Ne hanno parlato al Festival della Salute di Siena due grandi personaggi del mondo sportivo, il professor Pietro Benelli e Mauro Berruto, ex CT della Nazionale Italiana di Volley

Quando si parla di salute molto spesso si pensa solo ed esclusivamente all’ambiente sanitario. Quello degli ospedali, delle cure e della prevenzione attraverso la Medicina, trascurando il fatto che uno dei metodi più semplici ed efficaci per fare prevenzione può essere semplicemente il movimento.

Ne hanno parlato oggi, al Festival della Salute di Siena, due grandi personaggi del Mondo sportivo, come il professor Piero Benelli, ex pentatleta e medico sociale della Nazionale Italiana di Volley e della Vuelle Pesaro di Basket, oltre che direttore sanitario della clinica Fisioclinics di Pesaro e Mauro Berruto, ex CT della Nazionale Italiana di Volley e formatore manageriale.

L’argomento è: la cultura del movimento. “E’ la parte sommersa di quell’iceberg gigantesco che si chiama Sport – esordisce l’ex CT di Italvolley – che ha una parte visibile rappresentata dall’ambito professionistico ed agonistico ai massimi livelli, ma che ha due terzi della massa nel sommerso del movimento di base, fatto da atleti, dirigenti, tecnici e volontari. Mi piace riferirmi a loro parlando di cultura del movimento.

Di quelle 99 persone su 100 che non diverranno mai dei campioni, ma che grazie allo sport possono diventare cittadini migliori, più rispettosi delle regole e soprattutto più sani.

Perché la cultura del movimento è prima di tutto un gigantesco investimento generatore di risparmio del sistema sanitario nazionale, contribuendo a contenere i costi generati da altre pandemie, come le malattie cardiovascolari, il diabete, l’obesità”.

“Ci sono tantissimi studi che quantificano il risparmio in termini di costi sanitari e sociali facendo fare movimento alle persone – incalza il Professor Piero Benelli .- Però l’altra faccia della medaglia è rappresentata da una difficoltà della politica di mettere in pratica queste situazioni.

Stiamo vivendo un momento storico in cui ci sono restrizioni per fare attività motoria. Per i ragazzi lo sport è come la scuola. Hanno bisogno di fare sport. La loro cultura nasce dall’andare a scuola ma anche dall’imparare a muoversi.

Dobbiamo creare percorsi per far fare sport alle persone, specialmente nella fase evolutiva, magari riappropriandoci degli spazi esterni, in un contesto in cui il movimento non può essere più considerato di serie B rispetto ad altre cose”. 

Ma come si fa a “motivare” le persone a fare sport? “Se il nostro paese crede nello sport – risponde Berruto – allora la cultura dello Sport deve diventare essenziale e facilmente accessibile e sostenibile. Abbiamo la fortuna nel nostro paese di avere tanti punti forza da poter sfruttare rispetto ad altri. Concentriamoci su questi.

Creiamo percorsi dove si possa fare attività e riscoprire le enormi bellezze del nostro paese.

Tutto questo valeva anche prima, ma a maggior ragione adesso che molti luoghi dello sport devono restare chiusi. Chissà che questa situazione non possa essere un’occasione per ridisegnare il paesaggio delle nostre città”. 

Ma la cultura in generale si dovrebbe insegnare nelle scuole, laddove invece ancora oggi lo sport continua ad essere considerato meno importante rispetto ad altre discipline. “

Si è ormai insostenibile e contro la letteratura scientifica che la scuola primaria rifiuti ancora l’idea che l’educazione motoria non abbia la stessa dignità delle altre discipline – conclude Berruto -. Alla scuola primaria si va principalmente per appassionarsi alle varie discipline, come la matematica, la storia o la geografia e tra queste deve esserci anche lo sport”.  

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