Il consigliere comunale di Casole d’Elsa, candidato per Toscana Civica al consiglio regionale interviene sulla sanità toscana

Il modello sanitario di Enrico Rossi poteva essere interessante 20 anni fa. Da 20 anni a questa parte non risulta più essere in alcun modo innovativo. Merita quindi un cambiamento, un cambiamento basilare.

Interviene così sulla sanità toscana Paolo Bartali, consigliere comunale di Casole d’Elsa, Candidato per Toscana Civica per il cambiamento al consiglio regionale.

Per quanto riguarda le aziende sanitarie locali quelle che garantiscono la sanità sul territorio, va rivisto senza discussioni quello che è l’ambito territoriale di ciascuna Asl.

Il cittadino infatti per avere i servizi realmente vicini, deve avere un’azienda sanitaria il cui ambito territoriale corrisponda a quello della provincia. Diversamente può aversi, come accade ora, che un cittadino dell’isola del Giglio per effettuare un esame diagnostico come una TAC, possa avere in nome del servizio erogato la disponibilità di fare l’esame all’ospedale S.Donato di Arezzo.

Lo possiamo considerare davvero un servizio sanitario? Stiamo parlando di persone che si trovano in una condizione di salute fragile e che non devono fare centinaia di km per avere quello che è un loro diritto costituzionalmente riconosciuto. Per quanto riguarda poi l’azienda ospedaliera universitaria, anche Scaramelli ha citato cifre roboanti per investimenti che riguarderanno l’ospedale universitario senese. Faccio notare tuttavia che queste cifre roboanti vanno a sanare per l’ennesima volta dei problemi strutturali, si parla di messa a norma dell’antincendio.

L’ospedale è tutto da rifare, avremmo speso meno ed avremmo speso meglio se nel corso di questi anni la sinistra si fosse preoccupata di adeguare questo scatolone brutto a vedersi da tutte le direzioni quando uno arriva a Siena, con una struttura su padiglioni, esattamente come ha garantito all’ambito fiorentino, ma si sa che la sanità regionale, come tutta la politica regionale, è Firenzecentrica, quindi Firenze ed Empoli, e lascia la periferia abbandonata a se stessa o al buon cuore e alla dignità di qualche direttore generale.

Ci deve essere una sinergia fra territorio ed azienda ospedaliera universitaria che si esalterebbe se l’ambito territoriale, ripeto, fosse quello di una Asl che coincide con la provincia e non con le tre province. Riguardo al Covid, l’azienda ospedaliera ha retto botta, avrebbe potuto e dovuto lavorare come era stato inizialmente detto in Regione Toscana, anche con gli ospedali minori del territorio, Campostaggia era nell’elenco degli ospedali Covid, dopodiché tutto si è concentrato, in maniera peraltro estremamente pericolosa, sull’intera azienda ospedaliera universitaria.

Ecco perché comprendo che la direzione aziendale delle Scotte abbia saldato i ranghi e possa essere anche risultata estremamente rigida nei confronti dell’università o del territorio, ma siccome è un’azienda di alta specializzazione nella quale nel corso di questi anni, ripeto, non è stato investito né in personale né in strumentario rendendola effettivamente attrattiva, era ovvio che per poter reggere botta visto che è l’ospedale della città, ma anche dell’intera area vasta, ha dovuto tenere delle posizioni rigide.

Il giudizio espresso, quindi, sulla sanità portata avanti dal governatore Rossi, e con esso da Stefania Saccardi, non è assolutamente positivo perché non si rivolge realmente al paziente, e non lo mette al centro.

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