La richiesta va a risarcire il pagamento dell’indennità di uscita ottenuto da Viola quando lasciò la banca

Monte dei Paschi chiede indietro all’ex ad Fabrizio Viola 725mila euro. La decisione presa dal cda va risarcire il pagamento differito dell’indennità di uscita che Viola ottenne quando lasciò la banca.

Viola, amministratore delegato Mps dal 2012 al 2016, ha ricevuto una condanna di sei anni di reclusione per false comunicazioni e manipolazione informativa dal tribunale di Milano per aver contabilizzato male i 5 miliardi di euro provenienti dai veicoli Alexandria e Santorini, contratti dalla vecchia gestione Mussari e Vigni per occultare perdite Mps e tenuti nel bilancio come se fossero titoli del Tesoro, è stata infatti accolta dai giudici di Milano, contrariamente alle richieste di assoluzione da parte dei pm. Condannati anche l’ex presidente Alessandro Profumo e l’ex presidente del collegio sindacale Paolo Salvadori (3 anni e mezzo di reclusione).

La decisione del cda, unica nel panorama italiano, ribalta la linea garantista mantenuta per otto anni dalla banca e sarebbe ispirata alla logica dell’atto dovuto proposta da consulenti esterni e accolta dall’attuale ad Guido Bastianini sulla scia delle richieste dei M5S. Il riscorso alla sentenza di un anno fa è stato fatto dalla stessa banca, responsabile e l’appello, calendarizzato a inizio 2022, durerà un anno.

La sentenza bis potrebbe essere però più clemente, dopo la vittoria da parte di Mps della causa contro il fondo anglosassone Alken, che aveva richiesto 430 milioni di danni a Viola e ad altri ex amministratori per risarcire le perdite causate dalle azioni senesi.

In occasione della prossima assemblea Mps, fissata per la primavera, gli azionisti di ciò che resterà della banca in caso l’accordo Unicredit vada a buon fine, si potrebbero avere più argomenti per votare l’azione di responsabilità contro Viola.

Finora l’azione di responsabilità, quasi sempre inoltrata dal socio critico Giuseppe Bivona, è stata respinta e con larghissime maggioranze sempre guidate del Ministero del Tesoro (azionista per il 64%), difensore della continuità garantista e che ha guidato i vertici del Monte fino al 2015.

La nuova linea però non sarebbe stata gradita dal capo d’ufficio legale di Mps, Riccardo Quagliana, che starebbe trattando l’uscita. La rivalsa della banca sugli amministratori dal 2012 al 2016 potrebbe portare ad un aumento delle spese a carico del Mef garantire Unicredit, che è alle trattative finali per rivelare una parte di attivi e sportelli Mps. La legge di bilancio ha poi rinnovato fino a giugno 2022 la norma che nelle fusioni trasforma in crediti le attività fiscali differite. In tal caso se l’unione tra Unicredit e Mps giungerà a buon fine, la banca milanese otterrà una dote di 2,3 miliardi di euro.

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