Presentati i risultati della campagna di scavi a San Casciano Bagni. “Riportare alla luce le terme è stato il più grande sogno delle amministrazioni comunali degli ultimi 15 anni”

Sono stati mostrati in conferenza stampa, nella mattinata di mercoledì 31 marzo, i risultati della campagna di scavi archeologici eseguiti, tra l’estate e l’autunno del 2020, a San Casciano dei Bagni, nell’area del cosiddetto “Bagno Grande”. Nello scorso agosto, infatti, erano riemerse dal fango caldo le tracce dell’ingresso monumentale di un santuario romano, alla cui soglia vi era un altare in travertino dedicato ad Apollo. Qualche mese dopo, in un orto abbandonato vicino alle vasche di acqua calda pubbliche, sono riapparse le vestigia dello stesso santuario, il cui carattere sacro era suggellato da altari dedicati anche a Fortuna Primigenia e a Iside, oltre ad una statua in marmo raffigurante Igea. Una scoperta sensazionale non solo per la cittadina termale, ma per tutta la provincia di Siena e, perché no, anche per tutta l’Italia.

“Avremmo voluto farla in presenza a San Casciano dei Bagni, ma non è stato possibile. Spero che le cose che vi racconteremo da oggi possano incuriosirvi e portarvi poi a San Casciano non appena si potrà“, ha detto in apertura il sindaco Agnese Carletti. “Riportare alla luce – ha spiegato – le terme è stato il più grande sogno delle amministrazioni comunali degli ultimi 15 anni. Nell’agosto 2020 l’emozionante rinvenimento dell’altare dedicato ad Apollo, proprio durante l’ultimo giorno della campagna di scavo, nonostante fosse in corso la più grande emergenza sanitaria dell’ultimo secolo, ha aperto le porte di una nuova era per San Casciano e tutta l’area circostante. I rinvenimenti successivi, tra settembre e ottobre, non hanno fatto altro che dimostrare che quello che stiamo compiendo è qualcosa di unico e straordinario“.

La parola, poi, è passata al soprintendente Andrea Muzzi: “L’archeologia, in questo momento, attira moltissimo il grande pubblico, anche per un legame con il fascino romantico dello scavo, che in questi casi ha dato dei risultati notevoli. Quando lo scorso agosto sono emersi i primi resti del santuario, l’emozione nel visitarlo è stata forte. Le terme, in particolare, ci danno modo di avvicinarci al mondo antico, al modo di vivere dei romani. Il modo in cui noi ci troviamo di fronte ai resti di questo santuario, che è dei tempi di Augusto, ha una grandissima poesia: quelli che abbiamo trovato sono frammenti, ma vivono in maniera forte. Bisogna ricordare che abbiamo lavorato in una situazione di difficoltà, per tutte le procedure imposte dal contagio: evidentemente, è stata una sfida che abbiamo vinto”.

La campagna di scavi è stata raccontata dal funzionario archeologo Jacopo Tabolli: “San Casciano – ha detto – è un territorio di confine, essendo incastonato tra Valdichiana, Val d’Orcia e Val di Paglia. Ha sempre avuto una posizione strategica: molti secoli fa era zona di demarcazione tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana, e ha sempre riconosciuto nel termalismo uno dei suoi fondamenti più importanti. L’area del “Bagno Grande” esiste praticamente da sempre: già nel 1688 l’uso termale era riconosciuto come valore terapeutico fondamentale. Negli anni ’90 del ‘900 si era deciso di proteggere con un decreto di vincolo il cuore del santuario, dove si vedevano solo alcuni frammenti che però dimostravano la presenza di grandi strutture al di sotto di esso. Anche nelle vecchie “Terme Medicee” o “Terme del Portico” (oggi Fonteverde) è esposta una collezione di undici elementi di età romana, tra cui anche due altari dedicati ad Apollo e Esculapio e Igea. Erano stati portati dai Medici lì, ma si era persa la collocazione antica del luogo“.

C’è spazio, infine, per le parole del direttore dello scavo Emanuele Mariotti: “Già nel 2019 era stata condotta un’ampia ricognizione, ovvero il primo passo per poter approcciare il territorio dal punto di vista archeologico. Abbiamo poi mappato tutto il sottosuolo della strada che conduce al Bagno Grande: si vedevano canalizzazioni, di cui in realtà ignoriamo la cronologia, e altre anomalie che non potevano essere assimilabili a strutture moderne. Con la prima campagna di scavo abbiamo cercato di approfondire le indagini intorno alle vasche, ci siamo concentrati su un’area già presente in diversi scritti dei secoli scorsi: le rovine erano sul lato nascosto rispetto alla siepe che divide le vasche moderne, un luogo simile a quello descritto dagli autori antichi. Le prime strutture individuate sono state i drenaggi, le canalizzazioni e quanto altro, poi sono venuti fuori gli altari, le colonne a base attica, i cippi funerari e tutto il resto delle rovine“.

