Per ricordare questa importante ricorrenza si terrà una visita straordinaria delle catacombe dove è stata ritrovata la lapide di Lucius Petronius Dexter, il più antico vescovo della città morto nel 322

Il prossimo 10 dicembre sarà una data importante per la città di Chiusi e per tutta la Diocesi che ricorderanno il più antico vescovo della città, Lucius Petronius Dexter, morto il 10 dicembre del 322 D.C
Nel corso dell’800, durante una stagione fortunata di ricerche all’interno della Catacomba di Santa Mustiola, che si trova appunto a Chiusi, fu fatta una scoperta importante. Nella zona ora detta della basilichetta, un ambiente un po’ più monumentale posto a ridosso dell’ingresso antico, è stato infatti ritrovata in frammenti la lapide di Lucius Petronius Dexter, morto il 10 dicembre del 322. La lapide è estremamente significativa proprio perché dà un’indicazione cronologica precisissima, grazie ai nomi dei due consoli romani del 322 e perché ci attesta il rango di “episcopo”, cioè vescovo, di questo personaggio. Questa scoperta ci racconta quindi di una Diocesi estremamente antica, che si attesta nel territorio in maniera importante, e che in qualche modo poteva contare su un clero stabile, complesso, testimoniato di nuovo da altre iscrizioni, che ci danno tracce di esorcisti, presbiteri e diaconi. Per ricordare questa importante ricorrenza il 10 dicembre 2022 alle ore 14,30 si terrà una visita straordinaria delle catacombe.

Un segno importante per la città – spiega il card. Augusto Paolo Lojudice, vescovo di Montepulciano-Chiusi- Pienza – che dimostra come le radici cristiane di questo territorio siano profonde e antichissime. Non possiamo guardare al futuro senza partire dal nostro passato, dalle nostre tradizioni. La nostra Chiesa si fonda sulla testimonianza del vescovo Lucius Petronius Dexter e di tutti coloro che nel corso dei secoli hanno, con la loro vita, professato il Vangelo. Oggi la nostra responsabilità sta nel raccogliere e rilanciare questo grande patrimonio di spiritualità e cultura”.

“La città e il suo territorio – spiega prof. Matteo Braconi, docente di archeologia cristiana presso l’Università degli Studi di Roma Tre – mostrano tracce di cristianità estremamente precoci, anche se confrontate con il resto del territorio. A Chiusi c’è infatti anche un altro contesto ipogeo, che forse un po’ impropriamente definiamo catacombale, che è quello detto di Santa Caterina. Qui non abbiamo tracce di un culto, di una devozione, ma anzi questo cimitero mostra delle tracce di fruizione potremmo dire mista, dove i cristiani e personaggi non così schiettamente convertiti alla nuova religione convivono insieme, in un momento precoce come poteva essere il III secolo. A santa Mustiola, invece, le testimonianze di un culto sono altrettanto antiche, di nuovo testimoniate da un testo iscritto, in cui una defunta si definisce “Ex genere mustiolae”, cioè appartenente alla stessa famiglia della martire. È una testimonianza estremamente significativa, che per giunta convive con una fonte autorevole del V secolo, cioè il Martirologio geronimiano, che menziona ancora la martire. Quindi c’è questa doppia realtà che vive in uno spazio anche piuttosto ristretto, rispetto a quello che conosciamo noi oggi”.

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