La rubrica settimanale di Alessandro Lorenzini

Lo ammetto, ieri sono uscito di casa per una passeggiata senza uno specifico bisogno. Ultime ore di zona arancione, da lunedì saremo in zona rossa, nonostante un “balletto” che francamente ci poteva essere risparmiato, bastava azzardare meno parole. A volte non c’è bisogno di straparlare sempre, benché stampa e giornalisti siano sempre alla ricerca di dichiarazioni sullo scibile umano.

In ogni caso ho deciso. Sono andato in centro a Siena. In effetti non c’era proprio il “pienone” di un sabato pomeriggio, però persone c’erano, soprattutto giovani e giovanissimi. Non condanno e non approvo, fotografo la situazione, partendo (anche) dal fatto che questo è il tipo di socializzazione possibile in questa fase, senza scuola e senza attività sportiva, basta che sia fatta in sicurezza (leggi senza assembramenti e con le mascherine). Al di là di questi aspetti, che saranno sicuramente (e forse meglio?) fotografati dagli sceriffi dei social pronti a fotografare la piazza del Campo, quello che ho notato è stato altro.

Una certa rabbia latente, un nervosismo di fondo. Un po’ ovunque. Faccio due esempi, ma ne potrei fare altri, pure in un’ora di passeggiata. Nella fila per fare prendersi le frittelle. Dove una signora al telefono aveva erroneamente saltato il proprio numero, antecedente al mio, facendo così saltare la corrispondenza fra chiamata e display: un semplice gesto di cortesia (farla passare avanti a me, anche se la suddetta ha imperterrita continuato a parlare al telefono, quasi la fila fosse un diritto divino) ha suscitato proteste vibranti. Manco fossimo alla distribuzione del pane in tempo di guerra. Poi in una persona che ha inveito contro due ragazzine a spasso con il cane che, solitarie in mezzo a piazza della posta (io la chiamo ancora così), avevano la mascherina abbassata. Gesto condannabile, senz’altro, ma è stata la rabbia della signora che mi ha colpito.

Certo, sono solo due esempi e forse c’era una giustificazione personale alla base del gesto. Ho però l’impressione che, davvero, non ne stiamo uscendo migliori. Ne stiamo uscendo rabbiosi e rancorosi, convinti di dover coltivare il proprio orticello e invidiosi di quello (più verde?) del vicino. La mancanza di socialità ci sta logorando ed è bene che i vaccini arrivino, tanti e subito, perché questo logorio rischia di farci male quanto le pendenze economiche. Vaccini, vaccini, vaccini caro presidente Giani. Per davvero, però. Prima possibile.

Buona domenica.

eliofanali.wordpress.com

Da bambino c’è chi sogna di fare l’astronauta, il calciatore, il pompiere. Io sognavo di fare il giornalista, forse influenzato dalle mie letture, dalle mie canzoni, da qualche film visto al cinema o in tv. Fra mille difficoltà sto provando a portare avanti il mio sogno, con trasparenza e umiltà, mettendoci la faccia (e la firma). Sono nato e vivo a Siena, in una città problematica, ma magica, che ti scaccia e ti abbraccia, che ti allontana e ti spinge a tornare, come una sorta di elastico, in un legame comunque inscindibile per sempre.

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