Quando Inferno, Purgatorio e Paradiso parlano in vernacolo senese: la poesia di un viaggio ultraterreno ne “La Commedia” di Francesco Vannoni

Sono 3.444 i versi che compongono la dichiarazione d’amore che Francesco Vannoni dedica alla sua città. “La Commedia senese, tutto o quasi il nostro aldilà” è un viaggio nella poesia e nella storia, nell’immaginazione e nei sentimenti. Un’opera che, in trenta canti, spalanca sotto al cielo di Siena un Inferno, un Purgatorio e un Paradiso che parlano la lingua del vernacolo senese utilizzando il metro delle terzine incatenate endecasillabe.

Edita da Betti Editrice e uscita nelle librerie lo scorso dicembre, “La Commedia senese” che trascina i propri lettori in mondi lontanissimi e formidabili “nasce nel periodo buio del primo lockdown” ha raccontato a Gazzetta di Siena Francesco Vannoni.

È stato un momento difficile – ha detto l’autore – e credo che, a ‘salvarmi’, sia stata la poesia. Nei momenti liberi, ascoltavo spesso la lettura dell’Inferno dantesco dalla voce di Vittorio Gassman e ad un certo punto mi è venuta la voglia di cercare un modo per raccontare il mio Inferno, accarezzando l’idea di un viaggio nell’aldilà che fosse tutto senese e che andasse verso la speranza del Paradiso. Questo doveva essere il traguardo”. Francesco Vannoni si mette allora alla ricerca di illustri guide che possano accompagnarlo nel suo viaggio: trova Cecco Angiolieri per la dimensione dell’Inferno, Provenzano Salvani per il Purgatorio e Santa Caterina per il luminoso arrivo in Paradiso. “Ecco che potevo partire – ha detto l’autore con ironia – Percorrere questo viaggio è stata un’esperienza unica. E forse non solo per me ma anche per i tanti lettori che hanno accolto questo lavoro con interesse ed entusiasmo”.

Con l’intenzione di evidenziare il valore del ricordo all’interno di un contesto dove tutto si pone più forte del tempo, Vannoni ha scelto di narrare con la musicalità della poesia in vernacolo: “Scrivere la lingua che parliamo abitualmente – ha spiegato lo scrittore – ha in sé un qualcosa di magico. Per me è come riempire il pentagramma con le note di uno spartito, dove la rima è, ogni volta, quel senso di armonia che completa l’opera. Credo – ha sottolineato l’autore – che la poesia possa definirsi come parola del cuore: a volte spiegare un concetto in prosa richiede fiumi di inchiostro e concetti impegnativi. Il verso, invece, è lo ‘scatto’ più autentico. Così, un componimento poetico in generale o, per quanto concerne la mia esperienza personale, il sonetto o le terzine incatenate di quest’ultimo lavoro, sono come fotogrammi istantanei della realtà”.

Le immagini e le voci ne “La Commedia senese” si uniscono e si ricorrono ma, tra i tre mondi ultraterreni, ce n’è uno in cui si affacciano molte più figure. Meta finale, si giunge in Paradiso ed è questo il luogo più abitato: “Non ho mai avuto dubbi su questa scelta – ha raccontato Vannoni -. I grandi senesi che ho avuto l’occasione di ‘incontrare’ in questo itinerario immaginario meritavano tutti, per il profilo culturale e morale, di salire in Paradiso. La loro impronta è indelebile nella storia della nostra città e – ha puntualizzato l’autore – non mi riferisco solo all’ambito paliesco”.

Il volume è impreziosito dalla prefazione di Massimo Biliorsi, dalla postfazione di Senio Sensi e dall’arte di Elena Carrea, illustratrice dei disegni realizzati con la tecnica del chiaro-scuro presenti nella copertina e all’inizio di ognuna delle tre cantiche dell’opera. E poi c’è l’autore che, durante la scrittura de “La Commedia senese” ha ricoperto, allo stesso tempo, il ruolo di autore e quello di attento cittadino di Siena. Vannoni, di questa doppia veste ha raccontato: “L’autore e il senese sono andati a braccetto in ogni tappa di questo viaggio ma hanno avuto non pochi contrasti: il Vannoni cittadino di Siena avrebbe voluto proseguire il cammino e magari continuare a cercare ‘oltre’ molti altri illustri concittadini, proprio perché, a fronte degli interlocutori che hanno trovato spazio ne ‘La Commedia senese’, altrettanti avrebbero avuto identico diritto di esserci, per le tante storie da raccontare, per qualche aneddoto che sarebbe stato curioso richiamare alla mente. Ma il Vannoni autore – ha concluso lo scrittore – ha condotto a più miti consigli: un po’ perché il libro non poteva diventare un tomo ma, soprattutto, per la forza emotiva della chiusa. Come dire che l’ultima terzina, doveva essere…l’ultima, perché così era stata pensata”.

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