Si chiama Lorenzo Borgianni: è il “Gingegnere” con 20mila followers su Instagram

Si chiama Lorenzo Borgianni, è un sangimignanese doc e sui social è diventato famoso per essere una delle voci più autorevoli del mondo del gin. Il Gingegnere, il suo nome d’arte, vanta infatti circa 20mila followers su Instagram, raccolti in appena due anni di storytelling del celebre distillato a base di ginepro. Da poco è uscito il suo primo libro Gingegneria applicata e noi l’abbiamo intervistato per farci raccontare com’è nata quest’avventura.

Quando è cominciata la tua passione per il gin?

“La passione per il gin è nata insieme alla passione per il bartending. Appena ho finito le scuole superiori, sono subito andato a fare un corso AIBES da bartender a Firenze e ho iniziato a lavorare dietro al bancone nell’albergo di famiglia a San Gimignano. La passione vera per il gin invece è nata da una vacanza in Spagna con i miei amici, tra Formentera e Ibiza. Lì era già molto avanzato e più famoso che in Italia (da noi si trovavano fondamentalmente due tipi di gin, mentre là ce n’erano minimo dieci, anche nei peggiori bar). Ricordo che era molto spettacolarizzato, lo versavano con la sciabola facendolo scivolare dentro al bicchiere. Lì il gin tonic era uno stile di vita, da noi no. Da quel momento ho cominciato ad assaggiare e a capire le differenze tra le varie tipologie, ad approfondire e a comprarle su Internet”.

Com’è nata l’idea di diventare “Il Gingegnere” e quando hai pensato che potesse diventare un secondo lavoro?

“Il Gingegnere è nato nel periodo invernale di due anni fa. Chi, come me, fa un lavoro stagionale ha sempre quei 2/3 mesi di pausa in cui non ha nulla da fare. Proprio in quel periodo ho pensato di trasmettere la mia passione facendo delle recensioni su Instagram dei gin che mi piacevano di più, di quelli che compravo. Il mio profilo personale non lo usavo praticamente mai, e mi sono detto ‘Perché non provo a fare qualcosa in questo senso?’, ma giusto come passatempo.

Il nome Gingegnere invece è nato dal confronto con amici e conoscenti che mi seguivano già a quei tempi. Ho scelto tra Ginfluenzer, che però non sapevo esistesse già, e Gingegnere. L’idea era venuta alla mia ragazza, mi è sembrato un gioco di parole simpatico, l’ingegnere del gin che dà tutte le caratteristiche tecniche.

Ho pensato che potesse diventare un secondo lavoro nel momento in cui il primo produttore mi ha inviato una bottiglia gratuita. All’inizio erano bottiglie che avevo già e facevo la recensione. Mi ha contattato, dicendomi che gli piaceva come lavoravo e voleva sapere cosa pensassi del suo gin. Da lì ho iniziato a pensarci e a cercare di farlo diventare un lavoro, poi da quel momento un po’ di tempo è passato”.

Ti sei ispirato a qualcuno di particolare?

“Non mi sono ispirato a nessuno, anche perché Instagram lo maneggiavo veramente pochissimo, ho iniziato da zero. Non seguivo nessuno, solo dopo essere entrato in questo mondo ho scoperto che c’erano un paio di persone che già facevano quello che faccio io, però io le ho conosciute dopo. Siamo diventati anche amici, tra l’altro. Ho iniziato a fare il blogger di gin perché me lo sentivo, ma senza prendere spunto da nessuno.

Infatti, se guardi il mio profilo, da quando ho cominciato a ora sono molto cambiato. Prima scrivevo solamente, facevo due recensioni a settimana. Adesso invece la mia pagina è molto attiva, pubblico post più o meno tutti i giorni, è proprio cambiato il mio approccio. Ho capito che devi diventare una sorta di influencer se vuoi intraprendere questa strada, solo con le recensioni non vai da nessuna parte”.

Ho letto un tuo post su Instagram in cui rassicuri chi ti segue di non soffrire di bipolarismo (quello del compleanno di un anno fa, per intendersi), che Lorenzo e il Gingegnere sono la stessa persona e fanno entrambi parte di te. Ecco, secondo te quanto le due parti si influenzano a vicenda?

“In effetti capita spesso che mi trovo combattuto tra le due personalità, perché ovviamente quando fai un lavoro del genere il tuo ‘alter ego sui social’ per forza si mischia un po’ con la tua personalità. Non abbiamo lo stesso carattere, diciamo. Lorenzo Borgianni e il Gingegnere sono due persone divere, ma il Gingegnere ha cambiato tanto Lorenzo Borgianni. Nel senso, io mai avrei pensato di parlare così in pubblico, fare interviste, mettere la faccia su un social network, parlare davanti alla telecamera, perché sono abbastanza introverso. Però quando entri in questo mondo e capisci che puoi guadagnare parlando di quello che ti piace, allora la prospettiva cambia. Le debolezze di uno vengono infrante dall’altro. È stata una cosa stimolante, perché mai mi sarei immaginato che una cosa sui social network avrebbe potuto cambiare il mio modo di approcciarmi alle persone e alla vita in generale. Sembra una cosa grossa, ma in effetti per me c’è stato un cambiamento drastico come mai mi sarei aspettato. Sono stato travolto piacevolmente da questa cosa. I social spesso sono visti come uno strumento che altera la percezione della realtà, però diciamo che nel mio caso mi sono stati utili”.

