Il futuro di Mps fra la soluzione strutturale e lo “spezzatino”. Cgil chiede incontro al Mef

Il modello della piccola banca tradizionale non regge più ed “è urgente” che venga rivisto anche con aggregazioni da fare “subito per sostenere la redditività”. Il governatore della banca d’Italia Ignazio Visco nelle Considerazioni Finali durante la Presentazione della Relazione annuale sul 2020 è categorico con i “diversi intermediari per la maggior parte di piccole dimensioni e con un’operatività tradizionale, presentano debolezze strutturali; in taluni casi esse sono dovute a un governo societario non adeguato e alla debolezza dei controlli interni, in altri alla ridotta capacità di accedere ai mercati dei capitali, di innovare e di sfruttare economie di scala e di diversificazione”.

Le soluzioni indicate da Visco sono la “stipula di accordi commerciali con altri operatori, la creazione di consorzi e, non ultime, operazioni di aggregazione”. La situazione è invece molto più tranquilla per le grandi banche italiane vigilate direttamente dalla Bce (con l’eccezione di Mps che non viene però citata) e il governatore dopo anni può affermare che: “La distanza dalla media degli altri paesi per patrimonializzazione e qualità dei prestiti si è sostanzialmente annullata”.  

Una spinta anche per Mps verso la fusione? In realtà il futuro di Monte dei Paschi di Siena passerebbe ancora dall’ipotesi “spezzatino”, anche perché la stessa banca, in una nota ufficiale, comunica “che non ci sono aggiornamenti da segnalare in merito alla ‘soluzione strutturale’ (ipotesi di aggregazione, ndr) o all’operazione di rafforzamento patrimoniale”, già evidenziati lo scorso 6 maggio, in occasione della presentazione dei dati della trimestrale. In quella occasione, infatti, lo stesso amministratore delegato Guido Bastianini ammise  come la banca stesse ancora lavorando, insieme al Mef “sulla soluzione strutturale annunciata al mercato all’inizio di febbraio. Mps ha ricevuto una manifestazione di interesse non vincolante da parte del fondo Apollo che ha avuto accesso da marzo alla nostra virtual data room. Se la soluzione strutturale non dovesse essere attuata nel breve-medio termine, il capital plan prevede un’operazione di rafforzamento patrimoniale di 2,5 miliardi di euro. Nonostante la shortfall inferiore rispetto al previsto, al momento non abbiamo ancora rivisto questa cifra”.

La banca Mps ha emesso ieri una nota ufficiale. In sostanza, dunque, non è cambiato niente rispetto a inizio maggio e non ci sono novità sul futuro di Rocca Salimbeni. La soluzione “spezzatino”, che prevederebbe la cessione di alcuni asset al nord a Unicredit e al sud a Mediocredito, ridurrebbe Mps a banca di media entità del centro Italia. Unicredit è considerato fondamentale per trovare la soluzione che permetta al Tesoro di cedere la banca senese. Ma mentre il Tesoro continua le riflessioni e le valutazioni, Unicredit non sembra essere stato ancora coinvolta dal punto di vista ufficiale e tecnico. Continua a rimbalzare, invece, il nome di Poste Italiane come possibile azienda interessata ad alcuni asset di Banca Mps.

“Non siamo convinti che la strada per dare prospettiva al Monte dei Paschi dei Siena sia lo spezzatino”. Lo ha dichiarato intanto il segretario generale della Cgil Maurizio Landini a margine delle Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia. “Le nostre categorie – ha aggiunto – hanno chiesto un incontro al ministro dell’Economia e delle finanze per collocare la questione di Monte dei Paschi all’interno di una riforma più ampia del sistema creditizio e bancario”. “Abbiamo bisogno di fare politica industriale non solo verso le imprese” ma anche verso il sistema creditizio e “il compromesso raggiunto sulla questione degli appalti dimostra che il confronto è possibile e utile” ha poi concluso Landini.

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