Una riflessione sull’inserimento di nomi come quello di Davide Vecchi e dell’avvocato Massimo Rossi nella lista dei consulenti della commissione d’inchiesta

La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di David Rossi ha affidato nuove perizie tecniche. I dettagli saranno illustrati oggi in conferenza stampa, ma si sa già che al Reparto investigazioni scientifiche del Racis dei Carabinieri è stato chiesto di ricostruire la dinamica della caduta di Rossi dalla finestra che dovrebbe essere simulata con un manichino antropomorfo, oltre a nuove analisi dei video disponibili e ulteriori accertamenti tecnici, mentre nuovi contributi arriveranno dal Reparto tecnologie informatiche del Racis e dal Reparto indagini tecniche del Ros dei carabinieri che eseguirà, invece, accertamenti su tabulati e utenze telefoniche.

Niente di strano: la Commissione può avvalersi di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, nonché della collaborazione di soggetti esterni che, come prevede il regolamento, abbiano “riconosciuta indipendenza e comprovata competenza ed esperienze nelle materie di interesse”. Esperti, insomma a cui chiedere consulenze e pareri tecnici.

Nella lista di questi consulenti, tuttavia ci sono almeno un paio di nomi che saltano all’occhio: quelli dell’avvocato Massimo Rossi e del giornalista e attuale direttore del Corriere dell’Umbria (e delle altre edizioni, Siena compresa), Davide Vecchi. Senza volere entrare nel merito delle “competenze” che evidentemente agli occhi della Commissione esistono, qualche dubbio lo si può sollevare sulla loro “indipendenza”, intesa anche come neutralità o imparzialità rispetto al caso di cui si discute.

L’avvocato Rossi, ad esempio, è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Genova per diffamazione ai danni dei magistrati senesi contro cui si era scagliato con alcuni post su Facebook proprio in relazione alla morte dell’ex manager di MPS. È stato, inoltre, il legale di William Renan Vilanova Correa, il ventiseienne brasiliano condannato per l’uccisione di una giovane prostituta nel marzo 2013, che a un certo punto alcune trasmissioni tv hanno messo in relazione proprio con la vicenda Rossi (senza, per altro, alcun riscontro), nonché di Massimo De Luca il “super testimone” sui presunti festini messo in campo dalla trasmissione Quarto Grado.

L’onorevole Luca Migliorino, uno dei componenti della commissione d’inchiesta

Per quanto riguarda Vecchi – già audito dalla Commissione nei mesi scorsi e che sul caso ha scritto un libro,“Il caso Davi Rossi. Il suicidio imperfetto del manager MPS” – anche lui non ha mai fatto mistero di quale sia la sua posizione sulla vicenda e, soprattutto non ha mai risparmiato le critiche alle indagini condotte dalla magistratura senese. Quella stessa Procura di Siena che lo mise sotto inchiesta, accusandolo insieme ad Antonella Tognazzi, di violazione della privacy per la pubblicazione su Il Fatto Quotidiano dell’ormai noto scambio di mail tra Rossi e l’allora ad della banca, Fabrizio Viola (sono poi stati assolti entrambi “perché il fatto non sussiste”).

Sia per l’avvocato Rossi che per Vecchi, insomma, sembra difficile attestare una “imparzialità” rispetto a questa vicenda; a questo si aggiunge il dubbio sulla opportunità di dare a un giornalista accesso a tutti gli atti della Commissione compresi quelli secretati, come l’audizione della settimana scorsa.

Proprio sulla nomina di Vecchi tra i super consulenti, tra l’altro, si sarebbe consumata anche forzatura politica. Di fronte ai dubbi sollevati da alcuni parlamentari componenti della Commissione sulla effettiva competenza e sull’indipendenza necessaria a ricoprire quell’incarico, la maggioranza trainata da FdI e M5S avrebbe tirato dritto: una irritualità nel metodo, giacché è prassi che le Commissioni procedano all’unanimità. 

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