Cos’è per te il gin?

“Per me è una passione, è un distillato che può raccontare un territorio. Ogni regione in Italia ha una sua eccellenza che la caratterizza. Il gin quindi diventa molto caratterizzabile, è a questo anche che mi sono appassionato. Il disciplinare è molto largo, prevede ginepro e alcol e mille altre cose”.

Quali sono gli elementi che caratterizzano un buon gin rispetto ad un altro dal tuo punto di vista?

“L’elemento che caratterizza un buon gin rispetto ad un altro è la qualità degli ingredienti di base. Per il grande mercato si va ad abbattere i costi cercando dei prodotti di buona qualità ma comunque inferiore rispetto a un distillato fatto in piccoli lotti, per meno persone, com’è normale che sia. Le cose che rendono un gin buono sono sicuramente l’alcol alla base, che è fondamentale. Se è biologico è meglio, si sente la qualità del distillato. Per il ginepro è lo stesso. L’italiano è il migliore del mondo, quindi se c’è un ginepro italiano la qualità si sente. È più pungente, più balsamico. Ci sono altri ginepri in tutta Europa però il migliore alla fine è sempre il nostro, è il più saporito in tutto e per tutto. Lo stesso vale per le altre piante botaniche. Dipende sempre dalla qualità degli ingredienti primari, dal loro paese di provenienza, da come sono coltivati ecc, parte tutto da lì. E poi ovviamente anche il metodo di distillazione, però lì si entra in un ambito ancora più complicato”.

Ci sono tante persone che hanno cominciato a seguirti e che apprezzano il tuo modo di raccontare il gin e di raccontarti. Ti è capitato però di avere degli haters?

“Ci sono tante persone che apprezzano il mio storytelling e gliene sono grato, perché all’inizio pensavo di fare solo una cosa per me stesso. In tanti hanno apprezzato il mio modo di raccontare il gin, perché è trasparente, non ho mezze misure e sono molto diretto. Sono più frequenti i complimenti per come mi approccio a questo mondo, però ovviamente sono capitate anche le critiche. Quando faccio le ricette magari capita che prendo il ghiaccio con la mano perché sono in casa e c’è sempre qualcuno pronto a riprendermi. È il mio modo di fare, non mi sono mai messo a litigare per queste cose. Ci sono persone che mi hanno criticato, ma ho spiegato loro le mie ragioni e basta e non sono proprio haters”.

Da poco hai pubblicato il libro “Gingegneria applicata”, nel quale descrivi il panorama del gin italiano contemporaneo. Parli di 100 gin, com’è che li hai scelti?

“Intanto ci tengo a precisare che nessuna azienda assolutamente ha pagato neanche un euro per essere inserita nel mio libro. I 100 gin presenti li ho scelti tutti io, considerando solo i miei gusti e quelli di Federico Bellanca, giornalista esperto di questo mondo che mi ha aiutato. Le nostre conoscenze ci hanno portato a fare questa lista di gin, anche se ovviamente sono solo quelli che abbiamo provato. Ci possono essere dei grandi esclusi, ma se ci sono è solo perché entrambi abbiamo avuto l’opportunità di assaggiare e c’è stato proprio un confronto per definire tra oltre 200 quelli che ci piacevano di più. È una fotografia delle nostre conoscenze al momento, magari l’anno prossimo ne facciamo un’altra edizione o conosciamo altri gin da parte di produttori che ancora non ci hanno mai contattato”.

In Italia c’è la “cultura del gin”? Cioè, quanto è diffusa la capacità di apprezzarlo veramente?

“Ti direi di no, almeno fino a un anno fa. Io e altri influencer stiamo cercando di fare proprio questo: comunicazione come deve essere fatta, cioè dal punto di vista qualitativo, di questo distillato. Ci sono un sacco di storie, di regionalità e di curiosità dietro a questo prodotto. Il nostro paese dal punto di vista dei sapori e degli odori è il primo al mondo per biodiversità e il gin è un buonissimo mezzo, è uno strumento per raccontare anche la territorialità. Grazie a questo distillato stiamo facendo cultura sui metodi di produzione, gli stili, ma anche le varie peculiarità, le botaniche ecc. Attualmente il livello di cultura rispetto al vino è ancora molto basso, però diciamo che negli ultimi tempi sta crescendo. Questo secondo me avviene anche per l’esplosione del gin e per merito del nostro lavoro”.

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