A fine mese si conclude il mandato dell’attuale deputazione amministratrice della Fondazione Mps. Stallo politico per la nuova governance

Lo stallo alla messicana è una situazione nella quale due o più persone (solitamente tre) si tengono sotto tiro a vicenda con delle armi, in modo che nessuno possa attaccare un avversario senza essere a propria volta attaccato. E’ in sostanza quello che sta avvenendo per la nuova governance della Fondazione Monte dei paschi di Siena.

Entro fine mese andrà approvato il bilancio 2021, ma soprattutto con questo atto si sancirà la conclusione del mandato della attuale deputazione amministratrice, presidente compreso. Tutto faceva presagire in un rinnovo del mandato di Carlo Rossi, ma lo scatto in avanti perpetrato da un paio di membri della deputazione generale (Andrea Erri, deputato nominato dall’Università per Stranieri e Franco Guerri, indicato dalla Curia) avrebbe creato uno “stato di crisi” che peraltro avrebbe coinvolto anche il rinnovo del presidente del collegio dei revisori Giacomo Brogi.

Per eleggere la nuova deputazione amministratrice, secondo lo Statuto, ci vogliono infatti almeno undici voti su quattordici della attuale deputazione generale. Con una differenza importante: l’attuale deputazione generale è “frutto” del post elezioni 2018 (quelle con De Mossi vincente) e i quattro membri indicati dal Comune sono dunque espressione dell’attuale maggioranza (sono salite a Palazzo Sansedoni nel 2021).

La deputazione amministratrice in scadenza è invece frutto (anche) della vecchia maggioranza Pd in Comune.

E qui arriva lo “stallo alla messicana”: i quattro deputati del Comune sono decisivi nella elezione del nuovo presidente, hanno in sostanza potere di veto, per cui da loro bisogna passare. E non solo per una motivazione “etica”, legata cioè al fatto che la Fondazione è a Siena e in qualche modo deve rappresentare anche l’amministrazione comunale, peraltro “padrona” di quattro deputati su quattordici.

Il resto dei deputati sono espressione di altri enti e istituzioni, parte dei quali a guida Pd e centrosinistra. Insomma serve un accordo che, al momento, non c’è: anche se sul tavolo, secondo i rumors, ci sarebbe la conferma di Rossi, la “salita” dalla deputazione generale alla amministratrice di Monica Barbafiera e Alessandro Manganelli e la nomina di Claudio Gasperini a presidente dei revisori.

Il resto delle nomine, naturalmente oltre a Rossi, sarebbe a marchio Pd-centrosinistra-istituzioni. Un compromesso che però coinvolgerebbe anche altre nomine e partecipate: mentre qualche anno fa i problemi erano tutti interni al Pd che governava dovunque (e c’erano dunque da accontentare “solo” le correnti interne), adesso la situazione è più complicata perché con il Comune bisogna trattare.

Per superare lo stallo e deporre le armi.

Irene Chiti
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