Fra deforestazione, scarsa eticità del mercato ed emissioni di Co2, la cioccolata sembra perdere il suo dolce sapore.
L’amara storia delle uova di Pasqua è la storia di come, nel tempo, ci siamo abituati a comprare questi prodotti e a regalarli la Domenica della Resurrezione, un po’ come i regali sotto l’albero per Natale. Ma è anche la storia di come le nostre scelte alimentari – quelle della parte più benestante del mondo –impattino in modo devastante sul mondo stesso.
L’uovo di Pasqua è un prodotto affascinante, colorato, luminoso, con una sorpresa dentro; piace a grandi e piccini, e ce ne sono tante tipologie quanti sono i palati raffinati da dover ammaliare. Molte associazioni No Profit approfittano della tradizione per mettere in vendita uova solidali e autofinanziarsi, e i grossi ciuffi di plastica lucida colorata si fanno spazio nelle vetrine delle città.
Qual è il problema? La plastica usata per chiudere l’uovo, quella per contenere il regalino dentro? Si, ma non solo. Quello su cui si deve prestare attenzione è l’impatto ambientale della produzione stessa delle uova di cioccolato. Normalmente si tende a sottovalutare l’impatto dei generi alimentari perché, banalmente, li mangiamo, e non abbiamo neanche il problema di smaltirli come rifiuti, ma la produzione di cioccolata ha un impatto disastroso sul nostro pianeta.
Secondo il report “Zucchero e Cacao, due storie amare” di WWF, il 73% della deforestazione imperante sul globo – che causa annualmente il 20% delle emissioni di gas serra – è dovuto all’espansione dei terreni agricoli e gran parte di questa si può ricondurre alla coltivazione di cacao e zucchero. Alcuni Paesi, come Brasile, Argentina, Ghana e Costa d’avorio sono diventati l’orticello in cui produrre in modo estensivo, danneggiando l’ambiente, la biodiversità e l’habitat di questi territori. Senza contare che quasi la metà dei raccolti di cacao proviene da fonti illegali, o soggiace a logiche di mercato predatorie che lasciano il piccolo agricoltore nella povertà.
Sarebbe troppo difficile dire, “basta uova di Pasqua” – ma è l’unica cosa giusta da fare -, per cui posso limitarmi a far conoscere l’attività di Chocolate Collective, un collettivo di 20 Ong, che ha valutato il miglior cioccolato in commercio, in termini di eticità e sostenibilità, riuscendo a coprire circa il 90% dei prodotti sul mercato. Il migliore, dei prodotti commerciati anche in Italia, sembra essere il caro vecchio cioccolato Ferrero, che però ha i suoi limiti in termini di eticità e sostenibilità, come già evidenziato a proposito della coltivazione intensiva di nocciole.
Viene quindi da dire, ma non è meglio optare per il caro vecchio corollo di Pasqua con un po’ di vin santo?