Ad Andrea Mari, l’ultimo saluto del compagno di una vita
Chissà che hai pensato, in quell’ultimo istante.
Io, che so’ abituato a sentitti, a vive’ con te il furore d’un attimo.
Chissà che hai pensato, in quell’ultimo soffio.
Io so che ‘un sarà più lo stesso. Che mancheranno mani bone come le tue, che l’anello sarà un po’ più buio, più mogio, sembrerà un giorno di festa, ma un po’ino meno. Un po’ino meno.
T’ho abbracciato tante volte. Mi so’ messo sulle tu’ spalle, t’ho strinto i bracci, mi so’ calato sulla tu’ pelle il più leggero possibile, come a voletti fa’ una carezza. E te, tutte le volte, m’hai portato come il vestito più bono. E non importava quale fosse il mi’ colore, da che strada venissi, quali fossero i canti che m’accompagnavano. Te m’hai sempre fatto onore.
E guarda ‘unn’è da tutti eh! Che a volte a qualcuno gli sfugge il senso, il signifi’ato, a volte qualcuno ‘un lo sa mi’a il valore che c’ha quella seta che gli copre la groppa.
Ma a te ‘un c’era da insegnattelo, te lo sapevi di già. Venivi anche te da questo mondo strano, da queste pietre sfatte, sconnesse, da questi vicoli dove soffia una zizzola calda e pungente.
Chissà se c’hai pensato, in quell’ultimo secondo.
E chissà che hai pensato, tutte le volte che la conchiglia t’ha accolto. Chissà che c’era nel tu’ capo, tutte le volte che t’affacciavi da San Martino, con quelle linee che solo te sapevi disegna’ sul tufo.
A volte, caro Andrea, io me ne so’ accorto sai. Ci so state volte che andavi più della bestia che avevi sotto. Ci so state volte in cui, attaccato a te da sudore e patimento, t’ho sentito stringe’ i denti tanto da fa’ male, t’ho sentito gonfio di coraggio e rabbia, t’ho sentito fondetti co’ crini del barbero e poi… e poi.
T’ho sentito arriva’ in fondo, cenciato, elettrico ma stanco. E ti sei asciugato le lacrime su di me, quando sapevi d’ave’ perso male.
E poi.
E poi t’ho sentito vibra’ di libidine.
T’ho sentito pieno d’una gioia sconfinata, professione e senesità che facevano all’amore nel tu’ cuore. T’ho visto fini’ la corsa nello scoppio d’un bercio di vittoria, infinitamente grato al cielo, al cavallo, al capitano, a me, a te.
A noi.
Perché qualunque fosse il mi’ ‘olore, non siamo mai stati divisi. Mai io, mai te. Sempre noi, ad ogni battaglia.
Chissà che hai pensato, in quell’ultimo istante.
Io, forse lo so.
E ora si va’ insieme, caro Brio. Verso un cielo a forma di conchiglia.
Noi.
A nerbo alzato.
Io insieme a te,
con diciassette stemmi sulle tu’ spalle.
Con infinito amore,
Il Giubbetto