Il prefetto si trasferisce a Teramo, ma solo dopo aver assistito al Carnevale di Oristano. Suo padre Vittorio: ” Comprendere le tradizioni di un popolo è un ottimo modo per conoscerlo”

Nella giornata di venerdì il Ministero dell’Interno ha annunciato il trasferimento di sua Eccellenza Fabrizio Stelo dalla prefettura di Oristano a quella di Teramo. Gianni Ledda, presidente della Pro Loco di Oristano e direttore di SuperTv Oristano lo ha salutato con queste parole: “Il Prefetto di Oristano Fabrizio Stelo lascia la città – afferma Gianni Ledda -. La decisione è arrivata questa mattina dopo la riunione del Consiglio dei Ministri. Per tutti è stata una sorpresa, dopo che il Dott. Stelo aveva partecipato, negli ultimi giorni, a tutti i festeggiamenti del Carnevale oristanese, mostrando un sincero interesse per le tradizioni, la cultura e l’identità della città di Oristano. Il Prefetto Stelo ha fatto il possibile per essere sempre presente nei momenti più intimi del carnevale, che per Oristano significa, principalmente, Sartiglia“.

“In più di una occasione ha apprezzato l’impegno che gli organizzatori riversano verso il mondo dei più giovani, cioè quello della Sartigliedda. Lascia in tutti noi un buon ricordo, soprattutto per avere dimostrato una profonda conoscenza del territorio. Naturalmente, il suo ruolo istituzionale, lo ha portato a stare vicino a molte altre manifestazioni che si sono svolte fuori dal capoluogo, come Santu Lussurgiu e Marrubiu, dove si svolgono due importanti eventi collegati al carnevale. Presente in occasioni di eventi calamitosi, come gli incendi che nel 2021 avevano colpito il Montiferru, coordinando gli interventi di Vigili del fuoco e volontari”.

Le sensazioni di sua Eccellenza Fabrizio Stelo, ormai ex Prefetto di Oristano, sulla prima vera Sartiglia vissuta, sono racchiuse tutte nella dichiarazione ai microfoni di Aristanis Tv per Gianni Ledda “emozionato come un bambino”.

“Questa è stata la Sartiglia della ripartenza e la ripartenza della Sartiglia, giornate che hanno visto Oristano riempirsi di turisti all’inverosimile e tutta la comunità coinvolta in una vera e propria festa di popolo” Quali momenti porterà negli occhi?

Molti, moltissimi. Primo fra tutti la vestizione di Su Componidori ricca di attimi molto toccanti, il passaggio in cui viene cucita la maschera ed il cavaliere prende le sembianze del capo corsa, è un misto di sacro e profano capace di commuovere anche i laici. Nella Sartiglia è immediato trovare questa commistione che da senesi conosciamo bene. Non è ovviamente possibile fare un paragone tra una corsa dove c’è competizione ed una giostra, ma la sacralità vissuta dalla comunità in determinati momenti è la stessa e le emozioni diventano un racconto tangibile.

Era presente anche la sua famiglia, suo padre, Vittorio Stelo, intervistato durante la diretta, si è dichiarato incantato. Sono state giornate che pur negli impegni effettivi ed istituzionali, sono riuscito a ritagliare anche per viverle con la famiglia; le giornate di Sartiglia permettono di condividere una convivialità trasversale che attraversa tutte le fasce d’età. Sono giornate faticose ma che vale la pena di vivere. Lei ha avuto anche l’onore di mettere al petto dei cavalieri la stella d’argento

Si sono stato chiamato per consegnare la stella d’argento; questo momento , che ho vissuto come un privilegio, ha fatto si che la mia storia personale, la storia secolare della Sartiglia e l’esperienza di un cavaliere, che tanto si è allenato per quella stella, si fondessero.

Suo padre ha dichiarato che comprendere le tradizioni di un popolo è un ottimo modo per conoscerlo. Senza dubbio, per noi senesi forse è , se possibile, un poco più semplice, perché abbiamo la sensibilità per queste sconfinate narrazioni storiche e conosciamo bene una  forma di rispetto assoluto per le tradizioni, lo stesso che chiediamo per la nostra festa di popolo.

L’anno passato la Sartiglia era stata simbolica, quest’anno piena e reale. Vedere la corsa alla stella è emozionante, la bravura dei cavalieri, la preparazione per la corsa alla stella, le evoluzioni della pariglie, che hanno registrato il tutto esaurito, in cui si vedono figure che umanamente sembrano impossibili. La maestria delle amazzoni, brave e valorose come i cavalieri.

La straordinaria bellezza dei costumi, dalle massaieddas* a quelli dei cavalieri. Le arti che una  tradizione come la Sartiglia permette di perpetrare e tramandare, il cucito, le maschere, le rosette, la forgiatura dei cavalli. Un mondo bellissimo, che celebra una festa ancestrale come il carnevale e che, se possibile, sottolinea un senso di appartenenza alle tradizioni di questa isola, così forte e vero.

Lei è stato anche a Santu Lussurgiu per Sa’ Carrela e ‘Nati**. Un altro mondo, una celebrazione del carnevale totalmente differente dove la maestria del cavalcare, che in Sardegna è un’arte, esplode in una festa differente, perché il modo dii parigliare della Sartiglia non va confuso con Sa Carrela. Anche lì, un  paese in festa, le case aperte, l’ospitalità ed un altro particolare che ci accomuna, feste e riti dove ognuno sa esattamente cosa fare e in che momento farlo, luoghi dell’anima dove ognuno ha il proprio posto .

Poche le stelle, è stata una giostra velata da qualche malcontento. E’ stata Sartiglia dopo due anni, noi per primi a Siena abbiamo pagato lo scotto post covid, alcuni meccanismi possono un poco arrugginirsi. In più, vivendola, ho capito che anche nella Sartiglia c’è un elemento imprescindibile, che non deve mancare, la fortuna.

Il voto alla sua prima Sartiglia?

Dieci.

Attrus annus mellus?

Deo bollat.

*Massaieddas è il diminutivo di Massaia, che si può tradurre come “Donna di casa”.
È un termine che arriva dal gergo contadino e, con riferimento alla Sartiglia, esiste “Sa Massaia manna”, cioè la “Prima donna” (anche se il termine “manna”, tradotto, vuol dire grande, ma non sarebbe giusto dire “la grande donna”.
La si indica come colei che, nelle case agricole, disponeva l’ordine e il controllo della casa.
In parte, il termine, ha a che fare con una società matriarcale, tipica del mondo agropastorale sardo.

**Sa Carrela e’ Nanti, Santu Lussurgiu, è semplicemente la via dove si svolge la corsa del carnevale.
Tradotto significa “la strada davanti”.
I lussurgesi usavano chiamare le strade in base all’ubicazione all’interno del centro abitato.
Quella strada, in passato, doveva essere una delle principali, per cui veniva chiamata “Carrela e’nanti”, semplicemente “strada davanti”.
Col tempo la corsa ha preso il nome della strada

(Note a cura di Gianni Ledda, immagini di Antonio Cinotti)

Eleonora Mainò
Nata sotto il segno dei pesci. Narratrice di storie di polvere e provincia e uomini di cavalli. "L'aria del paradiso è quella che soffia tra le orecchie di un cavallo" ( proverbio arabo)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui