Storie di un calcio piccolo: la rubrica settimanale di Riccardo Lorenzetti

Comincia tutto con un gettone telefonico.
Quello che il Signor Luigi Romei, della federazione di Lucca, lancia in aria per decidere chi debba salire in seconda categoria dopo che lo spareggio (al termine dei tempi supplementari) non ha voluto saperne di schiodarsi dallo zero a zero.
Non esiste ancora la cosiddetta ”lotteria dei rigori”, ed il lancio della monetina è un’ordalia discutibile ma insindacabile.
Le squadre in questione sono il Bettolle e l’US Torrita: lo stadio è il Carlo Angeletti di Sinalunga e il giorno è il 24 giugno 1974… La monetina cade dalla parte che ha scelto Carlo Salvini, ed è la Tempora di Antonio Monguzzi ad ottenere una promozione che oggi potrebbe sembrare discutibile ma che nella logica dell’epoca non fa una piega… Con lo stesso metodo, infatti, l’Italia aveva battuto l’URSS nella semifinale dell’Europeo di sei anni prima.

E sarà proprio con quell’innocuo gettone che passerà alla storia (come scrive Massimo Tavanti nel suo libro) quella partita: e la leggenda nera dello stregone che i Torritesi “ingaggiano” per lanciare ogni genere di anatemi contro gli odiati avversari.
E che poi, di fronte alla loro inefficacia, si giustificherà in maniera a dir poco disarmante: “Mi dispiace, ma il Bettolle ha le maglie rosse. E né io, né gli spiriti eterni che mi accompagnano, abbiamo la forza di combattere con il colore rosso”.
A Torrita si guardano allibiti, mentre a Bettolle se la ridono: “Siamo più forti del malocchio”.
E intanto, sono loro a sbarcare in seconda categoria.

La storia si ripete qualche anno dopo, nel celebre “campionato harakiri”, che tuttora ricorre negli incubi degli sportivi torritesi di buona memoria.
E’ il 1978, e l’US ha finalmente la squadra giusta per la scalata alla prima categoria, con il maestro Carlo Chiezzi in panchina e il giovane Loris Beoni (da Arezzo) a dirigere il centrocampo.
Talmente forte, quella squadra, che gli avversari ne restano prima sorpresi e poi annichiliti, e il Torrita gira a Capodanno con lo sproposito di dodici punti di vantaggio sulla seconda in classifica… Che è ancora, guarda un pò l’ineffabile-irriducibile-immancabile Tempora Bettolle, che al solo nominarla mette i brividi lungo la schiena.
Sembra una marcia trionfale, ma si trasformerà in uno dei più spettacolari atti di autolesionismo mai visti nel nostro calcio… Perché il Torrita, a un certo punto, smette di vincere e si pianta come un cavallo bizzoso; ma il vantaggio è talmente cospicuo da mantenere ancora (all’ultima giornata) due punti di vantaggio sul Bettolle che sta rinvenendo fortissimo. Basterà dunque un tranquillo pareggio a Sorano per vincere il più comodo dei campionati, e invece il diavolo ci mette la coda.
Il Bettolle regola, da copione, il Montalcino che è arrivato in Valdichiana con il costume e le infradito, mentre tra Sorano e Torrita è battaglia vera, e succede l’imponderabile… Sul 2-2, a dieci dal termine, qualche anima bella perde la brocca e si scatena una rissa da cinematografo, molto simile a quelle con Bud Spencer e Terence Hill, che vanno tanto di moda.
L’arbitro si guarda intorno atterrito, e fischia la fine in netto anticipo: il giudice sportivo, tre giorni dopo, ratifica la beffa del secolo e decreterà la partita persa per entrambe… Con l’incredibile epilogo di un Bettolle che così può raggiungere il Torrita, a 44 punti.
Lo scandalo è colossale, scoppia una guerra legale che si trascina per tutta l’estate, ma la Federazione tiene duro: a questo punto, lo spareggio è inevitabile. E si giocherà a Cortona il 23 luglio 1978, quando l’Italia intera è ormai sotto gli ombrelloni.
E continua la maledizione della squadra azzurra: anziché la monetina, stavolta, ci mettono le mani Vittorio Marchi e Claudione Becherini, che perlomeno sono due grandi calciatori. Ma nella sostanza finisce allo stesso modo di cinque anni prima, senza il corollario di maghi, o incantesimi.
“Il calcio è quello sport dove si rincorre un pallone per novanta minuti e alla fine vincono i Tedeschi”, disse una volta Gary Lineker.
Togliete i Tedeschi, metteteci i Bettollini ed avrete lo stato d’animo degli sportivi di Torrita nella lontana estate del 1978: che prendono nuovamente cappello mentre nelle spiagge si canta “Sara, svegliati è primavera” e “Liù” degli Alunni del Sole stravince il Festivalbar.

