La rubrica settimanale di Alessandro Lorenzini

L’ultimo libro di Simone Rossi, scienziato dell’Università di Siena, parla del cervello (“Il cervello elettrico. Le sfide della neuromodulazione“). Ne serve, in generale, sempre molto; quando si va a votare, ne basterebbe averne uno normale. Non mi aspettavo grandi fuochi di artificio, qualcosa in più ci sarà (forse) in questa ultima settimana di campagna elettorale, già mi immagino improntata su efficienze e inefficienze delle scuole che domani, dopo sette mesi, riapriranno le porte. Valanghe di parole sono state scritte (e dette), da una parte meglio che questo atto si consumi, se non altro per far cessare un dibattito che è stato molto stucchevole e poco concreto, da qualunque parte ci si posizioni.

Se la campagna elettorale per le regionali mi è sembrata soffocata dalle mascherine che indossiamo, quella per il referendum mi è apparsa deserta come le vie di Siena per il lock down. E questo è preoccupante. Perché, al di là di quale sia l’intenzione sui voto su quello che è troppo banale appellare come un “taglio ai parlamentari”, bisognerebbe perlomeno sapere cosa si va o non si va a toccare e a modificare. Sarebbe un dramma se, spinti dalla banalizzazione e financo dalla stanchezza, si venga trascinanti nel limbo dell’ignoranza: serve votare con consapevolezza, se “Sì” o se “No” e perché.

Personalmente, credo che i numeri parlino molto chiaro. Due dati, su tutti. Uno: ognuno di noi risparmierebbe 1,33 euro all’anno. Due: l’Italia avrebbe un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila abitanti (il testo originario della Costituzione prevedeva un deputato ogni 80 mila abitanti ed un senatore ogni 200 mila), con il numero più basso di parlamentari di tutti i grandi paesi d’Europa.

La questione assomiglia moltissimo alla non riforma delle province. Al di là del fatto che questa sia poi rimasta a metà, tutti ad assaltare la diligenza delle amministrazioni provinciali brutte, sporche e cattive; poi, dopo (solo dopo), tutti a lamentarsi dell’inefficienza e dell’allontanamento delle regioni dal territorio e delle difficoltà dei comuni a soddisfare alcune richieste, pur legittime. Vi immaginate un parlamentare, che già adesso fa enorme fatica a rappresentare un territorio, rappresentarne il doppio?

Il problema è serio. Non è legato però al numero dei parlamentari o della rappresentanza in genere. Bensì alla loro qualità. Alla “selezione in entrata”. Alla classe dirigente. A chi va a sederci sopra a quelle poltrone. Io lo spenderei volentieri un euro e trentatré centesimi che magari invece risparmierò, avessi la possibilità di essere rappresentato, al di là del colore, da un parlamentare efficiente e, soprattutto, competente. Capisco, però: è più facile tagliare una discussione con un “mandiamoli a casa” che imbastire un ragionamento serio sulla classe dirigente che viene formata prima e che mandiamo, poi, a governarci; salvo poi lamentarci. Forse, alla fine, questa classe (salvo rare eccezioni, s’intende) è semplicemente quella che ci meritiamo: e su questo non c’è referendum o riforma che tenga.

Buona domenica.

eliofanali.wordpress.com

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