Le storie di Siena e dei senesi nella rubrica di Arianna Falchi

Oggi il nostro filo è felice di parlare di donne. Lo fa con Carla Bardelli,

scrittrice coraggiosa e tenace, che non ha rinunciato ai propri sogni

Tenace, coraggiosa, sognatrice. Sono questi gli aggettivi che vengono in mente nell’ascoltare il racconto di Carla Bardelli, senese, contradaiola del Bruco, che oggi il nostro filo ascolta con attenzione, cogliendo tutte le sfumature di una voce calda e che suscita subito allegria. Carla è una scrittrice che si è scoperta “un po’ tardi”, ma che ha saputo raccogliere i dettegli delle sue esperienze personali, dei racconti ascoltati durante l’infanzia, delle persone incontrate sul suo percorso e li ha messi nero su bianco, abbellendoli con la fantasia e con l’estro di una vera ‘signora del romanzo’. Il suo terzo libro ‘Io con i mostri non ci parlo‘, edito da Effigi, sarà presentato giovedì 16 settembre alle 18, nel Giardino Segreto del Tribunale di Siena.

Carla Bardelli, come ha iniziato a scrivere libri?

La cosa è semplice, quasi scontata, se si pensa che ho lavorato 30 anni come bibliotecaria e mi sono laureata in letteratura. Lavorando lì, prima a scienze matematiche e poi, dal 2003, all’Università per Stranieri, ho ritrovato tante di quella letteratura che negli anni ho studiato e approfondito. E poi sono una lettrice accanita! La spinta decisiva, però, me l’ha data una mia cara amica psicologa, che io chiamo ‘amica geniale’. Siamo amiche fin dall’infanzia e lei mi ha sempre spronato a fare di più. Mi ha aiutata a scrivere il primo libro. Mi ha detto di avere tante storie di donne che avevano subito degli abusi e mi ha chiesto di scriverle. Il mio primo libro, Il Suono Breve della Neve, parla proprio di questo: di violenza di genere, storie di donne che hanno incontrato la violenza e la discriminazione. Mi sono ispirata a qelle, seguendo poi la mia strada e mettendoci del mio.

Come ha proseguito?

Ci ho preso gusto. Ho ripreso alcune cose lasciate nel cassetto. Nel secondo libro, La Guerra è Femmina, parlo anche di esperienze personali. Da bambina, vivevo in una famiglia allargata, molto numerosa, dove si parlava spesso di guerra ed i racconti di quel periodo erano tanti. Non è la mi storia quella de libro, però mi sono ispirata a quei racconti. Da una parte, durante la guerra, vi erano gli uomini in prima linea che combattevano. Dall’altra parte, però, c’erano le donne che combattevano la loro guerra personale, fatta di dolore nell’attendere il ritorno di figli, mariti, fratelli. Poi vi era tutto il movimento delle donne partigiane che facevano le staffette per portare i viveri. Se adesso le celebriamo, al tempo erano comunque viste in malo modo, in quanto le donne dovevano pensare alla casa. La storia nel libro è molto più dolorosa. Il cuore del racconto è il rapporto tra madre e figlia.

Le donne sono le protagoniste dei suoi racconti. Perché?

Sono convinta che anche la storia piccola delle donne, contribuisce alla grande storia. Se prima di noi tante donne non avessero iniziato a lastricare le strade, oggi non vedremo l’asfalto. Dico sempre di non aver fatto la storia del femminismo, ero piccola quando sono cominciate le prime ribellioni, i primi moti. Ma quando ti stanno a cuore temi come l’uguaglianza, la lotta alla violenza, ai femminicidi, quando anche solo uno di questi argomenti è importante per te, allora sei femminista. Anche le donne più umili hanno fatto la storia.

Arriviamo così al suo terzo romanzo…

Siccome quando cominci non smetti più, sono andata avanti. Parlo ancora di donne, per la precisione di due donne che portano lo stesso nome, Caterina. Sono due storie parallele che si svolgono a distanza di 60 anni. La Caterina di sessant’anni fa è una contadina che riesce a conquistare il diritto di leggere e scrivere. L’altra ragazza che vive ai tempi nostri, è diventata mamma molto presto (qui un cenno autobiografico), e viene colta da una depressione post partum. Qui si ritrova da sola, ma incontra questa figura vissuta molti anni prima e ad indagare su di lei interrogando chi l’ha conosciuta. Capisce che aldilà della poca cultura di questa donna, riesce a trovarvi una sorta di consolazione. Caterina del passato è una figura molto forte. Il titolo, Io con i Mostri non ci parlo, è una frase del libro. Caterina vive in un’epoca dove i mostri dell’anima e della psiche vengono trascurati, non vi era la stessa attenzione di oggi verso le problematiche psicologiche. Ma nonostante questo, si riesce ad imparare qualcosa da questa donna.

Cosa ha provato quando è uscito il suo primo libro?

Una sensazione bellissima. Quando ho iniziato a scriverlo non credevo di avere il coraggio di pubblicare. Una mia amica aveva pubblicato con Effigi e mi sono affidata a loro. Un regalo che ho voluto farre a me stessa ad un certo punto della mia vita. Ho pubblicato con leggerezza, l’ho fatto proprio per me stessa. Ho comunque avuto tanti riscontri positivi e sono stata felice.

E per il futuro?

In testa ho già qualcosa. Comincio sempre in autunno a scrivere di libri, mi raccolgo in me stessa e scrivo, partendo da esperienze vissute o da racconti che ho potuto ascoltare. Anche l’ultima storia, quella di Caterina del ‘900, è una storia vera che mi ha raccontato mia suocera.

Arianna Falchi
Penna e cuore, dal 1991. Credo nella potenza delle parole, unica arma di cui non potrei mai fare a meno. Finisco a scrivere sui giornali un po' per caso, ma è quella casualità che alla fine diventa 'casa' e ho finito per arredarla a mio gusto. Sono esattamente dove vorrei essere. Ovvero, ovunque ci sia qualcuno disposto a leggermi.

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