Lo smacco subito è uno schiaffo in piena faccia, e lascia il segno: niente è più mortale, nello sport, di queste partite alla “vincere o morire”, che possono lasciare segni profondissimi… Una botta del genere, vent’anni dopo, sarà fatale alla gloriosa Virtus Chianciano, che arriverà addirittura a chiudere i battenti.
Torrita, invece, barcolla ma non molla.
Che sia un paese litigioso e fin troppo polemico, lo può ben vedere dallo spirito che anima le contrade che da quelle parti (caso abbastanza unico) sono una roba seria. Ma Torrita è anche una comunità capace di grandi risorse e di energie insospettabili, e infatti già si lavora, sottotraccia, per l’incredibile “stagione del riscatto”, che arriverà nel 1983-84.

Non fatevi ingannare dal fatto che sia un calcio di “terza categoria”.
La terza categoria, negli anni ottanta, è un affare serio, e una roba tostissima: campionato a sedici, qualità media discreta, squadre di grandi tradizione e, soprattutto, trasferte durissime. Ogni domenica, un Monte Everest da scalare, senza ossigeno e con uno zaino pesante sulle spalle.
Il fattore campo assume, infatti, un’importanza decisiva e spesso drammatica, e non c’è trasferta che non richieda una dose di coraggio, di incoscienza ed un bel pugnale tra i denti.
Ebbene… Il Torrita si troverà a giocare (e a vincere) un campionato del genere giocando sempre… In trasferta. Mentre la rivale più agguerrita, che gli contenderà il titolo fino allo spasimo, si chiama l’Olimpic Sarteano
E sappiamo che l’Olimpic Sarteano, in quegli anni, non perde praticamente mai. Soprattutto in casa.

Ma andiamo per ordine, e diciamo subito che nel 1983-84 la Terza categoria è un campionato “modello Atletico Bilbao”; con tutte le migliori che buttano nel secchio la dilagante esterofilia e decidono di allestire squadre tutte “indigene”. E vanno controcorrente, in un’epoca storica dove il calciatore che viene “da fuori” ha ormai preso piede, ed è la moda del momento.
Il Sarteano è un blocco granitico e cattivissimo: se c’è una squadra che non vorreste mai incontrare di notte, beh… Garantito che quella è proprio l’Olimpic di Fausto Lorenzini. Che nel 1983 è all’apice della sua sinistra fama, e sembra un mix tra il Wimbledon di Vinnie Jones e certe squadre uruguaiane che fanno il bello e il cattivo tempo in Coppa Libertadores. Il pubblico, invece, è qualcosa che ricorda molto da vicino gli stadi balcanici: Panathinaikos o Stella Rossa, tanto per darvi un’idea.
Ma detta così, si rischia di sminuirne fin troppo i contenuti, che sono invece assoluti; perché l’Olimpic ha, intanto, un signor centrocampo, con Angelo Beligni, il Mulo Argentini e soprattutto il fenomenale Mauro Morgantini, che è la mezzala più completa del decennio. E davanti Stefano Bianchi e (soprattutto) Valerio Rossi formano la miglior coppia-gol del campionato.

Nel frattempo, però, è nato anche il “Torrita dei Torritesi”: una squadra sorprendentemente costruita con tutti ragazzi del posto, e pronta ad esplodere come una bomba sul campionato che si va ad aprire.
Le incognite, a dire il vero, sono parecchie. Molte più delle certezze, a cominciare dall’età media che sembra fin da subito un pò troppo bassa.
In più, ci si mette anche il servizio di leva, che negli anni ottanta è obbligatorio, e decapita la rosa di quattro elementi decisivi come Bonomei, Virgili, “Pitisse” Falciani e Alfredo “Cacio” Capitani.
Qualcuno guarda quelli che restano, e scrolla la testa… “Bravi saranno bravi –si dice- ma sono poco più che ragazzi”.
In porta, Paolo Giannini, che è un Federico Marini in anticipo di quarant’anni: difesa con Nico Beligni e Remo Renzini sugli esterni e una coppia centrale fantastica. Luca Spadacci è un tipo freddo e carismatico, che ha classe certa e le stimmate del capitano vero, Massimo Bazzoni è un armadio a quattro ante che ha senso della posizione ed è pressochè imbattibile sulle palle alte. Ci sarebbe anche Giancarlo Bianconi, da Abbadia, che si porta dietro il promettente Adriano Mazzolai: poi, partirà militare anche lui.
A centrocampo, la misura di Michele Mazzeo e gli estri di Marcello Goracci, che gioca una stagione pazzesca. Davanti, Brunero Massi ma soprattutto Maurizio Roghi, che di quell’US Torrita sarà l’autentico valore aggiunto.
Maurizio, nel 1983, ha appena compiuto ventun’anni: ha la stazza di una portaerei, la potenza di una corazzata e la strafottenza di un Guardiamarina inglese. E’ un calciatore che non si è mai visto (e probabilmente non si vedrà mai più) in tutta la storia del nostro calcio, con un destro omicida che lo colloca tra i più fenomenali bombardieri di sempre: raccontano di quando lo invitano ad un calcetto a Castiglion Fiorentino, e al primo calcio di rigore, ecco che fa esplodere il pallone. Poi gli tocca una punizione dal limite, e spedisce il portiere al Pronto Soccorso. Alla terza occasione, fracassa definitivamente la porta, e decidono di sospendere il torneo.
L’allenatore è Guido Mencarelli, “Il Professore”, che però ha esperienza solo di settore giovanile. E infine il Presidente, che invece è il più ottimista di tutti… Si chiama Giuliano Bambini, commercia in caminetti e potrebbe fare l’attore, perché ha l’aria un po’ gaglioffa di Jean Paul Belmondo, e la risata ruffiana di Ninetto Davoli.

Il Torrita gioca la prima amichevole con il Montefollonico, che fa gli amatoriali Uisp, ed è uno strazio assoluto.
A fine partita chiedono un parere al grande Giulianone Marcocci, che scuote la testa: “La squadra sarebbe buona, ma ha il latte tra i denti. E la terza categoria è un campionato di brutta gente, che non aspetta altro di farne un sol boccone.”.
Ma anche il vecchio maestro, stavolta, non ci ha visto giusto.

Si parte, e succede che il giovane, irriverente Torrita prenda sorprendentemente la testa, insieme al Sarteano che ovviamente non perde un colpo: alla terza arriva il Petroio, che ha in Bartoli-Benedetti (37 anni in due) la coppia gol più promettente del girone. Ma Roghi e Massi sono in formissima, e ne fanno strame: 4-1, e autostima che va ai diecimila.
Troppo bello per essere vero, perché alla quarta si sale a Castiglion d’Orcia, ed è la classica partita stregata: picchia e mena davanti al portiere amaranto, ma la palla non vuole saperne di entrare… Poi, all’88’,arriva la punizione dello specialista Antonio Franchetti, e l’Asco confeziona la beffa.
Sette giorni dopo, seconda trasferta consecutiva in montagna ed altra botta in testa, stavolta con il Radicofani del baffutissimo Ronca (che si è messo ad allenare). E che trova in Andrea Bonsignori e in Massimo Magrini i cecchini di giornata per il 2-1 finale.
Arriva Ognissanti (non ancora Halloween, che nel 1983 non esisteva) ed a Torrita è già tempo di processi; la squadra ha illuso, ma era assai logico che non potesse reggere… Sono infatti bastati due avversari poco più che agguerriti, e la squadra si è subito liquefatta, come neve al sole.
“Quel Mencarelli lì, poi, ve lo raccomando…” si sussurra nei bar della cittadina. E anche in società c’è chi ne reclama apertamente la testa, auspicando il ritorno di Federico Moscadelli, versione salvatore della patria.
Quando arriva il Trequanda (si gioca a Bettolle) si respira già il clima da ultima spiaggia: ma stavolta ad estrarre il coniglio dal cilindro è Marcello Goracci, che gioca una partita stratosferica… Il resto lo fanno Roghi e Mazzeo, che confezionano il 2-0 finale e scacciano la crisi. La settimana successiva arriva l’Atletico Piazze, e gli azzurri “con i denti da latte” fanno addirittura di meglio, rifilando un 4-0 che è una specie di messaggio all’intero campionato.
Da lì in poi, il Torrita decolla, e non sbaglia più niente.

