Il sindaco di Siena torna sulla questione Monte dei paschi

Il sindaco di Siena Luigi De Mossi torna sulla questione Monte dei Paschi dopo la lettera che ha inviato al governo Draghi.

“Nessuna risposta, ma noi insistiamo e insisteremo”. Così il primo cittadino. “Non abbiamo ricevuto nessuna risposta – sottolinea De Mossi -, non abbiamo avuto riscontri. Se non ci rispondono, busseremo nuovamente, come spesso si deve fare. Come si dice ‘domandare è lecito e rispondere è cortesia’. Con educazione e con rispetto, forse non avranno avuto il tempo di leggere la mia lettera, non me ne adonto, ma allo stesso tempo chiedere è lecito. Sono convinto che il governo e Draghi siano persone cortesi. Arriverà prima o poi una risposta. Se ci fossero troppo impegni molto gravosi, sono convinto che a forza di insistere una risposta prima o poi arriverà”.

Nella lettera De Mossi ha chiesto lumi sulle intenzioni del governo, azionista principale della banca con il 64 per cento delle azioni in mano al Mef, in relazione anche alle voci che continuano a svilupparsi su Rocca Salimbeni: dalle fusioni allo “spezzatino”. Il primo cittadino ha ribadito anche le priorità per il territorio (tutela del marchio, radicamento, tutela dell’occupazione), del resto enunciate anche nell’incontro (ormai lontano) del 28 dicembre scorso, quando i rappresentanti delle istituzioni senesi furono ricevuti dagli allora rappresentanti del governo (premier era Giuseppe Conte). Da allora, nessuna novità. Per questo il sindaco ha preso carta e penna e rotto gli indugi. La missiva è stata “sottoscritta”, almeno informalmente, anche dalla Fondazione Monte dei paschi che ha plaudito all’iniziativa con le parole del presidente Carlo Rossi: “Iniziativa giusta e opportuna”. De Mossi ha aperto anche a “valutare ipotesi transattive sulle pendenze legali”.

Il riferimento è stato dunque pure alla lettera che la Fondazione Monte dei paschi ha inviato a Rocca Salimbeni, ribadendo che sostanzialmente la banca viene ritenuta responsabile di danni causati alla stessa Fondazione per gli aumenti di capitale pregressi e che sono quantificabili in 3,8 miliardi di euro di risarcimento. Lettera necessaria, peraltro, per bloccare i tempi della prescrizione. Il risarcimento quantificato è stato infatti inserito dalla banca Mps nella cifra (attorno ai dieci miliardi di euro) delle azioni legali, come si evince anche dai dati emersi dall’ultima trimestrale. Da questa cifra andrebbero al momento tolti 450 milioni di euro, secondo la sentenza di primo grado del tribunale delle imprese di Milano che ha dato ragione a Rocca Salimbeni nella causa (appunto da 450 milioni di euro) relativa al fondo Alken. 

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