E’ la classifica redatta dall’Unione Nazionale Consumatori sui maggiori rincari annui per quanto riguarda i prodotti alimentari: Siena dietro a Parma

Sono Caltanissetta (+5,7%) e Perugia (+4,6%) le città dove i prezzi degli alimentari sono aumentati maggiormente, mentre Parma si distingue come città più ‘risparmiosa’ con un calo dello 0,3%. Siena è seconda, con un aumento minimo (0,7 per cento). E’ la classifica redatta dall’Unione Nazionale Consumatori sui maggiori rincari annui per quanto riguarda i prodotti alimentari, sulla base degli ultimi dati Istat di giugno.

A livello regionale sono Umbria (+4%) e Lazio (+3,3%) a far registrare aumenti record dei prezzi degli alimenti. “Mentre l’Italia e la gran parte delle città sono in deflazione, gli unici beni che non hanno subito contrazioni nelle vendite, nemmeno durante l’emergenza Covid, ossia quelli alimentari, hanno subito pesanti rincari” sottolinea l’Unc. Così, a fronte di un’inflazione media annua negativa, pari in Italia a -0,2%, l’Unc segnala che i beni alimentari sono cresciuti del 2,4%, che tradotto in termini di aumento del costo della vita significano, per il solo cibo, un rincaro medio a famiglia pari a 134 euro su base annua, che salgono a 159 euro per un nucleo familiare di 3 componenti, 181 per 4 componenti. Anche nel territorio, solo 5 regioni (Campania +0,5%, Umbria +0,5%, Trentino +0,5%, Calabria +0,1%, Piemonte +0,1%) e solo 6 città tra quelle capoluogo o con più di 150 mila abitanti (Bolzano, Napoli e Perugia +0,7%, Trento +0,4%, Ancona e Torino +0,1%) registrano un’inflazione positiva, per quanto molto bassa.

Ma per il cibo i rincari sono decisamente più alti, con molte disparità a seconda della città. Ecco perché l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città e delle regioni più care d’Italia, ossia dove i prodotti alimentari e bevande analcoliche hanno registrato i più alti aumenti dei prezzi, elaborando i dati tendenziali Istat relativi al mese di giugno. Ebbene, la città con i maggiori rincari alimentari è ancora una volta Caltanissetta, +5,7% su base annua, città già in testa alla classifica di aprile e di maggio.

Va detto che, forse grazie anche alla nostra denuncia e all’attenzione delle istituzioni riservata a questi aumenti, i rialzi sono in attenuazione rispetto a maggio, quando erano pari a +6,4%. In ogni caso, tradotto in maggior del costo della vita, significa che una famiglia media a Caltanissetta, su base annua, ha registrato una spesa aggiuntiva, per i soli beni alimentari, pari a 307 euro, una vera e propria stangata. Al secondo posto, Perugia, +4,6%, equivalenti ad un aggravio nei dodici mesi, per il solo cibo, pari a 242 euro, al terzo Trieste, +4,4%, pari a 232 euro. La città più risparmiosa Parma, la più virtuosa, l’unica a registrare per i beni alimentari una riduzione dei prezzi, -0,3%, equivalenti ad un risparmio di 17 euro su base annua. Non è molto, ma è meglio di chi ha subito rincari. Seguono Siena, +0,7% e Macerata, +0,9%.

Per quanto riguarda le regioni, il cibo più caro, in termini di rialzi dei prezzi, si trova in Umbria, +4%, pari, in termini di aumento del costo della vita, per una famiglia tipo, a 210 euro. Seguono Lazio, +3,3% (189 euro) e al terzo posto, a pari merito, Valle d’Aosta e Trentino, con +3,1%. La regione migliore, il Veneto, +1,6%, seguita da Lombardia e Puglia.

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