La rubrica settimanale di Alessandro Lorenzini

Una volta il Palio “mascherato” era quello che una Contrada riusciva a vincere sfruttando l’effetto sorpresa, tenendosi nascosta per quattro giorni o forse più e sorprendendo tutti il giorno della corsa, facendo emergere d’un colpo tutte le strategie messe in campo. Ai tempi del Covid il rischio reale è invece un altro. E’ quello di vedere un Palio mascherato per davvero, imbavagliato cioè nei Dpi e nelle misure anti Covid, compresi gel e distanziamenti.

Per quanto oggettivamente non sia impossibile pensare ad alcune misure per Piazza del Campo, come il contingentamento degli ingressi nell’anello sotto alla Torre del Mangia, mi pare improponibile, impossibile, irrealizzabile applicare le norme antivirus a quei quattro giorni. Fatti di socialità, di lacrime e gioia, di tutta quella passione e quei sentimenti alterni che non possono che prevedere abbracci e contatti (sì, anche quelli un po’ più…aspri).

Ci diciamo sempre che il Palio non è una corsa, è un rito, è una cultura. Non sono aspetti da poter ridisegnare. Almeno, dobbiamo conservare la speranza che a quella “normalità” si possa tornare, benché sia pacifico pensare che certe abitudini quotidiane saranno comunque da variare, imparando quello che in qualche modo ci ha insegnato (o insegnato di nuovo, come per il lavaggio delle mani) il Covid. Il Palio no. Il Palio deve conservare quella sua “anormalità” per noi del tutto normale. Alcuni aspetti possono adattarsi ai tempi, come è stato fatto e proprio grazie a questo quei quattro giorni di luglio e di agosto si sono preservati del tempo. La loro vera essenza, però, non si può “mascherare”.

Conserviamo la speranza, fino a fine maggio, come ha detto il sindaco Luigi De Mossi. Se la situazione dovesse rimanere quella attuale, preferisco un secco no. Preferisco sperare ancora nell’originale, che realizzare un ibrido.

Buona domenica.

eliofanali.wordpress.com

Alessandro Lorenzini
Da bambino c’è chi sogna di fare l’astronauta, il calciatore, il pompiere. Io sognavo di fare il giornalista, forse influenzato dalle mie letture, dalle mie canzoni, da qualche film visto al cinema o in tv. Fra mille difficoltà sto provando a portare avanti il mio sogno, con trasparenza e umiltà, mettendoci la faccia (e la firma). Sono nato e vivo a Siena, in una città problematica, ma magica, che ti scaccia e ti abbraccia, che ti allontana e ti spinge a tornare, come una sorta di elastico, in un legame comunque inscindibile per sempre.

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