La rubrica settimanale di Alessandro Lorenzini

Scuole e vaccini. Vaccini e scuole. Di poco altro si parla e si pontifica. Trovo sinceramente complicato comprendere come si possa organizzare un “comitato d’emergenza” sulla scuola ogni venerdì, perché capisco che si debba analizzare una valutazione di tutti i dati prima della fine della settimana per decidere le chiusure della successiva, ma anticipare, magari, di 24 ore, potrebbe essere altrettanto utile: per le famiglie, per le strutture, per le amministrazioni comunali.

Sarebbe altrettanto utile comprendere anche un iter specifico che attualmente è contenuto nelle regole del governo (gli ormai celebri Dpcm) per la chiusura dei plessi scolastici. Provo a riassumerlo. Zona rossa (decisa dal governo) uguale scuole di ogni ordine e grado chiuse. Zona arancione uguale scuole aperte, ma con la facoltà di chiuderle tutte da parte della regione (in base ad alcuni parametri non vincolanti, ma di cui tener conto come media superiore a 250 positivi su 100mila abitanti, evolversi dei contagi, presenza di varianti aggressive). Ai sindaci rimane la facoltà di chiudere questa o l’altra scuola “singola”, il resto non spetta a loro. Spetta anche alla regione la possibilità di applicare “mini zone rosse” (e conseguente chiusura delle scuole) a livello provinciale e comunale. Iter intricato, capisco, ma tutto sommato comprensibile. Anche ai laureati sul web.

Capitolo vaccini. Noto una certa superficialità nell’analizzare la questione della produzione, anche in chi dovrebbe informare. Lo stabilimento senese della Gsk può essere riconvertito per una produzione dell’anti Covid, ma non è una cosa che si può fare così, a cuor leggero, come ha detto ai nostri microfoni il professor Emanuele Montomoli. Primo perché significherebbe interrompere la produzione del vaccino contro il meningocco, secondo perché attualmente a Rosia si produce, per l’appunto, un vaccino batterico, che non è proprio la stessa cosa di un vaccino anti Coronavirus. Sarebbe come prendere un’impresa con alta specializzazione in trattori e convertirla alla produzione di Ferrari. Non è proprio la stessa cosa e, soprattutto, ci vorrebbe qualche mese. E fra qualche mese di vaccini ne avremo a bizzeffe.

Certo perseguire un distretto produttivo e industriale a Siena, è cosa da mettere fra le priorità, come ha detto il sindaco Luigi De Mossi, ma un conto è pensare da subito a un polo di scienze della vita, un conto è spingere alla conversione immediata uno stabilimento che lì c’è e funziona da prima della pandemia. Questa città ci ha abituato troppe volte alla poca lungimiranza, forse in questa fase sarebbe il caso di averne: se poi questa conversione dovesse essere realmente utile, ben venga. Ci mancherebbe altro.

Chiosa finale, un po’ stucchevole e forse specchiante. Leggo e sento proteste della categoria giornalistica che vorrebbe il vaccino, perché mestiere da strada, a rischio assembramento e quindi a rischio contagio. Tutto giusto. Poi ci rifletto e mi domando: la categoria è divisa in professionisti (che hanno fatto l’esame di stato), pubblicisti (in teoria giornalisti part time) e coloro che fanno il mestiere, ma non sono iscritti all’Ordine. Poi ci sono quelli contrattualizzati (a prescindere dalla loro iscrizione), quelli a partita Iva, i collaboratori, gli uffici stampa, i fotografi, gli operatori e altro ancora. Non ne faccio un problema “etico”, non metto il mestiere prima di altri (addetti al supermercato e quant’altro). E non ne faccio neppure una colpa (stranamente) nei riguardi di un Ordine che funziona a intermittenza. C’è un problema pratico e reale, che chi è del mestiere dovrebbe ben conoscere. Chi stabilisce chi fa il vaccino e chi no? E, con tutto il rispetto, chi ha un altro lavoro poi esce alle 17 dall’ufficio e si mette a scrivere da casa ha diritto al siero come chi si sveglia la mattina alle 8 e fa questo mestiere tutto il giorno? Chi stabilisce che il primo abbia o meno più diritto del secondo? Lasciamo perdere, forse è meglio. A meno che non si voglia fare la battaglia dell’orto più verde. I problemi della categoria sono ben altri e non ho visto tutta questa guerriglia all’epoca in cui quei problemi nascevano ed erano ben conosciuti.

Forse il Covid offusca le idee.

Buona domenica

eliofanali.wordpress.com

Alessandro Lorenzini
Da bambino c’è chi sogna di fare l’astronauta, il calciatore, il pompiere. Io sognavo di fare il giornalista, forse influenzato dalle mie letture, dalle mie canzoni, da qualche film visto al cinema o in tv. Fra mille difficoltà sto provando a portare avanti il mio sogno, con trasparenza e umiltà, mettendoci la faccia (e la firma). Sono nato e vivo a Siena, in una città problematica, ma magica, che ti scaccia e ti abbraccia, che ti allontana e ti spinge a tornare, come una sorta di elastico, in un legame comunque inscindibile per sempre.

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