Il premier resta in carica per gli affari correnti: “Avanti nei limiti del perimetro che è stato disegnato, rimettiamoci al lavoro”, dice ai ministri
Alla fine dalla crisi si è risolta con le elezioni anticipate. Dopo le dimissioni di Mario Draghi e lo scioglimento delle Camere, è stata decisa la data in cui gli italiani saranno richiamati alle urne: il 25 settembre.
Dopo la crisi di governo, le dimissioni di Mario Draghi e lo scioglimento delle Camere da parte di Sergio Mattarella, la legislatura finirà prima del previsto e si andrà a elezioni anticipate in autunno. La data è stata individuata dopo che sia la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, che quello della Camera, Roberto Fico, si sono recati al Quirinale dal Capo dello Stato. In seguito si è anche riunito il Consiglio dei ministri. Il perimetro delle tempistiche è comunque delineato dalla Costituzione, in cui si legge che le elezioni devono venire celebrate entro 70 giorni dal momento in cui le Camere sono state sciolte.
L’insediamento delle nuove Camere e la formazione del nuovo governo
Le tempistiche per l’insediamento delle nuove Camere e per la nascita del nuovo governo saranno lunghi. Nella migliore delle ipotesi il nuovo esecutivo si potrebbe avere per la fine di ottobre. È sempre l’articolo 61 della Costituzione a definire i tempi: la prima riunione delle Camere rinnovate, infatti, deve avvenire non oltre il ventesimo giorno dalla celebrazione delle elezioni. In quel lasso di tempo il presidente della Repubblica deve aprire le consultazioni per sondare la nuova maggioranza. E, una volta, delineata, assegnare l’incarico di formare il governo da questa sostenuto.
Cosa cambierà alle prossime elezioni con la riduzione del numero di deputati e senatori?
Quando gli italiani, dopo l’estate, saranno chiamati alle urne per eleggere parlamentari e senatori lo faranno con una novità: la riduzione del numero di deputati e senatori, approvata con referendum a settembre del 2020.
Dai 630 eletti alla Camera si passerà a 400 e dai 315 del Senato a 200 senatori. Questo significa collegi più grandi – 148 per la Camera e 74 per il Senato che potrebbero indebolire il legame tra parlamento e il proprio territorio.
Gli eletti sono meno e quindi i partiti saranno costretti a fare attente valutazioni nella composizione delle liste.