Monsignor Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena parla dei giorni del ‘non Palio’ e torna sull’argomento della tutela dei minori: “Siena unica al mondo. I minori? Non restiamo inermi, dobbiamo intervenire per il futuro della società, ce lo chiede la vita e personalmente me lo chiede il Vangelo: non mi tiro indietro”

Quattordici mesi a Siena, il suo approccio a una comunità particolare come quella senese, il tema della tutela dei minori anche dopo le notizie di cronaca che hanno riguardato Siena. Intervenuto a “Un Caffè in Comune” Monsignor Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena, ha toccato tanti argomenti della sua esperienza a capo della Diocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino.

“E’ una comunità particolare anche quella senese, ha detto – anche se la Diocesi di cui mi occupo è ampia e ne fanno parte altre città e anche un pezzo di un’altra provincia. Siena ha caratteristiche particolarissime e conosciute in tutto il mondo per storia, arte, cultura e per la tradizione particolare del Palio e delle Contrade. Non so se sono entrato con i piedi di piombo in questo contesto, sono entrato in maniera libera e serena. Ho sentito grande attesa e grande voglia di incontrarsi. Ho fatto circa 45mila chilometri, girando in lungo e in largo il territorio con la mia Cinquecento. La mia vita è sempre stata così. Mi sono sentito accolto e sto cercando di comprendere nel profondo la realtà e il mondo delle Contrade e di questa caratteristica unica nel mondo”.

“Considero i giorni del Palio – ha aggiunto – come l’apice di tutto quello che c’è sotto, che non è paragonabile a niente, anche se sto ancora imparando a conoscere tanti aspetti. Il mondo delle Contrade accompagna il tessuto sociale. Lo scorso anno sono stato catapultato in questo mondo, stando attento a tutti gli aspetti, come mi veniva suggerito. Mi ha colpito molto la Cerimonia del Cero e dei Censi, che mi ha riportato al 16 giugno, giorno del mio arrivo: tanti bambini, tanti colori, tante emozioni. Anche quest’anno la Cerimonia ha comunque avuto il suo senso e il suo significato. L’ho detto fin dall’inizio: è comunque un evento, come è stato quello per i cristiani di non celebrare una Pasqua con il popolo. E’ stata un’esperienza di mancanza e una risposta ad una situazione che si è creata. Del resto un Palio senza popolo, come mi hanno subito detto sindaco e Rettore del Magistrato, non si può fare. Ho sentito grande responsabilità”.

“Tutte le situazioni critiche – ha spiegato Monsignor Augusto Paolo Lojudice – attivano una sorta di ricerca dell’essenziale, come avviene per fenomeni tragici. Ce lo auguriamo, poi ognuno reagisce come vuole. Certo è che, come ha detto il Papa in piazza San Pietro il 27 marzo citando un passo evangelico, siamo tutti nella stessa barca. Siamo uniti da una comune sorte o come direbbe Gandhi, leader religioso non cristiano di grande spessore, non c’è che un’unica razza, cioè l’umanità. Ci sono temi delicati come l’immigrazione, che non sono riducibili a un dibattito di pochi minuti. Quindi prendiamo la palla al balzo, facciamo in modo che chi fa parte del mondo degli educatori, dalla scuola, alle famiglie alla Chiesa, non si lasci sfuggire l’occasione per renderci conto di alcune cose. Si possono raccogliere valori importanti, non sarà solo un’esperienza negativa”.

“Credo – ha detto Monsignor Augusto Paolo Lojudice tornando sulla così detta “chat dell’orrore”, sulla quale ha lanciato la proposta di un patto fra famiglie e istituzioni – che qualsiasi azione educativa, dal mio punto di vista un’azione pastorale, non possa prescindere da questo punto di partenza. C’è un episodio del Vangelo in cui Gesù dice ai Discepoli che scalpitavano fra loro: se non diventate come un bambino non entrerete nel Regno dei Cieli, fallirete in tutto. Questa prospettiva mi ha sempre mosso. Guardiamo il mondo con gli occhi dei bambini, spesso non ci caliamo bene in quei panni. La società e la Chiesa non possono fare a meno di rendersi conto di quello che può soffrire un bambino oggi: è una sofferenza perenne, che lascia segni per tutta la vita. In un bambino che soffre iniettato un certo veleno che sarà con lui per tutta la vita”.

“Ho scelto di occuparmi della tutela dei minori – ha spiegato ancora -, qui mi sono trovato davanti a una situazione particolare, un tema che non può essere trascurato. Il problema è su due fronti: su quello educativo da una parte, perché se si entra in quel mondo oscuro attraverso la tecnologia, un mondo che ti fa vedere violenze sui bambini, c’è qualcosa che non funziona e serve attenzione su questo. Dall’altra parte c’è un tema oggettivo: non si può rimanere indifferenti davanti a tutto questo, anche se dovesse avvenire lontano da noi. Quando veniamo a conoscenza che un bambino subisce delle sevizie perché qualcuno si diverte a vederlo, non è una cosa che può lasciarci in pace. Ho notato che quasi nessuno diceva niente, dobbiamo invece saltare sulla sedia, per il bene del futuro della società. Se qualcuno si diverte nel vedere qualche bambino che soffre, c’è qualcosa che non va bene. Dobbiamo intervenire perché ce lo chiede la vita e personalmente il Vangelo, non mi posso tirare indietro”.

La puntata integrale di “Un Caffè in Comune” con Monsignor Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena.

 

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