se non avessi trovato la madre li avrei portati con me in Italia: da quel momento ero diventata nonna anche di questi due bambini. Avevano due occhi grandi e avevano tanta paura di essere abbandonati. Ma alla fine è arrivata la mamma!”

Al ritorno a San Gimignano Natasha è stata accolta dal sindaco Andrea Marrucci e dal parroco don Gianni Lanini: “Quando sono tornata a San Gimignano ho parlato con don Gianni e lui mi ha detto: ‘Natasha hai fatto una cosa molto bella’. E anche il sindaco si è congratulato con me. E mi hanno aiutato a trovare una stanza dove raccogliere il materiale da mandare in Ucraina”.

Natasha ha concluso con un appello: “Noi siamo mamme, anche in Russia ci sono le mamme: e allora uscite e chiedete la pace. Non vogliamo la guerra, vogliamo la pace per i nostri nipotini e per i nostri figli: non devono combattere in questo modo. Spero tanto che questa guerra finisca presto”.

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