Le iscrizioni dell’altare sacro di Apollo si riferiscono “alla salute della nostra Triaria“, una liberta probabilmente molto ricca, parente dell’imperatore Vitellio e appartenente alla potente famiglia degli Asìni, legata anche ai Pomponi. “L’emozione di leggere non soltanto il nome di Apollo, ma anche quello di Fortuna Primigenia, non racchiude soltanto l’occasione di capire chi era venerato nello scavo, ma anche di capire i rapporti tra schiavi, liberti, e gli attori del culto che frequentavano il santuario“, commenta ancora Tabulli. “Sono iscrizioni ricche, leggibili, da cui si può conoscere la storia della comunità antica che si reca a San Casciano: quelli sono anni complessi in cui la peste aveva dilaniato il territorio, e che ci fanno capire come per la guarigione di figure importanti, si invocassero gli dei. Nella nostra guerra perenne con l’acqua l’ultima divinità, l’unica con la descrizione verso il cuore della vasca ma senza nome del dedicante è Iside, che poggiata sul bordo del santuario ci racconta figuratamente di una divinità che diventa protagonista del culto nella seconda metà del secondo secolo; abbiamo trovato anche un orecchio in bronzo incastrato sotto l’altare, sembrava quasi che ci dicesse di ascoltarlo. Alla fine del IV secolo il santuario viene messo a dormire – racconta l’archeologo – forse anche a causa della cristianizzazione del territorio. L’ultimo giorno di scavo, nell’acqua calda, è emersa anche la rappresentazione di un piccolo simulacro della stessa Igea con il serpente che si avvolge sul braccio, probabilmente ospitata su uno degli altari, che chiude il cerchio di queste divinità che nel santuario erano venerate”.

“Questa scoperta conferma quello che sappiamo e che tutti devono sapere, cioè che è un territorio che ha possibilità naturalistiche, storiche, di scoperta” ha concluso il soprintendente Muzzi. “È libero, accessibile, da salvaguardare: già all’interno del santuario, si vede che c’è qualcosa di più antico rispetto all’epoca augustea. Speriamo che il racconto aggiunga altri capitoli, è da scoprire nella sua evoluzione anche nelle colline circostanti, è da affrontare storia dopo storia, passo dopo passo, affondando all’interno del fango nelle fasi più antiche”.

Nello scorso agosto lo scavo presso il Bagno Grande di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, aveva visto riemergere dal fango caldo le tracce dell’ingresso monumentale di un santuario romano e abbandonato sulla soglia era un altare in travertino. L’iscrizione “sacro ad Apollo” non lasciava dubbi sulla divinità tutelare del santuario.

Ma le sorprese non sono finite con la ripresa a Settembre ed Ottobre degli scavi: con le difficoltà estreme di uno scavo immersi nell’acqua calda e con le ristrettezze imposte dal protocollo di contrasto della pandemia del Covid 19 il team del Roman Baths Project ha visto riapparire nello scavo stratigrafico di un orto abbandonato a pochi metri dalle polle pubbliche ancora oggi in uso, le vestigia del un santuario romano intatto, il cui carattere sacro era suggellato da altari dedicati agli dei a Fortuna Primigenia, a Iside oltre che ad Apollo, e una statua in marmo raffigurante Igea, che i giovani archeologi (studenti di diverse università italiane e internazionali, da Siena, Pisa, Firenze, Roma La Sapienza, Sassari, Dublino e Cipro) hanno toccato prima ancora di veder emergere con chiarezza dal fango caldo.

In soli due mesi di scavo è infatti emersa con chiarezza parte della sequenza di vita del luogo di culto. L’impianto monumentale del santuario è riconducibile ad età augustea al di sopra di un luogo sacro in epoca etrusca almeno durante l’Ellenismo. In età augustea il santuario assume la forma di un edificio con copertura a compluvio su un bacino centrale circolare, poggiante su quattro colonne tuscaniche, e con propileo di ingresso a sud delimitato da due colonne a base attica. A seguito di un drammatico incendio avvenuto probabilmente alla metà del I secolo d.C., tra età flavia ed età traianea l’edificio fu ricostruito e ampliato.

Verso la fine del II secolo d.C. tre altariin travertino con dediche anche a Fortuna Primigenia e ad Iside sono deposti nel cuore del santuario, sul bordo della vasca della sorgente calda, che sgorga a 42°. Un universo di divinità che se associate ad Apollo, Esculapio e ad Igea, che già conoscevamo dal Bagno Grande forma un variopinto quadro del sacro di questo santuario. Un Bagno effettivamente Grande poiché in un solo luogo accoglieva assieme così tante e diverse divinità.

Lo scavo archeologico è in concessione al Comune di San Casciano dei Bagni da parte della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio ed è stato concepito fin da subito come una collaborazione di ricerca e tutela tra il Comune e la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo. La Direzione dello Scavo è affidata ad Emanuele Mariotti, archeologo professionista esperto di topografia e geofisica applicata all’archeologia e il Coordinamento del Comitato Scientifico è di Jacopo Tabolli, funzionario della Soprintendenza e docente a contratto dell’Università per Stranieri di Siena. Il Comitato Scientifico coinvolge anche Stefano Camporeale (Università di Siena), Paraskevi Christodoulou (University of Cyprus), Hazel Dodge (Trinity College Dublin) e Lisa Rosselli (Università di Pisa).

Le grandi scoperte a San Casciano dei Bagni sono ora presentate in un volume Il Santuario Ritrovato. Nuovi Scavi e Ricerche al Bagno Grande di San Casciano dei Bagni, pubblicato da “sillabe” (272 pp.), a cura di Emanuele Mariotti e di Jacopo Tabolli. Il volume, in italiano e con capitoli in inglese, raccoglie gli studi di più di trenta autori sui risultati dello scavo al Bagno Grande.

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