Intervista all’attaccante classe 95′ originaria di Montepulciano

Con Donne di Calcio, questa settimana, andiamo alla scoperta della storia calcistica di Ilaria Presentini attaccante classe 95’ nata a Montepulciano; per lei la maglia bianconera è una questione di cuore.

Ilaria quando hai iniziato a calcare i campi da calcio e come ti sei avvicinata alla realtà bianconera?

Ho iniziato a 6 anni nella squadra maschile di Montepulciano, la Poliziana, quando ero piccola non c’era la squadra femminile quindi ho giocato con i bambini fino a quando è stato possibile, ovvero fino ai 13 anni.

Sono stata molto fortunata perché i ragazzi mi hanno sempre considerato una di loro, con la maggior parte eravamo amici, mi hanno sempre considerato parte della squadra; mi ero integrata benissimo. E’ stata un’esperienza importante sia dal lato sportivo, perché le basi le ho acquisite lì, che dal lato umano.

Arrivata ai 13 anni dovevo per forza “trasferirmi” in una squadra femminile, mi avevano cercata diverse società come l’Arezzo, il Perugia e il Siena; militavano tutte nella stessa categoria quindi non avevo dati che mi permettessero di avere una preferenza.  Tra tutte forse la più vicina era Arezzo o Perugia, ma poi ho scelto Siena perché mi avevano dato la possibilità di fare un torneo in estate, entri quindi già in contatto con la realtà bianconera e decisi di provare a Siena e tutt’ora sono qui.

Nell’attuale rosa senese sei l’unica che il 12 giugno 2012 vestiva la maglia bianconera, che ricordi hai di quella stagione?

 Quella fu la mia terza stagione a Siena, il primo anno in bianconero ero in Primavera; mentre la seconda e la terza stagione mi aggregarono in Prima Squadra. 

Il secondo anno fu, per me, un anno di transizione ma paradossalmente fu quello più tranquillo. Non c’erano chissà quali problematiche, che invece sono sorte l’anno dopo. Un’annata media, da metà classifica.

La terza stagione in bianconero invece è stata particolare sin dall’inizio, un anno intenso, un campionato equilibrato vinto dal Perugia, ma ce lo siamo giocato con loro negli scontri diretti. Noi conquistammo i playoff, ma non ci aspettavamo di vincerli e di conquistare la Serie A; ci aspettavano due scontri importanti con squadre decisamente favorite. 

Durante tutto l’anno abbiamo dovuto affrontare diversi problemi, in primis il fatto di non avere un campo nostro. La particolare di quella che, con le compagne del tempo, chiamiamo “La Favola del Brutto Anatroccolo” era proprio questa; eravamo una squadra che andava avanti solo con le sue forze, la società si stava sgretolando, nessuna prendeva più nemmeno un rimborso, non avevamo il campo quindi tutte le domeniche che “giocavamo in casa” si cambiava campo; e questo perché a Siena non avevamo un campo nostro, una casa nostra quindi praticamente giocavamo sempre fuori casa. 

A ridosso del termine della stagione il nostro allenatore Oliviero Montanelli ci lascia, le dimissioni sicuramente furono un effetto diretto del caos societario. 

Noi andammo avanti grazie alla figura di Giacomo Migliorini che prese anche lui la squadra sulle spalle arrivammo a giocarci i playoff. Gli allenamenti venivano gestiti dalle giocatrici più grandi, con più esperienza, mentre per le partite avevamo Giacomo come riferimento in panchina, specialmente nelle due partite fondamentali quella di Deruta contro la Res Roma e la finale di Sarzana con il Fiammamonza.

Sei un attaccante e in quella stagione come “compagna di reparto” avevi una ragazza da 40 gol. Quanto ti è servito per la crescita allenarti e giocare con Jessica Migliorini?

Sicuramente io, ma anche tante delle mie compagne più giovani, ci siamo trovate forse prematuramente a giocare in Prima squadra. Probabilmente avremmo avuto bisogno di qualche anno in più in Primavera. 

Chiaramente la domenica non partivamo mai titolari, ma sicuramente sono stati gli anni in cui ho imparato di più; allenarsi con compagne di indiscusso livello è stato molto importante. 

Per allenarmi con loro o essere in panchina la domenica era tanta roba; i brividi che sentivo in quei momenti pur sapendo che sarebbe stato difficile giocare non li ho più sentiti.

