Ainis: “Con la legge 121 si ha la democratizzazione della Polizia di Stato e l’enunciazione dei suoi diritti”

Nel corso degli Anni ‘70 sull’onda della crescente sindacalizzazione della società italiana, i movimenti democratici rivendicativi di spazi di libertà finirono per coinvolgere anche le forze armate e, in particolare modo, la Polizia per la quale si richiedeva oltre alla smilitarizzazione, anche il riconoscimento della rappresentanza sindacali. Sotto questo punto di vista la legge 121 ha rappresentato un ulteriore tassello nel processo di democratizzazione dell’Italia: fino a quel momento, infatti, il sindacato restava escluso del tutto dalla struttura militare della pubblica sicurezza.

“Lo Stato, diceva Max Weber, ha il monopolio della forza legittima. Ma la democrazia deve usare la forza per garantire le libertà dei cittadini, non certo per opprimerli. È questo il lascito del costituzionalismo, inaugurato dalle Carte rivoluzionarie di fine Settecento. Da qui, allora, una domanda: come può la macchina statale proteggere i diritti, se non li riconosce al proprio interno? – commenta così Michele Ainis, componente Autorità garante concorrenza e mercatoLa risposta si trova scritta nella legge 1° aprile 1981, n. 121, che ha avviato il processo di democratizzazione della Polizia di Stato. Attuando, sia pure con trent’anni di ritardo, un principio costituzionale. ‘L’organizzazione sindacale è libera’, dichiara infatti l’articolo 39 della Carta repubblicana. Ma in presenza i sindacati, nel cuore pulsante dello Stato, non erano liberi, bensì vietati. Ora non più: l’articolo 82 di questa legge enuncia i diritti sindacali delle Forze di polizia”.

“L’importante riconoscimento della libertà sindacale per il personale della Polizia di Stato – afferma Carlo Mosca nel libro sulla riforma – si fonda sulla pluralità di organizzazioni sindacali dirette e rappresentate da personale di polizia in servizio o in quiescenza, organizzazioni che tutelano gli interessi degli operatori di polizia senza interferire nella direzione dei servizi o nei compiti operativi”.

Nella legge del 1981, l’imparzialità, elemento imprescindibile che deve contraddistinguere l’Istituzione di polizia e i suoi appartenenti, è stata sottolineata “nel suo significato istituzionale dalla previsione legislativa – sostiene ancora il Prefetto – secondo cui i sindacati di polizia, all’articolo 83, comma 2, della 121/81, non possono aderire, affiliarsi o avere relazioni di carattere organizzativo con altre associazioni sindacali, quasi a voler pretendere una sorta di autonomia su cui si è molto discusso, visti i collegamenti che si sono creati tra le numerose organizzazioni e le centrali sindacali confederali e autonome”.

Questo al fine di evitare una politicizzazione dello strumento sindacale e perché è necessario che in ciascun appartenente si sviluppi il senso di responsabilità relativo alle delicate funzioni espletate, da cui deriva l’indispensabile imparzialità già citata: “Secondo la ratio del legislatore della 121 – continua Mosca – l’autonomia e l’indipendenza sindacale non evidenziano il distacco dalla società e dalle organizzazioni presenti in quest’ultima, quanto risultano espressione di garanzia per i cittadini, da una posizione al di sopra delle parti, pur nel rispetto delle loro convinzioni politiche”.

Da questo scaturisce che le organizzazioni sindacali della polizia non possono essere rappresentate da estranei alla pubblica sicurezza. Inoltre, il modello sindacale scelto dalla legge n. 121/81 non è originale o diverso, ma risente comunque delle caratteristiche comuni alle strutture sindacali del pubblico impiego di cui ricalca anche l’attività che regola i rapporti di lavoro: il trattamento economico, l’orario di servizio, le ferie, i permessi, i congedi, le aspettative, il lavoro straordinario, le missioni e i trasferimenti, nonché i criteri per la formazione e l’aggiornamento professionale e tutti gli altri strumenti necessari per assicurare il miglior funzionamento dell’intera struttura di polizia.

Il 15 dicembre del 1983 fu firmato il primo contratto nazionale di lavoro tra il ministro dell’Interno Oscar Luigi Scalfaro e i rappresentanti dei due principali sindacati di polizia, il Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori polizia) e il Sap (Sindacato autonomo di polizia).

“Tornando alla Riforma – conclude il prefetto Carlo Mosca – per quanto riguarda lo svolgimento dei diritti sindacali, il legislatore del 1981 fa proprio il convincimento che le funzioni essenziali, per l’esistenza stessa della Repubblica democratica, debbano essere sempre assicurate e che la missione del ministero dell’Interno di garantire l’esercizio dei diritti civili e sociali dei cittadini, previsti dalla Costituzione, non debba subire mai alcuna interruzione”.

Per questo esiste il divieto per i poliziotti di scioperare e di porre in essere azioni tali che, effettuate durante il servizio, possano pregiudicare la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o le attività di polizia giudiziaria.

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