A Siena molte attività hanno deciso di rimanere chiuse, altre continuano a lavorare con l’asporto. Ecco le testimonianze che abbiamo raccolto

Apprensione e tanta paura. E’ questo quello che provano i baristi e ristoratori di Siena. Sulla base delle nuove restrizioni per contrastare l’emergenza Covid-19, gli esercizi possono lavorare esclusivamente da asporto. Non tutti però hanno deciso di rimanere aperti. Nel nostro giro di interviste ci siamo trovati di fronte ad uno scenario desolante: tante saracinesche abbassate e tanta frustrazione per chi ha deciso di non chiudere.

Si vive malissimo. Non voglio dire che sono depresso ma comunque sono un po’ sconfortato e non ho nemmeno voglia di reagire” è il triste sfogo di un ristoratore impegnato a sistemare le ultime cose prima di chiudere senza sapere quando potrà riaprire.

Sono in molti come lui ad aver fatto questa scelta, mossi dalla convinzione che andare avanti con il lavoro “economicamente non conviene”. Ma le cose non vanno meglio a chi ha scelto di aprire: “Abbiamo provato a fare l’asporto ma non funziona. Per ora abbiamo avuto solamente 4 o 5 richieste”.

Ingenti perdite per bar e ristoranti a causa del lavoro che era già calato al di sotto del 50% nel periodo della zona gialla. Questo perché lo smartworking, l’assenza di turisti e di studenti per la città non creano disponibilità di clienti. Ora i titolari devono anche pensare alle famiglie dei lavoratori: “Il primo pensiero è stato pagare i dipendenti, cosa non da poco”.

Molti attendono quindi l’arrivo degli indennizzi previsti dal Decreto ristori anche se non risolveranno complessivamente le difficoltà dei titolari: “Pochi spiccioli che fanno comodo ma non risolvono il problema”. Altri invece hanno già ricevuto il sostegno economico: “Il ristoro preventivato mi è già arrivato. Stavolta i tempi sono stati consoni a quanto avevo detto. Certo non credo che possano bastare”.

Situazione resa ancora più tesa da alcune disparità di trattamento, vissute dai baristi e dai ristoratori come delle vere e proprie ingiustizie. “Non si capisce perché i bar e ristoranti devono osservare certe regole e i mercati invece si fanno. È un controsenso”. Non mancano nemmeno le critiche dirette alla gestione dell’emergenza: “Lo Stato aveva 4 mesi di tempo per incentivare i trasporti pubblici, assumere personale ospedaliero e non l’ha fatto”.

Adesso le attività chiedono interventi chiari e immediati visto che la situazione sta prendendo una piega ben diversa rispetto a marzo: “Se non ci danno una mano la situazione sarà peggiore dell’altra volta”.

Le interviste ai baristi e ai ristoratori del centro città

Vincenzo Battaglia
Sono nato a Melito di Porto Salvo (RC) e mi sono diplomato al Liceo Classico di Reggio Calabria. Dopo la maturità, ovvero sia più di sei anni fa, mi sono trasferito a Siena, una città che ormai è più di una seconda casa. Qui ho conseguito una laurea triennale in Scienze Politiche e una magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche. Da sempre appassionato alla scrittura, il mio proposito è quello di raccontare ciò che mi accade intorno in modo obiettivo.

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