Esplorare il patrimonio storico e architettonico di tre ospedali oggi trasformati in museo. Elena Franco sceglie il Santa Maria per il suo progetto fotografico

Con gli scatti di Elena Franco il Santa Maria della Scala diventa protagonista di una indagine fotografica nuova e volta ad esplorare il patrimonio storico e architettonico di tre antichi ospedali oggi trasformati in musei. Il progetto si intitola “Ars Curandi” e ideato e realizzato dalla fotografa e architetto piemontese Elena Franco, crea una connessione singolare tra l’antico Spedale di Siena, gli Hospices di Beaune in Francia e l’ospedale Notre Dame à la Rose di Lessines in Belgio. “Ars Curandi” unisce luoghi e tempi lontani in un suggestivo mosaico visivo dove le immagini portano i segni del passato e raccontano il presente attraverso i linguaggi dell’arte e della socialità, della cura, della comunità e del valore del riuso. In vista della mostra che il prossimo 15 ottobre porterà “Ars Curandi” ad Alessandria, abbiamo parlato con l’autrice dell’intero progetto.

Quando e da cosa è nata l’idea di sviluppare il progetto di Ars Curandi?

Possiamo considerare “Ars Curandi” come il più recente capitolo di “Hospitalia”, il progetto fotografico che come documentazione degli degli edifici ospedalieri storici mi aveva già portata a Siena nel 2012. Con questa nuova e successiva ricerca fotografica ho esplorato il patrimonio storico e architettonico degli Hospices di Beaune in Francia, dell’ ospedale Notre Dame à la Rose di Lessines in Belgio e il Santa Maria della Scala a Siena in Italia, tre antichi ospedali ora trasformati in musei. Sono luoghi in cui l’arte ha sempre avuto un ruolo centrale nel processo di cura, che metteva al centro la persona nella sua interezza di corpo e spirito. Quando alla fine del XX secolo, l’evoluzione della scienza medica ha reso impossibile mantenere la funzione ospedaliera in questi edifici, è stata scelta per essi una funzione comunitaria e culturale. È così che i tre siti sono diventati musei e oggi – sotto forma di archivi della cura, vivi e accessibili a tutti – rendono disponibile un patrimonio straordinario di scienza e umanesimo. In questo senso il Santa Maria della Scala, vista l’importanza che ha avuto nella storia ospedaliera europea, è stato un elemento centrale per la mia indagine: il Pellegrinaio rappresenta, per me, la sintesi iconografica del rapporto fra arte e cura, al centro di quel movimento che dal medioevo ai giorni nostri ha contraddistinto il welfare europeo.

Oltre all’aspetto artistico, quanta valenza sociale ha il progetto?

Ho scelto di fotografare queste antiche strutture ospedaliere perché credo sia importante guardarle senza nostalgia e retorica e per rispondere al forte bisogno, contemporaneo, di approfondimento di quegli aspetti più legati alle discipline umanistiche in medicina, così come si sta definendo nel campo delle medical humanities. Dall’osservazione attenta di questi luoghi possiamo apprendere molto sul tema della cura e su come ripensare i luoghi e le modalità di cura delle città in divenire. Spero che rileggere questi luoghi attraverso l’immagine possa contribuire al dibattito sulla cura del futuro, fermamente convinta che, se la guarigione non può essere data per scontata, esista un diritto alla cura – fisica e spirituale – e un’arte della cura (ars curandi) che debbano guidarci nelle scelte di evoluzione della nostra società di fronte alle questioni etiche che la medicina ci porrà.

La caratteristica che più delle altre differenzia il Santa Maria della Scala dagli altri edifici?

La dimensione e la stratificazione di funzioni del Santa Maria della Scala è eccezionale. Il complesso architettonico è, a mio avviso, singolare ed unico rispetto all’insieme di questi tre edifici che presentano comunque analogie per la loro storia, per i legami con le rispettive comunità di riferimento e relativamente alle politiche di riuso e valorizzazione contemporanea. 

Negli scatti come si racconta, allo stesso tempo, il passato e il presente?

Ogni volta che fotografo un sito, lo faccio soltanto dopo un lavoro di approfondimento e ricerca che parte sempre dalle pubblicazioni di carattere scientifico relative al luogo. La comunicazione, poi, con chi gestisce, custodisce e valorizza il sito è per me fondamentale. Ogni scatto è preceduto da una mia richiesta di autorizzazione e da un confronto con le persone che si occupano dei luoghi. Nel caso del Santa Maria della Scala è stato preziosissimo il dialogo con gli uffici del Comune di Siena che si occupano del complesso, che ringrazio per la disponibilità e l’attenzione per il mio lavoro. Grazie a loro ho potuto comprendere meglio gli spazi, visitare anche le aree non aperte al pubblico. Passato e presente sono naturalmente presenti in questi luoghi, che hanno trovato una nuova vita nel rispetto di quelle precedenti: ritraendoli ne restituisco il racconto, fissando queste sovrapposizioni che dialogano costantemente.

“Ars Curandi”, come “Hospitalia”, è diventato anche un libro. Quali sono le prossime tappe del progetto? Ci aspettano altre mostre e altri ‘capitoli’? 

Il libro d’artista – o comunque il libro fotografico – consente di raggiungere un pubblico più vasto e diversificato rispetto alle mostre fotografiche. L’oggetto “libro” è una modalità di espressione a me molto congegnale. La dimensione progettuale, infatti, mi consente di arrivare a realizzare un prodotto che può raggiungere anche pubblici diversi pur partendo dagli stessi contenuti. Libri di carattere maggiormente scientifico possono affiancarsi a libri d’artista per portare su diversi livelli le informazioni contenute nel corpus di immagini che sono il prodotto delle mie ricerche fotografiche. Come è avvenuto per “Hospitalia”, che è nato come libro d’artista in poche copie realizzate a mano a Chippendale Studio e dedicate ai collezionisti, per poi assumere una forma diversa con una tiratura più importante. Spesso chiedo il supporto di ricercatori e specialisti, come nel caso del progetto “Ars Curandi”, per accompagnare le immagini con testi scientifici di approfondimento. 

Le prossime tappe di “Ars Curandi”, che è appena stato in mostra a Bologna presso la galleria Studio Cenacchi Arte Contemporanea, saranno alcune presentazioni del libro e una mostra ad Alessandria, a partire dal 15 ottobre prossimo, inserita nel programma della seconda edizione del Festival delle Medical Humanities, organizzato dall’Azienda ospedaliera SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo. Ci saranno poi, sicuramente, ulteriori capitoli della ricerca, sempre dedicati al tema della cura, che mi porteranno ad esplorare nuovi luoghi e nuove chiavi di lettura.

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