BASEL, SWITZERLAND - SEPTEMBER 05: Chief of Delegation Italy Gianluca Vialli looks on before the 2022 FIFA World Cup Qualifier match between Switzerland and Italy at St Jacob Park on September 05, 2021 in Basel, Basel-Stadt. (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Nel giorno della morte dell’ex attaccante della Sampdoria, lo scrittore sinalunghese ha raccontato sui social una vecchia storia

La morte di Gianluca Vialli ha scosso tutta Italia. Nelle ultime ore sui social sono tantissimi i messaggi che ricordano l’ex attaccante della Sampdoria e della Juventus, scomparso oggi all’età di 58 anni dopo una lunga malattia. In particolare, lo scrittore sinalunghese Riccardo Lorenzetti ha raccontato un aneddoto che riportiamo integralmente:

“Luca Vialli, quel giorno, non fu né affabile, né cordiale. Era l’estate del 1990, e ‘Il Ciocco’ era un’esclusiva località della Garfagnana, molto in voga tra le squadre di calcio che lì vi effettuavano il ritiro precampionato. Raccontavano la storiella di Tardelli, che da ragazzo vi faceva gli extra come cameriere e un giorno si trovò a servire la colazione al già famoso Dino Zoff. Che rimase soddisfatto del servizio, e gli elargì una mancia.

Al Ciocco arrivò la Samp di Vujadin Boskov, fresca reduce dal trionfo di Goteborg, e ai tifosi più allupati non parve vero di andare a vederla da vicino. Io ero tra quelli. Vialli, insieme a Mancini, era il ‘frontman’ di una squadra irripetibile, eppure era di umore nerissimo: chi si aspettava il ragazzo sorridente e spensierato delle interviste televisive, ne uscì deluso. Scese dal pullman, scuro in volto, e tirò dritto verso l’albergo senza degnarci di un’attenzione: “Devo essere sfortunato con i miei campioni preferiti” -pensai- “Alviero Chiorri l’hanno venduto alla Cremonese, Trevor Francis non l’ho mai visto dal vivo e questo Vialli è un emerito maleducato.”

Mi consolai con Fausto Pari, che si fermò a chiacchierare e sembrava uno con il quale hai appena giocato a carte o a biliardo. Cerezo, inimitabile, si concesse ad almeno un centinaio di fotografie (non esistevano i selfie) senza perdere mai il sorriso. L’arcano lo svelò un anziano signore di Genova, lì vicino, che bazzicava il club “Lo Squalo” e la sapeva lunga: “Non se la tira, poveraccio. Ha ancora dentro ‘l’anguscia’ dei Mondiali”. Poi, fece un piccolo sospiro: “Ma vedrai che per la Sampdoria, alla fine, sarà meglio così “. Aveva ragione. Vialli aveva vissuto un’estate amarissima: lo aspettavano tutti, fidanzato d’Italia nella Nazionale di Vicini, nelle Notti Magiche e in un Mondiale che sembrava a portata di mano. Invece saltò fuori Totò Schillaci a rubargli la scena e il Mondiale, alla fine, lo vinsero i Tedeschi. Ma fu proprio quella rabbia, probabilmente, a innescare la voglia di rivincita che ci portò allo scudetto del 19 maggio: Samp Campione d’Italia e Vialli capocannoniere. Poi, la cavalcata in Coppa dei Campioni: ultimo capitolo del sogno per gente che pochi anni prima metteva insieme a fatica il pranzo con la cena, stentava forte con il Pescara e la Sambenedettese e usciva fuori di testa per una vittoria a San Siro contro il Milan.

Arrivò la notte di Wembley dove nè Vialli (nè Mancini) giocarono una partita memorabile: trentamila tifosi blucerchiati a colorare lo stadio più immaginifico d’Europa, e a ingoiare il rospo della sassata di Ronald Koeman, a tre minuti dalla fine. Ma prevalse l’orgoglio di esserci comunque arrivati, e quella gente applaudì lo stesso. Il Vialli juventino ebbe il sapore agrodolce della fidanzatina dei tuoi quindici anni, che un giorno rivedi sposata ad uno che viaggia con la Mercedes, mentre tu le davi il primo bacio dentro la Panda. Un Vialli diverso, ma perfettamente a suo agio nei panni di leader e Capitano che nella Samp di Vierchowod, Mannini, Cerezo e (soprattutto) Mancini avevamo appena intravisto; Vialli che aveva ormai perso quel casco di riccioli sbarazzini, e inaugurava la moda elegantissima della pelata. In grande anticipo sui tempi, lui e Michael Jordan. Bruce Willis, Ronaldo, Zidane e Guardiola arriveranno qualche anno dopo.

Rifletto, in questa mattinata tremenda, che a certe notizie non siamo mai preparati. Come successe con Coppi (per chi c’era) e con Pantani. Con Paolo Rossi e, proprio l’altro ieri, con Mihajlovic, e Pelè. Uno strazio moltiplicato per dieci, stavolta. Perché Vialli è stato davvero, per quel che mi riguarda, il campione preferito. Quello che tieni la figurina nel portafoglio, anche se lui ha smesso di giocare da più di vent’anni e tu hai un sacco di capelli bianchi. Quello che abbraccia Mancini a Wembley, trent’anni esatti dopo, e in quel preciso momento scoppi a piangere con loro, e non riesci a smettere. Perché il calcio, e la vita, sono quella roba lì. E la tua generazione è probabilmente l’ultima ad aver vissuto quel genere di campioni, e quella stagione così dolce. Riascolto, nel telefono, il messaggio vocale che Luca Vialli in persona mi inviò lo scorso settembre, quando lo invitai per conto dei ragazzi di Toscana libri, al Festival letterario di Bagno Vignoni: “Vi ringrazio dell’onore che mi fate, ma in quei giorni sono occupato con la Nations League della Nazionale.” disse, con quella voce inconfondibile. Poi, fece una piccola pausa: “Ma vi prometto che sarò con voi, alla prima occasione possibile”. Quell’occasione non ci sarà. E questo è un tristissimo inizio d’anno. Ti sia lieve la terra”.

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