tls analisi dati

Immaginate una valanga di dati e pensate a un modo per non rimanerne travolti. La soluzione c’è: da anni infatti si stanno formando, grazie a percorsi universitari ad hoc, i data scientist figure professionali con competenze plurime applicabili ai settori più disparati e che, nel caso specifico delle Life Sciences, uniscono il sapere informatico/matematico con competenze specifiche in campo scientifico.  E ormai da anni la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) si è dotata di competenze bioinformatiche al servizio della ricerca svolta in laboratorio, con l’intento di dare vita a team sempre più multidisciplinari e di permettere un’analisi del dato scientifico sempre più completa e accurata ma anche veloce. L’evoluzione tecnologica dell’ultimo decennio, inoltre, ha permesso questo balzo verso un nuovo modo di processare e interpretare il dato scientifico.

Andiamo a conoscere due protagonisti di questo cambiamento.

Vittoria Cicaloni, ha svolto il corso di dottorato in co-tutela presso il Dipartimento di Eccellenza di Biotecnologie, Chimica e Farmacia (Università di Siena), Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) e il Bio21 Institute della Melbourne University. Dal 2020 lavora come bioinformatica presso TLS, nella Mass Spectrometry Unit (MSU), un gruppo di ricerca consolidato all’interno della Fondazione costituito da un team multidisciplinare che, combinando la spettrometria di massa con l’elaborazione bioinformatica dei dati, si occupa dell’analisi trasversale di una grande varietà di campioni biologici per investigarne il profilo proteico e metabolico.

Ci racconti della Mass Spectrometry Unit (MSU) e del lavoro che svolgete quotidianamente? 

“Siamo un team tutto al femminile, con un background diverso, ognuno di noi possiede competenze altamente specifiche. Insieme diventiamo una catena di conoscenze che, grazie a una continua contaminazione di saperi, ci permette di eseguire analisi altamente specializzate. Il nostro gruppo si occupa di analizzare una grande varietà di campioni biologici per cercare di estrapolare il loro contenuto proteico, e individuare, ad esempio, dei biomarcatori specifici di una patologia o processi biologici particolarmente rilevanti in seguito a un trattamento, oppure investigare meccanismi molecolari finora sconosciuti. La nostra attività di ricerca si basa sulla spettrometria di massa. Grazie a due strumenti tecnologicamente molto avanzati, possiamo lavorare utilizzando anche piccolissime quantità di campione dalle quali però generiamo una grande quantità di dati. La vera sfida oggi non è solo la generazione dei dati in sé, quanto trovare il modo di trasformare il dato in una conoscenza spendibile dal punto di vista biologico, ed è qui che entra in gioco la bioinformatica che si colloca come una disciplina “ponte” che trasforma i risultati analitici ottenuti in informazione scientifica”. 

A cosa è applicabile questo tipo di approccio e a cosa può essere utile? 

“Io personalmente mi occupo di malattie rare già dal periodo di dottorato. Viene definita rara una malattia che colpisce meno di 5 persone su 10.000. Sono numeri relativamente bassi se presi singolarmente, ma che diventano consistenti se sommati ai numeri di pazienti affetti dalle migliaia di malattie rare esistenti. In aggiunta, molti di questi sono bambini. Una delle principali sfide nel lavorare con le patologie rare sta nel numero ristretto e nella dispersione dei pazienti che vi sono affetti. La bioinformatica aiuta ad abbattere queste distanze attraverso la raccolta, l’armonizzazione e l’analisi dei dati. Nello specifico nella MSU ci occupiamo di effettuare analisi proteomiche che permettono di conoscere i meccanismi che sottendono queste complesse patologie e, attraverso l’identificazione del più alto numero possibile di proteine, di ricostruire il patrimonio proteico dei pazienti, identificando quelle caratterizzanti che potrebbero essere potenziali bersagli diagnostici o terapeutici”. 

Vittoria Cicaloni

È proprio da esperienze del genere che TLS ha deciso di costituire un Team interamente dedicato alla Data Science. Il Data Science for Health (DaScH) Lab di Toscana Life Sciences (TLS), è un gruppo di recente costituzione che sviluppa e implementa approcci innovativi basati sull’analisi di dati per facilitare la comprensione dei principali meccanismi biologici. Parliamo con Giuseppe Maccari che ricopre il ruolo di senior bioinformatician nel gruppo DaScH Lab. 

