La rubrica settimanale di Alessandro Lorenzini

Ci sono cose che non possiamo prevedere o anticipare, semplicemente arrivano e possiamo solo affrontarle. Bisogna decidere come farlo. Se mestamente chinare la testa oppure provare a trovare uno spunto non solo per uscirne, ma per uscirne migliori. Non bastano, certo, due cori ai balconi o due bandiere arcobaleno agitate dalle finestre. Servono concretezze e perfino ambizione. Servono decisioni.

E’ il senso di quello che ha anche detto il sindaco di Siena Luigi De Mossi, quando ha parlato, a più riprese, di non “sprecare una crisi”. Un concetto che abbraccia tanti campi quotidiani della vita, dal filosofico-etico fino alla praticità di una Siena che forse ancora non ha capito che non può più basarsi su quello che c’era, ma deve avere la capacità su atri asset. Turismo, università, ricerca sono i pilastri, intelligenza artificiale e manifatturiero quelli da sviluppare. Con i relativi indotti, s’intende.

Del resto, al di là degli scandali e della crisi, le banche come era Monte dei paschi non esistono più. La robotizzazione ha colpito anche gli istituti di credito. Quando è che non andate in banca per cambiare un assegno o fare un’operazione, quando prima ci passavate almeno una volta a settimana?

Già, il Monte dei Paschi. Si prepara al settimo aumento di capitale in una manciata di anni (undici) e va dritto verso quello che, al di là dei tempi, è un’aggregazione scontata. Impossibile pensare che la Bce conceda 1,5 miliardi di euro di “aiuti” (intesi come quota parte dell’aumento di capitale) al Mef senza la previsione di un’operazione del genere: e lo sposo, Unicredit, è lì, pronto a ricevere gli incentivi fiscali come dote di nozze. Quanto si potrà rimandare questo matrimonio dipende, più che da Siena e dal territorio, che pure ha fatto il passo avanti perlomeno di tornare centrale nel dibattito sul futuro del Monte con le parole prima di De Mossi e poi di Giani, dalla capacità con cui lo stesso Mef saprà dialogare con l’Europa. I precedenti non sono confortanti e se anche lo stesso ministro non vede l’ora di sbolognare la grana Mps…

I sindacati si agitano. Giusto, è nel loro ruolo. I 2670 esuberi da qui al 2025, previsti nel piano, erano però quelli messi in conto anche con i precedenti piani industriali e sono “gestibili” con uscite volontarie e fondo. O sbaglio? Forse i problemi sono altri. Il “Fatto Quotidiano” ha riportato che a Natale 2017 (epoca Morelli) Monte dei Paschi sfornò 47 dirigenti, 34 a novembre dello scorso anno ed è strano che qualcuno sia passato dalla lotta al governo, qualcuno ha fatto un salto che è paragonabile, come mi ha scritto un amico, al salto che potrei fare io da collaboratore del “Corriere di Siena” a direttore del “Corriere della Sera”. Dai sindacati Mps (in particolare, da uno) sono usciti quattro sindaci di Siena sugli ultimi sei (uno era funzionario di partito e parlamentare, l’attuale fa l’avvocato). Ognuno tragga le sue conclusioni, anche se l’argomento è interessante e magari ci torneremo sopra.

Nel frattempo arriviamo a questo Natale multicolore, torniamo al giallo per poi ripassare al rosso e all’arancione. Credo si debba sostanzialmente sperare che si accorcino, anche di qualche giorno, i tempi per la campagna vaccinale e per la sperimentazione del farmaco monoclonale. Nel frattempo, proviamo davvero a non sprecarla questa crisi.

Buona domenica.

eliofanali.wordpress.com

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui