Le immagini della Chiesa di San Bartolomeo ad Ancaiano: crollo del tetto

“Da qualche giorno le campane erano silenziose e non suonavano più il solito mezzogiorno, ormai l’unico segno di vita di questa chiesa. Ecco il motivo. Come abbondantemente annunciato e denunciato una parte della cupola è crollata”. Lo si legge sul profilo Facebook della Chiesa di San Bartolomeo ad Ancaiano, in un posto supportato da alcune immagini. Il tetto della chiesa della località nel Comune di Sovicille è crollato.

Sulla questione, sempre sul medesimo profilo, interviene il parroco, Don Vittorio: “Mi dispiace che ci si premuri di mettere foto (senza chiedere il permesso di usare le chiavi) e di postare commenti (animati solo da mero interesse polemico) e non ci si preoccupa di fare la cosa più naturale: avvisare il parroco. Evidentemente si danno giudizi senza mettere minimamente in discussione i propri comportamenti alquanto discutibili. Per quanto di mia competenza mi interesserò”.

A risponde al parroco è l’autore della pagina Facebook: “Sono Paolo Carli, di Ancaiano. Ho creato questa pagina dopo aver visto per anni il disinteresse e l’abbandono in cui versava la chiesa. Non per fare polemiche sterili o lanciare accuse da discussioni al bar, ma per provare a dare delle informazioni. Ho in qualche modo ereditato la ‘custodia’ di questa chiesa (le chiavi sono sempre state in casa) e negli ultimi anni ho collaborato – per quanto possibile – alla manutenzione ordinaria.
Chiedo scusa a don Vittorio per non averlo mai consultato a riguardo, è stato di certo uno sbaglio. Sapendo dei suoi mille impegni diversi ho pensato, a torto, che aveva già abbastanza cose a cui pensare e che questa pagina poteva essere solo un aiuto in più per far conoscere la chiesa e la sua situazione e eventualmente per pubblicizzare una raccolta fondi o qualunque evento collegato. Nel mondo dei social ognuno porta quello che ha, senza troppi filtri, così quando si apre una porta la polemica fine a se stessa riesce a infiltrarsi sempre un po’, credo bisogni in qualche modo tollerarla se non diventa dominante, un po’ come le zanzare d’estate.. Ho cercato almeno per cinque anni di testimoniare il procedere del degrado, non solo qui ma anche interessando la stampa locale, sperando di trasmettere l’urgenza di intervenire in fretta per non arrivare al punto dove siamo oggi”.

“E’ evidente che ho sbagliato – continua – perché non è servito a niente. Ma è evidente anche che ci sono delle responsabilità precise per questi ritardi. Ne sono responsabile anch’io, per non essermi informato abbastanza e dalle fonti giuste, o per non aver cercato una stima seria dei costi in base alla quale concordare magari una campagna pubblica di finanziamento per integrare i fondi disponibili e così magari accelerare i tempi di intervento. Mea culpa. Però la mia intenzione non era di creare ‘abusivamente’ una pagina ufficiale della chiesa ma solo di mantenere viva l’attenzione su un luogo che è stato importante per me come per tante altre persone. Don Vittorio mi ha informato che anche nell’ultima settimana sia lui che il sindaco e l’arcivescovo si sono impegnati per mandare avanti l’operazione del restauro, che ha degli aspetti piuttosto complessi. Questo va senza dubbio riconosciuto. Però questo crollo vuole anche dire che senza dubbio qualcosa andava fatto prima”.

Sullo stesso profilo negli anni si è cercato di raccogliere appelli e inviare lettere alla Curia e alla Soprintendenza per raccontare le condizioni della Chiesa. In un post di alcuni mesi fa si segnala l’avanzamento del degrado negli ultimi quattro anni.