Jessica Migliorini per me è stata una persona che mi ha sostenuto sempre, in campo ma anche fuori. E’ stata una figura di riferimento, come una sorella maggiore, calcisticamente ancora di più. Jessica come tutte le altre compagne perché non posso lamentarmi di nessuna all’interno della squadra, la cosa bella di quel gruppo, in cui c’erano anche ragazze che poi sono riuscite ad andare in Serie A e qualcuna ancora oggi gioca ad alti livelli, non mi hanno mai fatto sentire inadeguata o scarsa, mi hanno insegnato tanto.

Quindi in mezzo a tutte le difficoltà il gruppo ha fatto la differenza per agguantare quel sogno, che purtroppo poi vi è stato portato via.

Sì esatto, per questo ci piace chiamarla la Favola. 

Eravamo noi contro tutto il resto, si pensi che per la Finale contro il Fiammamonza loro arrivano con due pullman di tifosi mentre noi avevamo il pullman delle giocatrici e un pulmino con i genitori che ci seguivano sempre. 

IL GRUPPO HA VINTO

C’era il Gruppo nell’undicesimo rigore della Mazzola a Deruta, mi vengono i brividi a pensarci, che prese più terra che pallone ma piano piano andò dentro. Il Fiammamonza che abbiamo battuto in finale era senza dubbio di “un’altra categoria”, ma le abbiamo affrontate da squadra e ce la siamo battuta. Avevamo meno in termini di organizzazione, di struttura ed economici, ma qualitativamente in mezzo al campo c’erano giocatrici importanti.

Vinci, nonostante duemila ostacoli, speri che sia anche un messaggio importante per la città, ma la società era sfaldata nessun altro ha voluto investire su di noi ed è finito tutto. 

E’ stato un bel sogno, però non è mai stato vissuto.

Dopo questo sogno svanito hai cambiato strada, dove è proseguita la tua esperienza calcistica?

Sì, ho lasciato Siena soltanto due volte. 

La prima nel settembre del 2012 perché avevo bisogno di staccare, consapevole anche del fatto che sarebbe stato un anno zero; la seconda invece nel settembre del 2015 perché non venne fatta la squadra. 

Nel 2012 sono andata alla Stella Azzurra ad Arezzo, abbiamo vinto il campionato e siamo state promosse in quella che al tempo era la Serie B, ma nonostante la vittoria fu un’annata che non sentivo mia, tutte le volte mi mettevo una maglia che “non era la mia”. 

La stagione successiva infatti torni a “casa”

Si l’anno dopo c’era la possibilità di rimanere ad Arezzo e di giocare la Serie B, ma a Siena stavano riallestendo la squadra, e insieme a tante ex compagne come Fambrini, Picciafuochi, Pecchia, Migliorini ci siamo ritrovate lì. 

Fu un bel campionato, combattuto fino all’ultimo con l’Aglianese che però alla fine vinse il campionato, ce la giocammo però fino all’ultima giornata. 

Dopo la grossa delusione del 2012 il “cuoricino calcistico” aveva ricominciato a battere forte. 

Paragono sempre Siena ad una storia d’amore, il Siena del 2012 per me è come il primo amore, la prima volta che ti rendi conto davvero di cosa è il calcio e quanto sono forti le emozioni che può dare. Come l’amore quando finisce stai male, tanto, tutti quelli che verranno dopo non ti faranno più provare quello che hai provato prima, ci sono amori di passaggio, ma speri sempre che quell’amore grande ritorni. Questo è il motivo per cui siamo qui oggi, io e le mie compagne abbiamo dato tanto per la maglia bianconera. 

Chiunque parlerà di Siena e di quell’annata con i brividi.

Nel 2015 conquistate un’altra importante promozione, ma purtroppo c’è stato lo stesso amaro destino

Si nel 2015 abbiamo conquistato la promozione in Serie B, ma la fine fu la stessa. 

In quella stagione ci ritrovammo in tante a Siena, fu ricostruito un bel gruppo. Fu fondamentale la figura di Luca Bonelli e del Capitano Valentina Fambrini, come tutte le ragazze più grandi, che tennero insieme una situazione paradossale in cui la società era pressoché inesistente.

Siena per Ilaria ormai è casa, veste ancora oggi la maglia bianconera con la speranza che questa stagione permetta di mettere delle basi solide per un solido futuro del calcio femminile senese. – La città se lo merita, ma soprattutto se lo meritano le ragazze, vorrei che le “nuove Ilarie” abbiano la possibilità di scegliere se giocare con i maschietti o avere un settore a loro dedicato e soprattutto che non vedano i loro sogni strappati come è successo a noi – conclude la punta bianconera. 

Lucrezia De Risi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui