Livia Amatucci è una doppiatrice che ha partecipato anche ad alcune serie di Netflix e Amazon: “Entrare in questo mondo è difficile”

Prestare la propria voce a qualcun altro non è facile. Lo sa bene Livia Amatucci, 32 anni, senese, che lo fa per mestiere. I doppiatori sono coloro che ci permettono di vedere un film o una serie tv in italiano, senza sottotitoli, riuscendo a far sembrare che quel prodotto non provenga da oltreoceano e a far parlare la nostra lingua ad attori che magari in Italia non ci sono mai stati. Ci vuole tanta pratica e tanto lavoro e alla fine a diventare famosa è solo la tua voce, il tuo volto rimane per tutti un mistero. Ma Livia in fondo è contenta così.

“Ho iniziato a fare doppiaggio a 23 anni frequentando una scuola a Grosseto, chiamata Studio Enterprise, dove si insegnano teatro e doppiaggio – racconta Livia Amatucci -. Sono partita con l’idea di fare questo mestiere perché sono molto timida. Come attrice di teatro avevo paura del giudizio degli altri. Però il mio insegnante mi ha fatto capire che prima di essere un doppiatore devi essere un attore e aveva ragione”.

Livia ha quindi dovuto frequentare una scuola apposita per affinare la tecnica: “Anni e anni fa il mestiere lo potevi anche imparare in sala di doppiaggio – spiega -. Adesso però sono tutte blindate, non è possibile assistere ai turni per una questione di tutela verso i prodotti che vengono doppiati. Quindi oggi per forza devi fare una scuola. I tempi di lavorazione sono ancora più brevi rispetto a prima, devi essere subito performante e veloce, altrimenti non puoi lavorare. Devi essere preparato, prima per doppiare un film si impiegava un mese, ora una settimana”.

Nel corso della sua giovane carriera Livia si è tolta anche diverse soddisfazioni, doppiando personaggi in serie targate Netflix e Amazon Prime come Benvenuti a Eden, Fear Street, Big Shot, Nove perfetti sconosciuti e Blood&Water, o ancora lavorando in singole puntate di telefilm storici come Criminal Minds e Law&Order.

Tuttavia l’ingresso nel mondo del doppiaggio non è stato immediato: “Ho iniziato a propormi nel periodo della pandemia – racconta Livia -. Giravo con la mascherina e andavo per le sale di doppiaggio proponendo il mio dub reel, che è dove faccio vedere cosa ho doppiato e che esperienze ho avuto. Lo sottoponevo ai direttori del doppiaggio, sostituiva i provini perché all’epoca non si potevano più fare. Partendo così piano piano ho fatto una gavetta molto difficile. Non è semplice mantenere i contatti, ogni doppiatore ha una storia a sé. Sono riuscita a interfacciarmi con direttori importanti che mi hanno dato delle belle occasioni”.

Ma quanto è difficile far sembrare che un personaggio stia dicendo una parola mentre le sue labbra ne stanno tracciando un’altra? “A quello ci pensano gli adattatori, che adattano i copioni in modo tale che sembri che sia detta in italiano – spiega Livia -. Per noi doppiatori è molto difficile all’inizio il sincronismo labiale, ma è una questione di pratica. La cosa più difficile? Non sapevo fare bene le poliziotte con il tono autoritario, oppure i personaggi dolci e pacati. Però con il tempo, facendo scuola e lavoro, affini un po’ tutto”.

Inseguire il suo sogno l’ha portata a Roma, ma Livia non dimentica la sua città natale: “Quando posso torno a casa – racconta -. Mi mancano il cibo, la famiglia, gli amici. Siena è una realtà più tranquilla. Alcune cose che prima non apprezzavo adesso le apprezzo”.

Vincenzo Battaglia
Sono nato a Melito di Porto Salvo (RC) e mi sono diplomato al Liceo Classico di Reggio Calabria. Dopo la maturità, ovvero sia più di sei anni fa, mi sono trasferito a Siena, una città che ormai è più di una seconda casa. Qui ho conseguito una laurea triennale in Scienze Politiche e una magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche. Da sempre appassionato alla scrittura, il mio proposito è quello di raccontare ciò che mi accade intorno in modo obiettivo.

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