Capire l’agricoltura in un mondo più secco e caldo: una conversazione con l’agronomo Alessandro Giglietti

Il cambiamento climatico è una realtà ineluttabile e il suo impatto si fa già sentire in tutto il mondo. Spesso si parla di cambiamenti climatici in astratto, senza che le persone sappiano cosa significhi per loro e per la loro vita quotidiana. Ma quando si tratta di agricoltura, l’impatto del cambiamento climatico si fa già sentire in tutto ovunque.

Le temperature hanno registrato un netto calo, ma è certo che la prima metà di gennaio 2023 verrà ricordata per il caldo anomalo. “In agricoltura questo crea problemi; visto il clima caldo le piante hanno l’impressione che ci sia una ripresa vegetativa, e quindi mobilitano dalle radici tutte le riserve energetiche per far scoppiare le gemme. La mimosa è fiorita! – ha spiegato ai nostri microfoni Alessandro Giglietti, giovane agricoltore e agronomo toscano, meglio conosciuto sui social come Dottor. Agricoltura.  

Il freddo serve da regolatore per le piante; con delle temperature che stanno sotto una soglia le piante vanno in riposo vegetativo, ma se le temperature invernali sono alte il riposo vegetativo non c’è, e questo genera una primavera anticipata, compromettendo i raccolti. Inoltre – aggiunge Alessandro – La mancanza di freddo in questo periodo non limita la presenza di alcuni patogeni, uno fra tutti la mosca delle olive. Negli ultimi 15 anni le temperature medie si sono alzate e la mosca oggi attacca anche su zone di alta collina, tradizionalmente prive della sua presenza. In meno di venti anni sono avvenute modificazioni enormi!”.

Oltre al caldo invernale a preoccupare molto gli agricoltori sono anche le precipitazioni, la cui scarsità nell’inverno 2021-22 ha determinato una delle più gravi siccità estive che la provincia senese ricordi. Gli ultimi giorni, quindi, fanno pensare positivo almeno per quel che riguarda la tenuta delle riserve idriche. “Se la tendenza è questa cambierà la nostra geografia delle culture. – . Quest’anno in Toscana nelle zone argillose della Val di Chiana e val d’Orcia, dove generalmente un ettaro di grano seminato ne produce 40-50 quintali, di media si è avuta una resa di 18 quintali. Meno della metà! Perché non ha piovuto per troppo tempo!”.

Rispetto a venti anni fa le condizioni per l’agricoltore sono sempre più difficili. Abbiamo la moderna tecnologia dalla nostra parte, ma le finestre di tecniche utili per effettuare le lavorazioni sono sempre più strette, perché o piove un mese di fila (e quindi poi c’è da aspettare) oppure si è costretti a seminare in condizioni critiche, o addirittura bisogna rivedere i piani all’ultimo minuto. Ad oggi fare l’agricoltore è come giocare in borsa, non sai mai cosa ti aspetta il giorno dopo, e questa imprevedibilità non si può combattere con una scelta varietale o cambiando coltura.  Non è uno scenario semplice, perché si parla di cibo non di figurine, viene messa a rischio la produzione di cibo! Guardandolo in uno scenario catastrofico, se ogni anno molti raccolti vanno male e gli agricoltori falliscono c’è sempre meno produzione di cibo! – ha concluso Giglietti.

Eleonora Rosi
Sono una giovane studentessa della facoltà magistrale di Lettere, maremmana di nascita, ho lasciato l'Argentario da quattro anni per vivere e studiare a Siena. Mi interesso di politica, ambiente e attualità, con il proposito di capire e raccontare la cronaca di un territorio tanto antico e ricco di storia quanto vivo e vitale come quello senese.

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