Alcune foto di novembre 2019 tratte dal profilo Facebook della Chiesa di San Bartolomeo

Del 13 novembre scorso è questo appello: “La chiesa di Ancaiano, legata nella storia a Papa Alessandro VII e a Baldassarre Peruzzi, un esempio da noi raro di chiesa rinascimentale così fuori dagli ambiti cittadini, viene pian piano dimenticata mentre si deteriora sempre più per la mancanza di manutenzione del tetto – di cui una parte è ora a rischio di crollo. La vicenda è annosa e si trascina da tempo nell’indifferenza delle varie autorità responsabili, le competenze incrociate tra Curia (proprietaria della chiesa e del complesso della ex canonica) e Comune (responsabile della piazza antistante) frenano ogni ipotesi di intervento, fosse anche la definizione di un serio progetto di salvaguardia”.

“Il luogo- si racconta – in sé è stupendo e ha un potenziale sia di attrattiva turistica che come sede di eventi culturali, ma il recupero a questi fini con il peso di un degrado pluridecennale richiede risorse fuori misura, almeno al momento. Questo però non può giustificare l’abbandono totale che sta avvenendo, che mette tutta l’area a rischio di danni irrecuperabili: trascurare le infiltrazioni d’acqua tra cupola e campanile ha portato al crollo di un’ampia parte dell’intonaco sopra l’altare maggiore, scoprendo la sottostante struttura in mattoni che già si presenta rigonfia e prossima a cedere; altre infiltrazioni stanno impregnando sempre più i muri perimetrali con la crescita sempre maggiore di muffe e alghe, compromettendo le opere artistiche ancora rimaste tra cui una tavola attribuita a Neroccio di Bartolo; il pozzo seicentesco al centro della piazza – già danneggiato anni fa dall’urto di un rimorchio – mostra alcune pietre di copertura della volta che si rialzano sempre più dal piano originale, molto probabilmente a causa del continuo passaggio di automezzi anche pesanti che una struttura di oltre tre secoli non è fatta per sostenere”.

“C’è la necessità immediata – si legge – di fermare le infiltrazioni dal tetto, prima di tutto nell’area del campanile, così da interrompere il degrado e permettere ai muri di smaltire l’acqua assorbita, così come di un sopralluogo tecnico sulla struttura del pozzo che eventualmente porti a impedirne l’attraversamento agli automezzi. Non un costoso progetto di recupero di un bene che in sostanza non interessa a nessuno perché non dà nessun ritorno economico, ma un rimedio all’incuria che permetta quanto meno la conservazione nel tempo di un bene che appartiene a tutti. Considerando che fino agli anni ’60 la manutenzione ordinaria veniva fatta da un fabbro e un muratore del paese, con scale di legno e canne e il loro buon senso come unica ‘norma di sicurezza’, appare che l’unico vero impedimento ad agire stia nella volontà”.

“Da oltre due anni – si spiega – si annuncia l’inizio di un intervento sul tetto, un finanziamento dedicato è stato prima annunciato in via ufficiosa, poi allo stesso modo smentito; le opere artistiche di qualche interesse vengono poco a poco trasferite altrove – prima un quadro del transetto, ora da qualche giorno il ritratto di Papa Alessandro sopra l’ingresso. Nel frattempo il degrado avanza e entrando in chiesa si trova uno spettacolo desolante fatto di calcinacci, piccioni morti, arredi gonfi e muri scrostati che ad ogni pioggia si riempie d’acqua finché non viene assorbita dai mattoni del pavimento. E’ triste vedere tutto questo pensando che la posa di quei mattoni veniva promossa dallo stesso Papa Alessandro e nello stesso tempo in cui a Roma venivano alzate le colonne di San Pietro. Speriamo che queste osservazioni siano di stimolo per diffondere le informazioni e portare finalmente ad agire chi ha la responsabilità di farlo. Si può ancora evitare un altro disastro annunciato come quello della Badia a Rofeno, ma il tempo rimasto è poco”.

Ecco un video di ottobre 2019.

Un video di novembre 2019 dopo alcune precipitazioni.

Un altro video dopo le precipitazioni del novembre 2019.

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