La rubrica settimanale di Alessandro Lorenzini

A chi si interroga in queste ore sul perché tanto stupore e amarezza rispetto alla non decisione di far cambiare colore alla Toscana consiglio di fare un rapido giro per il centro a Siena e anche solo sondare l’umore di commercianti, baristi e ristoratori. Rivolgersi alle partite Iva, lo capisco, sarebbe troppo complicato. Si, il colore conta e conterebbero anche sette giorni di misure restrittive in meno, con la consapevolezza che ci saranno ancora settimane e mesi difficili per l’economia e le conseguenze della pandemia che, temo, non si esauriranno con la campagna di vaccinazione o la distribuzione del farmaco di Tls e Rappuoli.

Eugenio Giani ha dimostrato di non avere dimestichezza con la tavolozza dei colori e l’arcobaleno governativo. Qualche dichiarazione in meno e qualche fatto in più non sarebbero male, ma del resto non è l’unico e non sarà il primo a sproloquiare in politica: quando le parole contano più dei fatti spesso si tende ad abusarne. Fra sette giorni tutto sarà dimenticato. Non so se sia un bene o un male.

Sette giorni fa avevamo ancora con noi Paolo Rossi. La vita di Paolo Rossi è cambiata in sette giorni, dal Brasile alla Germania.

Ho odiato e poi imparato ad amare Diego Maradona. Ho amato fin dal primo istante Paolo Rossi. Come milioni di italiani, del resto. Due campioni così distanti eppure così vicini in tanti loro atteggiamenti privati. Paolo Rossi, però, è stato quello per il quale mi sono innamorato del calcio, sono sceso bambini in strada a sventolare la bandiera dell’Italia e ho persino sposato i colori della squadra in cui giocava all’epoca. Quella volta che per lavoro lo incrociai a Gaiole in Chianti rimasi dieci minuti fermo senza proferire parola. Ho conservato gelosamente per anni l’album Panini che ripercorreva la vittoria del Mondiale, allora non c’era youtube e ricordo a memoria formazione, gol, immagini statiche ma bellissime dei gol rifilati alle potenze pallonare dell’epoca.

Oggi, in tempi ordinari, Siena avrebbe festeggiato Santa Lucia con le tradizionali campanine (e non solo). L’ennesima giornata che andrà in archivio con il sospiro verso quello che troppe volte abbiamo dato per scontato e “rimandabile” all’anno successivo: fra le cose che abbiamo imparato con questo Covid è proprio tornare ad apprezzare quello che nel nostro calendario appare quasi una forma routinaria e ciclica e che invece è una forma di bellezza che dobbiamo sapere apprezzare ogni volta. Il detto “tanto c’è ogni anno”, insomma, non vale.

La settimana prima di quella che ci porterà a questo strano Natale sarà ricca di appuntamenti importanti. Il Consiglio comunale, per esempio, comincerà la lunga analisi del piano operativo. Capisco che l’attenzione dell’opinione pubblica si rivolta altrove in questo momento, ma si tratta uno strumento di particolare importanza che regola l’urbanistica dei prossimi anni e quindi credo sia necessario uno sforzo di attenzione per le prossime sedute del massimo consesso cittadino, oltretutto con la novità (a parte quella di domani, sempre in videoconferenza, oggettivamente meno seguibile) della loro organizzazione all’interno della sala Italo Calvino del Santa Maria della Scala per rispettare il distanziamento.

Non solo: giovedì 17 sapremo qualcosa di più sul futuro di Monte dei paschi, con il consiglio di amministrazione che discuterà e, presumibilmente, licenzierà il piano “stando alone” con il quale si sta tentando di respingere l’assalto del Mef che spinge per le nozze con Unicredit. Magari l’ad Guido Bastianini riuscirà a convincere il resto della governance di Rocca Salimbeni, temo sia più complicato decidere chi, alla fine, deciderà davvero.

Buona domenica.

eliofanali.wordpress.com

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