Dal testo: “Berlinguer, Napolitano, Macaluso, Tortorella, Natta, Ingrao erano comunisti. Ma furono anche i ‘capi’ del più grande Partito Comunista dell’Europa occidentale”

In occasione dei 100 anni del Partito Comunista Italiano, è stato pubblicato da Primamedia Editore il libro di Gianni Manghetti “I capi del PCI”. Fresco di stampa, il testo indaga quel gruppo dirigente che per lunghi anni ha governato il Pci, facendone la storia ma contribuendo anche alla profonda trasformazione del Paese.

Una cronistoria che ripercorre i punti salienti dell’iter del partito, dalle difficili posizioni in politica estera al ‘Compromesso storico’, dagli anni della solidarietà nazionale alla strategia dell’alternanza democratica fino ai tentativi compiuti a partire dal 1968 per conseguire l’autonomia dall’Unione Sovietica.

L’autore, economista, studioso di finanza, a partire dalla metà degli anni Settanta e fino alla morte di Berlinguer, ha collaborato direttamente con molti di loro. È stato responsabile del settore finanziario durante i due governi Andreotti di solidarietà nazionale e ha potuto conoscerli da vicino. La sua testimonianza, resa con stile discorsivo, consente così di approfondire le figure di Macaluso, Tortorella, Natta, Ingrao, Seroni, Barca, Reichlin, Di Giulio, Chiaromonte, Napolitano, Pecchioli, Longo, Bufalini, Berlinguer. Il libro, ricco di aneddoti molti dei quali inediti, si compone anche di due interviste esclusive a Emanuele Macaluso e Aldo Tortorella.

I capi del PCI

Berlinguer, Napolitano, Macaluso, Tortorella, Natta, Ingrao erano comunisti. Ma furono anche i “capi” del più grande Partito Comunista dell’Europa occidentale. Molto diversi tra loro ma uniti dalla medesima spinta ideale, la vita politica come missione. Anche a costo di enormi sacrifici, a volte della vita. Cosa avevano di diverso rispetto ai politici di oggi? Può la loro vita essere ancora un punto di riferimento? E in che modo? Il libro descrive quel gruppo dirigente che per lunghi anni governò il Pci, facendone la storia ma contribuendo anche alla profonda trasformazione del Paese: dalle difficili posizioni in politica estera al “Compromesso storico”, dagli anni della solidarietà nazionale alla strategia dell’alternanza democratica; fino ai tentativi compiuti a partire dal 1968 per conseguire l’autonomia dall’Unione Sovietica.

Gianni Manghetti

Vive a Roma. Aveva circa trent’anni quando, con moglie e figli, decise di andare a vivere in una borgata assieme ad altri amici e a un prete di frontiera. Vi rimase per tutti gli anni Settanta. Nel frattempo, collaborava sulla politica bancaria con Luciano Barca al Dipartimento Economico del PCI. Tra i suoi saggi sul mondo della finanza ama ricordare “L’Italia delle banche” (coautore Luciano Barca) e tra i suoi romanzi “Il destino nasce giovane”. Ha insegnato finanza agli studenti universitari ed economia aziendale ai futuri ragionieri. Ha diretto l’Organo di Vigilanza sulle assicurazioni (governo Prodi) e presieduto la Task force internazionale per la stesura dei principi di vigilanza assicurativa. È stato Presidente della Cassa di risparmio di Volterra, là dove era nato e aveva vissuto la propria infanzia e giovinezza. Con Primamedia Editore ha pubblicato “Nomi nella cenere” (2012); “Lacrime asciutte” (2014 – coedizione con Edizioni Cantagalli); “I sogni non svaniscono all’alba” (2016); “Gli annoiati” (2018). A settant’anni, dopo aver scritto tanto su banche e assicurazioni, ha pubblicato il suo primo libro sull’umanità delle persone incontrate per caso, “Vite pendolari. Ad alta velocità?”. Ha proseguito a scrivere romanzi, a raccontare le sofferenze e le risposte degli uomini tese a rendere più lieve il peso sui loro capi e sulle loro anime.

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