La rubrica settimanale di Alessandro Lorenzini

Ne ho ragionato in questa umile rubrica la settimana scorsa, vedendo festeggiamenti azzurri e assembramenti inglesi. Non ho la benché minima intenzione di confondermi con il popolo dei social (non certo per una sopraffina volontà elitaria, s’intende, ma prendendone per buona l’accezione negativa), tuttavia il dibattito sembra darmi ragione. Come si possa “permettere”, in sostanza, certe manifestazione e non perlomeno riflettere sull’organizzazione del Palio, sinceramente, mi è oscuro. Un po’ la medesima cosa che, in un paradosso tutto italiano, accade per le discoteche. Prima aperte ma senza ballare, poi aperte ma con green pass, poi chiuse. Poi, però, se fai un giro sui social (potenza dei video…), oppure un semplice giro dietro l’angolo, vedi ballare, sbicchierare e cantare dovunque. Bene così, ci mancherebbe altro, ma il senso mi rimane nebuloso. Mi rimanevano nebulose tante e diverse cose anche del precedente governo, s’intende, che non era dei “migliori” come questo. Con tutte le giustificazioni sul virus, s’intende.

Dal mio umile punto di osservazione vedo che, piano piano, stia cambiando anche un po’ il vento sulle rigidità regolamentari che ci hanno (troppo) contraddistinto fin qui. Nessuno (almeno, non il sottoscritto) vuole cambiare il Palio, che (basta leggere qualche cronaca del passato) invece è cambiato eccome negli anni e dei decenni, magari sotto gli occhi di chi adesso si straccia le vesti per un cavillo o una data. Basta usare il buonsenso (questo sconosciuto, lo capisco) per dibatterne e ragionare senza pre-giudizi, da una parte o dall’altra della trincea.

Con il caldo i giudizi trancianti sono più semplici, lo capisco, di una prolusione ragionata e argomentata, oltre che argomentabile. Preferisco il caldo (ma questo non è interessante), preferisco argomentare (questo magari interessa di più) che commentare in 140 caratteri.

Chiosa finale della settimana sulla seconda audizione della commissione d’inchiesta sul caso David Rossi. Chi mi conosce, almeno un po’, sa quanto sia difficile, financo doloroso per me parlare della vicenda, tanto da rimanere in silenzio assoluto per (almeno) un paio di anni (la cosa è stata anche abbastanza complicata, vista la professione che – ahimè – esercito), salvo poi cominciare a scriverne vestendo unicamente i panni del cronista osservatore e registrando con maggiore oggettività possibile tutte le posizioni che si sono susseguite sul caso. Questo non toglie, ovviamente, che anche il sottoscritto abbia un’idea, ma non che senta il bisogno (come invece molti fanno, intendendo per tali “molti” coloro che non sono coinvolti o toccati direttamente o indirettamente dalla questione) di elargirla ai posteri. Detto tutto questo torno all’inizio del periodo. Si può avere pensieri più o meno diversi sul caso, ma mi aspetterei che un parlamentare che ha scelto di entrare a far parte della commissione stessa abbia perlomeno letto gli atti. Se non gli atti, i libri. Se non i libri, qualche articolo di giornale. Se non gli articoli, fatto una ricerca sul web. Insomma, che abbia almeno “per sentito dire”, cognizione su quello che va ad ascoltare. Non mi pare, con tutto il rispetto, pensabile che qualcuno faccia domande, che rasenterebbero la comicità se non fossero legate a un caso e a un fatto così drammatico, sull’esumazione del corpo di David Rossi, ignorando (ignoranza è la parola giusta, per l’appunto) completamente che, sì, quel tipo di esame (peraltro non proprio una passeggiata, anche per i familiari) è stato fatto.

Ne va della credibilità istituzionale non solo della commissione, ma di tutto l’arco parlamentare. Una volta si diceva: “Meditate gente, meditate”. Mi limito a dire: “Studiate, gente, studiate”.

Buona domenica.

eliofanali.wordpress.com

Da bambino c’è chi sogna di fare l’astronauta, il calciatore, il pompiere. Io sognavo di fare il giornalista, forse influenzato dalle mie letture, dalle mie canzoni, da qualche film visto al cinema o in tv. Fra mille difficoltà sto provando a portare avanti il mio sogno, con trasparenza e umiltà, mettendoci la faccia (e la firma). Sono nato e vivo a Siena, in una città problematica, ma magica, che ti scaccia e ti abbraccia, che ti allontana e ti spinge a tornare, come una sorta di elastico, in un legame comunque inscindibile per sempre.

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