Un episodio accaduto alcuni giorni fa su un autobus a Siena dimostra che la pandemia ha lasciato molte ferite nella nostra società e a rimetterci sono i più fragili.

“Ne usciremo migliori” era una delle scritte più gettonate sugli striscioni affissi sui balconi durante la prima ondata di Covid e il primo traumatico lockdown. A più di due anni di distanza, però, sembra sia avvenuto esattamente l’opposto.

Gli esempi anche Siena e in provincia purtroppo non mancano e un episodio accaduto proprio a Siena, qualche giorno fa, ne è la chiara dimostrazione.

Vi riportiamo il fatto da cui possono essere fatte diverse considerazioni.

Una ragazzina di quindici anni si scorda, ovviamente involontariamente, della mascherina per salire sull’autobus, uno dei pochi luoghi in cui è ancora obbligatoria. L’autista sceglie di farla comunque salire. Una volta messa a sedere è proprio lo stesso autista ad iniziare ad urlarle contro, a schernirla davanti agli altri passeggeri e rivolgerle frasi aggressive, nonostante lei si sia scusata più volte per la sua dimenticanza. La scena, per di più, avviene nell’indifferenza generale di tutti gli altri passeggeri.

Non è il fatto in sè che conta. Quante volte capita anche ad ognuno di noi di potersi dimenticare della mascherina? Forse quasi un segno positivo, se vogliamo, di quel ritorno alla “tanto auspicata normalità” di cui tutti abbiamo sentito il bisogno negli ultimi anni come vero ossigeno. E non è nemmeno lo stare a sindacare se sia giusto o no continuare ad indossare la mascherina in spazi chiusi come gli autobus, scelta che peraltro non vale sugli aerei e non vale all’estero in nessun tipo di trasporto pubblico, almeno non come obbligo.

Il fatto grave, a nostro avviso, sta nel fatto che il Covid abbia generato solo rabbia, paura e frustrazione che sfocia sempre di più nella perdita di quel senso di comunità che dovrebbe essere tenuto stretto come oro prezioso e merce rara, soprattutto in città come Siena.

La domanda da farsi è a cosa sia servito offendere, a quanto pare anche per diversi minuti, una ragazza che sicuramente non è intenzionalmente salita sull’autobus senza FFP2 per spirito di ribellione per andare contro a quanto previsto dalla legge. Perchè l’autista, se voleva essere così ligio al dovere, ha scelto di farla salire e poi trattarla male davanti a tutti? Nessuno degli altri passeggeri aveva una mascherina di scorta? O sull’autobus stesso non ce ne erano? Non si poteva semplicemente dire alla ragazza che non era il caso di salire e finirla lì?

Sono tutte domande che ci siamo fatti, ripeto non tanto per il fatto in sè, ma perchè dimostrano quanto la paura, e soprattutto una rabbia ingiustificabile, siano i sentimenti prevalenti di molti, generati, e ancora alimentati, dalla pandemia.

Vorrei raccontare un episodio simile, per riflettere di quanto i tempi, a distanza di circa 15 anni, siano cambiati. Ai tempi dell’università, forse per essermi svegliata troppo di fretta salii sull’autobus per Siena sprovvista di portafogli e relativo abbonamento per l’autobus. Puntualmente salì il controllore. Quando mi chiese il biglietto, spiegai l’accaduto. La sua intransigenza sembra tale da non volermi dare nemmeno possibilità di replica. Un signore seduto accanto a me, che aveva assistito alla scena, si alzò e mi porse un biglietto di andata per Siena, salvando le mie tasche da una multa sicura. Si trattavano di pochi euro ma che per me fecero la differenza e che mi fecero sentire parte di una comunità di cui potevo fidarmi e di cui andavo orgogliosa, da italiana e da senese.

Quella stessa comunità che oggi mi sembra l’unica vera vittima di quanto accaduto a quella ragazzina quindicenne.

Irene Chiti
Il giornalismo è una professione che non si sceglie, è lui che sceglie te. Ho sempre creduto che il valore di un vero professionista sta nel fatto di mettersi completamente a servizio del "racconto", stare un passo indietro piuttosto che sentirsi gli attori di ciò che scriviamo. Noi siamo solo il tramite per far arrivare il "racconto". Per questo prendo in prestito le parole di Joseph Pulitzer per ricordare la raccomandazione più importante: "Presentalo brevemente così che possano leggerlo, chiaramente così che possano apprezzarlo, in maniera pittoresca che lo ricordino e soprattutto accuratamente, così che possano essere guidati dalla sua luce."

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