“Non ci credo che sei una trans”: la parrucchiera torna sull’episodio di aprile. ““Ci tengo a parlarne affinché qualunque persona che voglia fare il mio stesso percorso possa avere un punto di riferimento”

“Ci tengo a parlarne affinché qualunque persona che voglia fare il mio stesso percorso possa avere un punto di riferimento”. Lei è Elena Roggi, la parrucchiera di Sinalunga che ad aprile scorso, come documentato da Gazzetta di Siena, ha ricevuto un commento alquanto fuori luogo sul proprio profilo Facebook. Non è certo la prima volta, ma questo non vuol dire che debba essere la normalità. Il “non ci credo che sei una trans” non ha messo a nudo i segreti di una donna che non ha mai nascosto il suo passato, e che per questo non ha bisogno di essere smascherata. “Ho impiegato 25 anni a diventare la donna che ho sempre desiderato essere. Se prima un po’ mi nascondevo, oggi non ho veramente alcun motivo per farlo”.

“Quando ho letto il post non mi sono arrabbiata e non me la sono nemmeno presa sul personale, forse anche perché ci sono abituata. Quel signore mi aveva già scritto privatamente, ma dato che non gli avevo risposto magari pensava che volessi nascondere il mio cambio di sesso. Ma sono nata a Sinalunga, lì sono cresciuta e lì ora lavoro, e non ho mai nascosto niente a nessuno” ammette Elena, tornando alla vicenda dello scorso 13 aprile. Uno dei tanti episodi che più che di cronaca, è di malcostume.

Mi è capitato molte volte di incappare in situazioni del genere: sia sui social che nella quotidianità è ancora molto difficile relazionarsi, soprattutto da parte di chi non mi conosce professionalmente. Piuttosto, la vera vittima di episodi come questo è il mio ragazzo: il commento è offensivo nei miei confronti, ma a me dispiace per lui perché non merita di leggere cose del genere”.

“Ti dico anche un’altra cosa – aggiunge, tornando sull’argomento -magari alcune persone penseranno che non ha detto niente di grave, ed effettivamente non è niente di grave. Ci sono persone, però, che hanno fatto il mio stesso percorso e che non lo vogliono assolutamente far sapere. Ho conosciuto ragazze bellissime che non si vedeva che avevano cambiato sesso, e che fingevano addirittura di avere il ciclo pur di non farlo sapere al fidanzato. Episodi del genere sono offensivi nei confronti di chi, come me, vorrebbe fare questo percorso e si trova comunque a dover giustificare la cosa. Ma se sono omosessuale non ho bisogno di giustificarlo, di sbandierarlo o di dirlo, a meno che non me lo chieda qualcuno”.

Una curiosità a tratti inspiegabile quella verso chi decide di tagliare col passato, per riuscire finalmente ad essere sè stessi. “Ormai ho 42 anni, riconosco benissimo l’atteggiamento della gente nei confronti di tutte le persone che, come me, hanno cambiato sesso. C’è curiosità perché tutto ciò che non si conosce spaventa. Serve anche a capire le nostre paure: anch’io ho curiosità verso cose che differiscono da me, ma non per questo sono autorizzata a dare un giudizio offensivo, o perlomeno se il mio modo di vedere le cose differisce dal modo di vivere di un’altra persona, lo tollero”. L’integrazione, in questo senso, ha fallito: “Purtroppo, ancora, all’interno delle famiglie ci sono troppi pregiudizi verso chi cambia sesso, così come verso chi viene dall’Africa o dall’Europa dell’Est. Si dà questo giudizio perché non si riesce ad accettare chi non è conforme alla maggioranza della popolazione. C’è bisogno di lavorare nelle famiglie, nell’educazione dei figli, e bisogna parlarne sicuramente anche a scuola”.

“Vorrei aggiungere anche un’altra cosa- chiede poi Elena, ormai un fiume in piena- La libertà personale è la cosa su cui vale veramente la pena lottare. Sempre. Nonostante abbia cambiato sesso attraverso un percorso difficilissimo e devastante a livello psicologico, oggi sono una persona veramente felice. Non conta se si è nati senza una gamba, senza un occhio, con il pene o con la vagina. La mia è una vita fantastica, ho la stima di tante persone e ho un fidanzato che mi rispetta molto. Il mio ragazzo avrebbe potuto scegliere una qualsiasi donna molto più semplice di me. Uscire con me, andare al ristorante con me, andare a ballare con me, andare a fare un aperitivo con me, è impegnativo, perché ho gli occhi di tante persone puntati addosso sempre. Cerco però di essere una persona educata, tollerante, gentile e soprattutto acculturata: mi piace dimostrare che c’è del contenuto. Questa è una piccola rivincita: credo che con l’educazione, con la cultura, con il sapere si possono aprire veramente dei portoni chiusi”.

E non è tutto: “Vorrei dimostrare che nonostante tutto, nonostante i pensieri negativi di tantissime persone, siamo tutti uguali. Perché è ovvio che nessuna famiglia vorrebbe una figlia come me, un figlio gay, una figlia lesbica, una figlia transessuale, ma genitori come i miei sono la dimostrazione che, anche se si ha una figlia che ha cambiato sesso, si può avere lo stesso una vita bellissima. Quello che conta, alla fine, sono le capacità personali, sono i valori che si hanno. Ho trovato sicuramente più ostacoli, ma è la determinazione personale che ti fa raggiungere i tuoi obiettivi, che siano professionali, sentimentali o di integrazione. Ho dato loro dimostrazione che un figlio diverso, come qualcuno lo definisce, in realtà è più normale di tanti altri“.

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