E’ stato dimesso il paziente ricoverato nel reparto Covid delle Scotte che aveva risposto ad un nostro post di Facebook, stemperando le polemiche sulla pandemia, sui numeri, sui tamponi e a quant’altro. Ecco il suo racconto

E’ guarito il paziente ricoverato nel reparto Covid del Policlinico Le Scotte di Siena che aveva portato la sua testimonianza commentando un nostro post di Facebook. Sta bene e finalmente ha potuto riabbracciare sua moglie, anche lei risultata positiva a novembre dopo aver contratto il virus all’interno della casa di riposo dove lavorava.

A distanza di qualche giorno dalle dimissioni, ha trovato il coraggio di raccontare quei momenti e da dove tutto è iniziato: “Ho cominciato – dice a Gazzetta di Siena – a non sentire più gli odori ed i sapori di quello che mangiavo poi è subentrata la febbre. Dopo qualche giorno la temperatura non scendeva, così il medico di base, un ragazzo molto giovane e preparato, ha chiesto l’intervento del medico dell’Usca. Sono stato così portato nel reparto di terapia semi-intensiva, dove sono rimasto per quattro giorni, con il casco e il ventilatore polmonare”.

Ha la voce di chi ha passato momenti terribili ma la serenità di chi, alla fine, ce l’ha fatta: “Ho passato molti giorni a pancia in giù, perché era quella la procedura. Non ho avuto paura per me dato che non avevo tantissimi dolori ma – con la sua infinita bontà d’animo ammette – ero preoccupato per il mio compagno di stanza che si lamentava per i dolori causati dal casco e mi continuava a guardare con lo sguardo sofferente”.

Tante sono le sensazioni e le emozioni che ha provato: “Mi torna in mente, indelebile, il ricordo di quando, intorno al 10 novembre, scorrendo la pagina Facebook leggevo i post dei miei amici che commentavano l’arrivo del Natale. Mentre io, invece, in quelle condizioni non sapevo nemmeno se sarei uscito da lì. E’ stata una sensazione stranissima, non lo so spiegare”.

Cosa rimane ora di quei giorni? “I tanti gesti di gentilezza che ho ricevuto da persone che nemmeno conoscevo, come la gratitudine dei medici e degli infermieri, sono stati i miei angeli. Li vedevo lavorare con le loro visiere, le mascherine Ffp3 e quegli enormi scafandri, si intravedevano solo gli occhi. Lavoravano in quelle condizioni per sette ore di fila, continuando a respirare lo stesso ossigeno. Roba da matti”.

Con un filo di emozione ha continuato a ricordare tutte le persone che, anche con poco, lo hanno aiutato ad affrontare quell’isolamento emotivo, lontano dagli affetti: “Sono stato fortunato perché ero circondato da angeli. Una volta, per esempio, una operatrice Oss si è offerta di portarmi in reparto tutto quello di cui avevo bisogno e che avevo a casa. Poi gli angeli della Misericordia, i mie colleghi di lavoro, anche loro hanno fatto a cazzotti per venirmi a prendere una volta dimesso”.

Mi sono stati tutti vicino, è stata questa la mia fortuna. Lo stesso medico di base mi chiamava tutti i giorni per sapere come stavo poi lui, a sua volta, chiamava il reparto ed informava mia moglie sulle mie condizioni. Stessa cosa faceva il reparto contattando mia moglie quotidianamente”.

Adesso che tutto è finito ci tiene a lanciare un appello: “State attenti, questo male non scherza. Anche nel caso migliore in cui non si sta malissimo c’è il rischio di fare del male e di trasferirlo agli altri. Inoltre, quando potrete farlo, vaccinatevi. Dobbiamo rendere le condizioni più sicure per tutti”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui