Le parole di Carlo Petrini, direttore dell’Unità di Bioetica e Presidente del Comitato Etico dell’ Istituito Superiore di Sanità

Il professor Carlo Petrini è il Direttore dell’Unità di Bioetica e Presidente del Comitato Etico dell’ Istituito Superiore di Sanità e il suo prezioso intervento al Festival della Salute di Siena non poteva che essere incentrato sul tema dell’Etica in questo particolare momento storico.

“La ricerca bioetica deve rispettare alcuni principi fondamentali – ammette il Professore – tra questi ce ne sono due che sono scientifici oltre che etici: il valore che, tradotto, significa portare miglioramenti nella salute e nella conoscenza; e la validità, ovvero il rigore metodologico.

Inoltre vanno tenuti in considerazione anche altri principi, come l’equa selezione delle persone, la valutazione dei rischi e dei benefici della sperimentazione e più in generale il primato della persona, che deve prevalere rispetto all’interesse della società e dell’avanzamento della scienza.”

Questi criteri possono essere bilanciati a seconda delle circostanze, ma nessuno può essere ignorato.

“L’emergenza scaturita dalla pandemia ha portato uno scossone anche sotto il profilo etico oltre che sociale – ammette il Professor Petrini – Viviamo in un’attesa universale del vaccino anche da parte di chi ne ha sempre contrastato la cultura. E questo ha portato ad una grande accelerazione nelle procedure. Approvazioni che necessitavano di sei mesi adesso si risolvono in una settimana. Tutto questo è positivo, purché vengano rispettati criteri scientifici sui quali non si può derogare.”

Infine un accenno sulle nuove ricerche e gli studi che riguardano il Dna umano. Un modo per  avere indicazioni sulla predisposizione del singolo individuo verso certi tipi di malattie. Anche in questo caso si pone più di un problema etico…

“Occorre grande attenzione – conclude il Presidente del Comitato Etico dell’Iss – perché i test forniscono risposte basate su delle probabilità, ma con margini di incertezza enormi. Rischiamo di fornire informazioni non precise e di creare inutili allarmismi. Anche perché, per alcune malattie cronico/degenerative soprattutto di tipo neurologico, non abbiamo risorse terapeutiche e quindi sapere che in età avanzata potremmo essere soggetti ad un maggiore rischio di una patologia potrebbe non servire a niente se non a farci preoccupare. Così come può accadere che nel corso di approfondimenti sul Dna si incorra in un “incidental finding”, ovvero una scoperta imprevista, anch’essa con ampi margini di incertezza. Si pone a quel punto anche un problema di diritto all’informazione da parte dei pazienti, ma anche di diritto a non essere informati”.

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