Ma c’è da fare i conti con il Sarteano, che sembra intagliato nella roccia e aspetta i rivali nello scontro diretto alla penultima, che si gioca alla vigilia di Natale.
L’Olimpic è in testa con un punto di vantaggio, e l’accoglienza che Sarteano riserva all’US Torrita non è propriamente da tappeto rosso. E poi c’è quel Maurizio Roghi, del quale si dicono meraviglie, e che bisogna bloccare a tutti i costi.
Così, gli mettono Moreno Pizziconi alle costole, che prende a randellarlo ben bene fin dal primo minuto: ma quel fenomenale centravanti ha mille risorse… Ne busca in silenzio e sgrugna, ma gli basta girarsi una volta, per esplodere un destro che butta letteralmente giù la porta.
Ci penserà Valerio “Attila”, poi, a riportare il conto sull’1-1, ma il Torrita dei giovani non ha mollato un centimetro: è stato spavaldo e fiero, e si è guadagnato il rispetto di quel terribile avversario.

Ma c’è ancora quel punto da recuperare, adesso che gli azzurri di Guido Mencarelli si sono liberati di tutte le paure, e stanno finalmente giocando un calcio bellissimo.
L’Olimpic, intanto, volteggia sempre altissimo, lassù, e getta nella mischia un ragazzino che gioca nella squadra Allievi ma si vede lontano un chilometro che è una specie di predestinato… Si chiama Roberto Bartoli, e appena Lorenzini si decide a buttarlo dentro, ecco che quel piccolo fenomeno lo ripaga, siglando (diciasettenne) il gol del 3-2 sul Pienza, che non è l’ultima delle squadre.

Ma siamo ormai arrivati alla battaglia finale.
Domenica 1 aprile 1984: sarà, per il Torrita, il classico lieto fine da film americano anni’50… Un ideale riscatto ad una storia sfortunata, dopo dieci anni di beffe, malocchi, harakiri e occasioni perdute.
Si gioca ancora a Bettolle (lo stadio di Torrita sarà pronto solo per la stagione seguente) davanti a tribune strapiene, e con una classifica che trova le due contendenti appaiate a 37 punti.
L’Olimpic, fuori casa, fa un po’ meno paura ma rimane un cliente difficile, ed infatti dopo dieci minuti Angelo Beligni ha già fissato il risultato sullo 0-1.
Il Torrita vede ballare nuovamente le streghe, e cinque minuti dopo Valerio Rossi avrebbe persino la palla comoda del raddoppio: un uppercut probabilmente fatale dritto sui denti (non più da latte, adesso) dei ragazzi di Mencarelli.
Ma sarà “Pancho” Giannini, stavolta, a salvare la baracca; tirando fuori dal repertorio la parata del secolo, che strozza nell’esofago l’urlo del gol al grande “Attila”.
Poi, arriva l’1-1 di Roghi, e come spesso succede in queste occasioni, il big-match si trascina fino al termine senza che nessuna delle due contendenti si azzardi a rischiare qualcosa che possa compromettere tutta la stagione.
Ma arriva il minuto 87, e con lui il treno del destino: che stavolta prende le sembianze di un innocuo alleggerimento verso il portiere del Sarteano, che è Niclio Pippi… Maurizio Roghi fa finta di disinteressarsene, poi accenna un impercettibile scatto che costringe lo stopper Carlo Fè ad indietreggiare, e a proteggere goffamente il pallone sull’uscita del proprio numero uno.
Ma Niclio è visibilmente atterrito dall’incedere di quel poderoso numero nove, e nella concitazione non trova di meglio che uscire oltre la sua area di rigore ed anticipare il rinvio di piede.
Che però, alla stregua del “flash” nel calcio-balilla, finisce inopinatamente nella coscia del proprio compagno di squadra, per poi insaccarsi in modo beffardo nel più classico (e comico) degli autogol.
Il boato del pubblico torritese accompagna il pallone che scivola lentamente in porta per il 2-1 finale che vuol dire sorpasso e, incredibilmente, la vittoria di un campionato storico.
Stavolta, l’episodio favorevole è toccato agli azzurri.

L’ultima giornata sarà una formalità per l’Olimpic, che riceve in casa la molto arrendevole Bot , che ne prenderà sei (ehm ehm…): mentre il Torrita deve sudarsi la pagnotta con l’AC Chiusi, che a fine primo tempo sta inchiodando i biancazzurri sul 2-2.
Ma ci penserà ancora Maurizio Roghi, a completare l’opera, con un secondo tempo da antologia: e la doppietta che vale il 4-2 finale, il titolo di capcannoniere (con ventuno centri) e ovviamente la promozione in seconda categoria.
Dopo solo due anni di purgatorio.

Poi, i Torritesi saranno abbastanza sadici da smontare questa squadra fantastica, e retrocedere immediatamente in terza. Ma questa è un’altra storia.
A noi interessava raccontare il 1983-84… Il campionato dell’orgoglio azzurro.

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