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I due progetti di ricerca, che studiano approcci innovativi per aiutare la lotta contro il cancro, si svolgono a Siena, tra le mura di Fondazione TLS

Il dottor Alberto Grandi e la dottoressa Anna Kabanova sono a capo di due differenti gruppi di ricerca che studiano meccanismi e aspetti ancora poco noti in ambito oncologico, quali l’insorgenza, il decorso di una neoplasia ma anche e soprattutto come il nostro sistema immunitario interagisce con essa. Progetti diversi ma che fanno entrambi parte del grande filone di ricerca nell’ambito dell’immuno-oncologia condotto all’interno di Fondazione TLS. Parlando con loro, abbiamo affrontato tematiche delicate e complesse, che ci hanno permesso di gettare luce sul difficile lavoro dei ricercatori. E su quanto questo sia importante per sperare in un futuro dove la malattia possa essere tenuta sempre più sotto controllo. 

Progetto Vaccibiome e immunoterapia applicata ai “tumori solidi”: parola al dottor Alberto Grandi

Il dottor Alberto Grandi lavora all’interno di TLS da oltre 10 anni. Gli ultimi, li ha passati a seguire due progetti Advanced ERC, finanziati ed assegnati dalla comunità europea alle eccellenze in campo scientifico. Il progetto Vaccibiome, attualmente in fase di svolgimento, in particolare ha come scopo quello di studiare e cercare di capire il meccanismo attraverso il quale il microbioma intestinale del paziente influisce sull’efficacia degli approcci immunoterapici contro il cancro

“E’ ormai appurato ed oggetto di innumerevoli studi clinici, il fatto chela presenza di determinate specie batteriche all’interno dei microbiomi intestinali dei pazienti, influisca fortemente sull’efficacia o meno delle cure immunoterapiche somministrate. – spiega il dottor Grandi -. Durante i nostri studi condotti su modelli animali, abbiamo potuto constatare come la perturbazione del microbioma intestinale tramite l’assunzione di probiotici ingegnerizzati protegga gli animali dall’insorgenza di neoplasie. E, nel contempo, renda altamente efficaci vaccini tumorali associati. Quello che, però, ancora non sappiamo è perché questo accade. Quale meccanismo c’è alla base di questa relazione? Ed è quello che vogliamo scoprire per riuscire poi a modulare le cure stesse”. 

Il microbioma intestinale è, infatti, l’insieme di microorganismi simbiontici che convivono con il nostro organismo senza danneggiarlo ma, anzi, gioca un ruolo fondamentale  da vero “aiutante” per proteggerci da numerose patologie, tumori compresi.

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Dott. Alberto Grandi

Progetto Vaccibiome: la ricerca contro il cancro è partita da… piccole vescicole

Come sopra anticipato, prima ancora di dedicarsi a questa ricerca, che ha la durata di cinque anni e che fa capo al Prof. Guido Grandi dell’Università di Trento, il dottor Alberto Grandi era direttamente coinvolto in un precedente progetto Advanced ERC, OMVac; altro studio legato sempre all’ambito dei vaccini e dell’immunoterapia oncologica. In quel caso, l’obiettivo del progetto OMVac era quello di sviluppare e validare una piattaforma altamente innovativa nel campo dei vaccini contro malattie infettive e tumori. “Il vantaggio della piattaforma, interamente di proprietà della start-up BiOMViS di cui sono co-fondatore, che abbiamo sviluppato è la rapidità con cui possono essere realizzati nuovi potenziali vaccini, l’estrema semplicità del processo produttivo che si traduce con costi bassissimi e numerose dosi disponibili in tempi brevi. In particolare, in ambito oncologico, è possibile sviluppare facilmente vaccini antitumorali paziente specifici – spiega il dottor Grandi -.  Alla base della piattaforma c’è l’utilizzo delle piccole vescicole rilasciate naturalmente dai batteri Gram negativi. Vescicole che presentano caratteristiche intrinseche che ne fanno degli incredibili adiuvanti, tra i più potenti esistenti in natura.”

Che cosa significa tutto questo? “Spiegato in maniera molto semplificata, partiamo dicendo che l’approccio immunoterapico è uno dei più utilizzati nella cura del paziente oncologico, subito dopo la chirurgia. Il ‘problema’ più grande è che il tumore genera un ambiente immunosoppresso in cui è difficile per il nostro sistema immunitario riconoscere le cellule maligne. E generare una risposta immunitaria adeguata. Scopo del vaccino è prima di tutto quello di incrementare fortemente tale risposta, attraverso principalmente l’utilizzo di un forte adiuvante. Inoltre, un ulteriore problema è rappresentato dall’estrema variabilità dei diversi tipi di tumore. Il che rende praticamente impossibile l’identificazione di un unico antigene valido per tutti i pazienti.

Ecco perché abbiamo sempre più bisogno di tecnologie innovative come la nostra che consenta in tempi brevi di modulare il vaccino sul singolo paziente. La ricerca in questo caso sta facendo grandi passi e alcuni li stiamo compiendo proprio qui, a Siena. Ma è necessario non fermarsi, per poter raggiungere l’obiettivo finale”.

TUMI: un team tutto al femminile 

La dottoressa Anna Kabanova è alla guida di un team di ricercatrici dall’età media molto bassa, intorno ai 30 anni: è la TUMI (Tumour Immunology Unit)

“Sono arrivata a Siena dalla Russia per proseguire i miei studi e oggi posso contare su un bellissimo gruppo che mette passione e professionalità in quello che fa – spiega la dottoressa Kabanova -.  Siamo in 5, tutte donne, alcune ricercatrici post dottorato e altre, invece, dottorande o studentesse che lavorano sul loro progetto di studio. Il nostro gruppo è stato avviato grazie ad un grant di AIRC, che aiuta giovani ricercatori nella creazione di laboratori indipendenti focalizzati sulla ricerca oncologica all’avanguardia. Essere dentro TLS ci aiuta molto perché possiamo contare sulla forza della cooperazione. Avere intorno a noi altri gruppi di ricerca che lavorano su argomenti affini ci permette spesso di confrontarci. E di arricchirci”.

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Dott.ssa Anna Kabanova

La ricerca contro i “tumori liquidi” e ciò che non sappiamo

La TUMI – acronimo di TUMOUR IMMUNOLOGY UNIT-ha come obiettivo quello di rispondere a un quesito che ancora non ha una risposta certa: che cosa fa sì che alcuni tumori siano più lenti di altri? 

“Ci occupiamo di tumori del sangue, in particolar modo di uno abbastanza diffuso: la leucemia linfatica cronica a cellule B (LLC). Ciò che è stato più volte osservato di questa malattia è che parte lenta e poi accelera. Di questi meccanismi, però, sappiamo ancora poco e in maniera frammentata. Per questo lo scopo del nostro progetto è fare chiarezza, capire il perché di questo ritmo eterogeneo. E, una volta compreso, mettere in atto soluzioni per agire di conseguenza nel trattamento del tumore”.

“È un obiettivo ambizioso – conclude – ma che può addirittura puntare più in alto: l’avvio di nuove terapie potrebbe riguardare anche altre malattie linfoproliferative delle cellule B, a causa della fonte cellulare comune del tumore”. 

Anche questa è la cosa affascinante della ricerca: ogni punto d’arrivo non è che un nuovo inizio.

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