Simone Cristicchi al Teatro Sala Umberto di Roma

È andato in scena venerdì 8 aprile dopo due rinvii consecutivi per Covid

“Questo spettacolo non s’ha da fare”. Si potrebbe parafrasare così, con una delle più celebri frasi de I Promessi Sposi, la tribolata parabola dello spettacolo “Paradiso. Dalle tenebre alla luce” di Simone Cristicchi al Teatro Mascagni di Chiusi. L’opera del cantautore e scrittore romano – vincitore del Festival di Sanremo 2007 con il brano Ti regalerò una rosa – era stata infatti inserita nella stagione teatrale del Festival Orizzonti già dal 2020, quando però fu rinviato a causa dell’allora dilagante pandemia da Covid; successivamente venne riprogrammato ad agosto 2021, e quella volta a fermarlo fu un caso di positività. Venerdì 8 aprile, dopo due anni di attesa, lo spettacolo é andato finalmente in scena, raccogliendo gli applausi e l’ovazione da parte del pubblico in sala.

In tournée in tutta Italia da febbraio anche con l’opera Esodo, quello andato in scena nella cittadina senese é un “racconto di un viaggio interiore dall’oscurità alla luce, attraverso le voci potenti dei mistici di ogni tempo, i cui insegnamenti, come fiume sotterraneo, attraversano i secoli per arrivare con l’attualità del loro messaggio, fino a noi”. Metaforicamente, nemmeno a farlo apposta, non si può non dire che per tutti lo scorso 31 marzo sia stato proprio come passare “dalle tenebre alla luce”, con l’agognata fine (formale) della pandemia che ha sconvolto il mondo nell’ultimo biennio.

“Noi artisti abbiamo sofferto moltissimo la mancanza dal palcoscenico e soprattutto dal pubblico, dalle persone che sostengono la nostra arte – ha detto Cristicchi a margine dello spettacolo -. Ogni sera in questo periodo é una festa, una festa per l’arte e per il teatro. C’é voglia di tornare a teatro, di riunirsi come comunità in questa sorta di bunker che ci é rimasto e che poi, alla fine, é l’unico luogo dove la comunità si può ritrovare con sé stessa e riflettere e interrogarsi sulle grandi domande che da sempre interrogano l’uomo”. “Io sono un rigattiere di storie e della memoria, una sorta di restauratore che prende vecchi argomenti o storie sconosciute, le restaura, le porta a nuovo e poi le mette in una sorta di vetrina metaforica che é il palcoscenico affinché poi tutti ne possano godere”, aggiunge lo scrittore.

“É stato così con la storia di David Lazzaretti – continua – ma anche con quella dell’esodo dall’Istria o dei manicomi. Con quest’ultima, il paradiso di Dante va a approfondire una geografia della nostra interiorità della nostra anima, il nostro desiderio di trasumanar-andare oltre l’essere umano, e questo é un tema abbastanza universale che attraversa lo spazio e il tempo. Spero che ci sia sempre l’arte nel mio futuro – conclude – e che possa continuare questo viaggio meraviglioso, perché realizzare qualcosa che prima non c’era, un po’ come fare l’artigiano, é qualcosa di magico e ti mette in contatto anche con altre dimensioni che non sono quelle della vile materia ma cose importanti come la nostra anima, la cura di noi stessi, degli altri e del mondo che ci ospita”.

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