La nuova rubrica settimanale di Elisa Papi

Un libro quello di quest’oggi che recentemente ha fatto parlato di sé attirandosi elogi e plausi sia dalla critica che da noi lettori della domenica.

E non solo perché lo stile di Rosella Postorino, chiaro e asciutto, è di assai piacevole lettura ma anche perché seppur riadattato, questo libro racconta una storia vera svelata da quella che in fondo è la protagonista alla giovane età di 98 anni.

La nostra storia narra proprio di dieci donne stipendiate 200 marchi per assaggiare il cibo di Hitler, per difendere il Furher dagli attacchi del veleno.

A queste ragazze viene chiesto di vivere con il terrore della morte uno dei momenti più belli della vita umana: quello del pasto e del convivio. E seppur sia tremendo sedersi con il timore di non alzarsi più, non c’è nulla di più squisito del cibo realizzato per il palato del dittatore che riempie le pance vuote della guerra.

Rosa Sauer mangia. Mangia per obbligo ma mangia anche per fame, per lenire il dolore di un marito lontano, portato via dalla guerra, dalla lontananza da Berlino il centro del suo mondo e mangia per affrontare la difficoltà di vivere con i suoi suoceri nel paesino di Gross-Partsch.

Nelle giornate tutte uguali, sempre con le stesse dieci donne con il timore e il terrore di legarsi a qualcuna di esse, alcune ferventi naziste altre capitate lì per coercizione come Rosa, cosa fare se gli istinti umani ti spingono ancor più in basso quando la guerra ti morde i talloni e la solitudine è una voragine?

Eppure queste donne “Segregate in caserma, eravamo soldati senza armi, schiavo di rango superiore, eravamo qualcosa che non esiste e infatti nessuno fuori da Rastenburg ha mai saputo della nostra esistenza” ci provano e cercano di cavarsela al meglio.

Oggi la nostra storia non finisce bene o meglio non ha il finale che ci si aspetta. Ma dopo tutto quante di queste storie sono mai finite bene?

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui