arte urbana

“Sono indecorose”, “All’Amministrazione comunale non piacciono”, “Dovrebbero commissionare il palazzo”. Queste sono solo alcune delle affermazioni più indignate, le più severe suscitate dall’installazione abusiva di cui stanno parlando tutti a Poggibonsi. A destare tanto scalpore sono piccole piastrelle bianche, quelle del bagno per intendersi, attaccate per le vie del centro e sulle quali è stato applicato con uno stencil il disegno di una vagina. Nel comune valdelsano ce n’erano cinque in totale. Due volte è stato richiesto l’intervento della Polizia Municipale. Due volte sono state staccate per proteggerle e poi nuovamente esposte, grazie alla premura di alcuni commercianti che ne hanno capito il valore. Al momento ne restano tre.

Sono state realizzate ben prima del lockdown e anche in altre città della Toscana, ma nessuno sembrava averle notate fino alla scorsa settimana, quando l’hashtag #vagineurbane le ha rese virali sui social, scatenando tutti i tipi di commenti e di reazioni.

«Questo è solo l’inizio», mi ha assicurato l’autrice, che preferisce restare anonima. L’ho incontrata alcuni giorni fa per un aperitivo, che poi è diventato una cena e che si è trasformato in una lunga chiacchierata dopo cena. Non avevo idea di chi fosse, né di quale aspetto avesse, ma ero certa che si sarebbe trattato di una donna. È una donna, questo lo posso dire.

Appena si è presentata mi ha chiesto, prima di qualunque altra cosa, di farmi una domanda: «Tu che ne pensi?». Colta un po’ alla sprovvista, ho rimbrattato qualcosa sul fatto che mi piacciono, e lo penso sul serio, che trovo interessante la discussione che ne è nata intorno, che credo che significhi che dobbiamo (noi donne, s’intende) riprendersi gli spazi, o qualcosa del genere. «Per me è importante che si capisca il messaggio di quello che ho fatto – ha detto – e ho bisogno di sapere che posso raccontartelo. Questo è solo l’inizio. Dietro non c’è soltanto un contenuto femminista, perché quella rappresentata non è soltanto una vagina, ma è l’origine di qualunque perbenista del mondo. Perché lo devo nascondere?».

L’artista delle #vagineurbane ha già esposto le sue opere in passato, non posso dire dove. Molti in questi giorni l’hanno definita street artist, ma lei non è una writer né una graffittara. È una donna come un’altra, questo posso dirlo, potrebbe tranquillamente essere la donna della porta accanto, che cerca di esprimersi in quanto tale. Se qualcuno ha pensato che si trattasse di una bravata, o del gesto incosciente di qualche giovincello o giovincella senza criterio, si è sbagliato di grosso. L’idea delle #vagineurbane, invece, è ben precisa, non nasce a caso ed è la conseguenza di un’esigenza artistica reale.

Tutto è cominciato alla fine dell’anno scorso, quando c’è stato quello che lei stessa ha definito “il punto di rottura”, un episodio che l’ha condizionata al punto da generare il senso di necessità e di libertà che hanno portato all’installazione. «C’è sempre un punto di rottura in ogni affermazione», ha detto. La parola affermazione ricorre più volte nelle sue parole: acquisire valore, credibilità, importanza e dichiarare al mondo ciò che si è.

Non solo commenti negativi. Accanto alle parole di sdegno e disapprovazione di qualcuno, c’è anche chi dietro alle #vagineurbane ha visto dell’altro, un messaggio trasversale, leggibile, concreto, che parla a tutti, non solo alle donne. «Mi ha fatto piacere leggere alcune parole, senti di non essere fraintesa e di non essere sola. Senti di dire qualcosa di importante anche per gli altri», ha spiegato.

Perché proprio una vagina? «Due tette avrebbero trasmesso un messaggio molto più debole, non sarebbero state così provocatorie – ha precisato -, si vedono ovunque. Vengono disegnati peni dappertutto, perché non può essere rappresentata una vagina? Volevo che le piastrelle fossero accolte dalla strada e dalla città, portare la mia arte sotto gli occhi degli altri. C’è bisogno ancora di provocare per farsi vedere. Questa cosa è nata come una provocazione ed è stata malvista da alcuni, ma non credo che le persone dovrebbero scandalizzarsi, credo invece che dovrebbero pensare».

«Sono una donna che ha qualcosa da dire e non ho altro modo di esprimermi se non attraverso l’arte, questo è il mio linguaggio – ha aggiunto l’artista -. Non pensavo davvero che ci sarebbe stato questo scandalo, volevo soltanto che si vedessero, che qualcuno se ne accorgesse e dicesse “Uh, guarda! Esistono anche le vagine!”, magari facendosi qualche domanda».

Abbiamo parlato di arte in generale. Le piacciono i cantautori italiani, in particolare De Gregori, Ciampi e Gaber. Mi ha raccontato della sua formazione artistica e di chi l’ha influenzata. Non mancano i riferimenti a Keith Haring e all’Origine del mondo di Gustave Courbet, ma le brillano gli occhi quando parla delle opere di Luise Bourgeois.

Abbiamo fatto un lungo elenco di tutte le situazioni che mettono a disagio noi donne per prime col proprio corpo e in particolare con la vagina: il sesso, la masturbazione, fare la pipì o le mestruazioni, che nel 2020 sembrano ancora qualcosa di cui vergognarsi. «Non ci dobbiamo vergognare di essere quelle che creeranno la futura generazione», ha commentato.

VIAhttps://www.gazzettadisiena.it/vagine-urbane-poggibonsi

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