Come nasce l’idea di un gruppo che si occupa di analisi di dati in TLS? 

“TLS è una fondazione no profit di ricerca scientifica nata come bioincubatore, che negli anni ha sviluppato diverse linee di ricerca, tra cui una dedicata agli anticorpi monoclonali, molecole biologiche utilizzate per la diagnostica e per il trattamento di malattie infettive, sia contro virus che contro batteri. Al momento sono all’attivo quattro importanti progetti che si basano sulla reverse vaccinology 2.0, un approccio ideato dal Dott. Rino Rappuoli, che inverte il paradigma con cui vengono sviluppati i vaccini. Invece di partire dal patogeno, si parte dall’analisi del sangue di pazienti che hanno contratto l’infezione o per la quale sono stati vaccinati. Le cellule che producono anticorpi vengono estratte dal sangue intero, e gli anticorpi vengono caratterizzati funzionalmente per identificare delle molecole che presentano una forte capacità di neutralizzare l’infezione sul nascere, chiamate perciò neutralizzanti. Durante queste fasi vengono prodotte quantità considerevoli di dati che devono essere analizzati ed interpretati: è proprio di questo che ci occupiamo noi del DaScH Lab. Il nostro gruppo di ricerca si occupa dell’analisi dei dati, dello sviluppo di nuove tecnologie per sfruttare al meglio queste informazioni, e di migliorare il modo in cui questi vengono generati. Il nostro lavoro si svolge di pari passo con la parte sperimentale, condotta quotidianamente dai ricercatori in laboratorio, con i quali collaboriamo per raggiungere un obiettivo comune che è quello di sviluppare dei prodotti biologici per trattamento e diagnosi”.

Giuseppe Maccari

Qual è il vostro lavoro quotidiano, e quali sono i vostri obiettivi? 

“Siamo organizzati in vari gruppi di ricerca, per questo la settimana inizia con un meeting generale in cui vengono condivisi gli obiettivi raggiunti e i problemi da risolvere. È un momento di confronto fondamentale per lavorare tutti nella stessa direzione. Noi del DaScH Lab siamo coinvolti in molti progetti, e ognuno di noi ha il proprio ruolo. Io sono un biologo molecolare ma insieme a me ci sono un matematico, due ingegneri e un fisico. La nostra interdisciplinarità ci aiuta a coprire diversi ambiti di competenza fornendo un contributo a 360 gradi. Dopo il primo momento di confronto, si procede individualmente per tasks, sempre in condivisione con il resto del gruppo. Le priorità variano anche in base ai progetti stessi. Quello su cui stiamo lavorando è l’integrazione di dati biologici ottenuti dal nostro gruppo sperimentale con dati presenti in letteratura grazie all’utilizzo di tecnologie di intelligenza artificiale, allo scopo di isolare anticorpi ancora più potenti ed efficaci. Il nostro obiettivo è quello di rendere più veloce ed efficace lo sviluppo di molecole terapeutiche dirette verso patogeni emergenti”.

Perché il vostro lavoro sull’analisi dei dati ha avuto un’esplosione in questi ultimi anni?

“La realtà è che con il continuo sviluppo delle tecnologie si producono enormi moli di dati in pochissimo tempo, talmente tanti che si rischia di perdercisi. Il DaScH Lab è come se fosse una scatola nella quale entrano i flussi di dati, per uscirne in maniera ordinata e più facilmente interpretabili. Anche per questo il momento di confronto di inizio settimana diventa fondamentale per il raggiungimento di obiettivi comuni, per lavorare di pari passo con la parte sperimentale. Infine, proprio a supporto dell’attività di Data Science, tra le mura della Fondazione Toscana Life Sciences da qualche mese è attivo il Virtual Lab, un laboratorio di realtà virtuale per “real-time molecular dynamic & structural modelling” che permette al team di esplorare le dinamiche di interazione delle molecole, una piattaforma Google Cloud e una collaborazione strategica con il centro di high-performance computing (HPC) dell’Università di Pisa”.

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