Lavoro, diritti, uguaglianza. Ma anche pace, parità, salari giusti. Sono le parole d’ordine di oggi e di sempre della Festa del Primo Maggio, festa in cui si celebrano e si ricordano fin dal 1882 i diritti e le conquiste dei lavoratori di ogni parte del mondo.

Quest’anno la manifestazione nazionale organizzata dai sindacati Cgil, Cisl e Uil, stamattina, in Piazza San Francesco ad Assisi, ha un titolo che richiama la tragedia della guerra in Ucraina: “Al lavoro per la pace”, questo lo slogan dei sindacati confederali. “Siamo contrari alla guerra, vogliamo lanciare un messaggio per fermare questa guerra assurda voluta da Putin che sta facendo pagare un prezzo pesantissimo alle persone”.

Oggi la fotografia del mondo lavorativo in Italia lascia comunque molte perplessità.

Caporalato tradizionale e digitale, smart working poco ‘smart’, carichi di lavoro aumentati e il processo del superamento del gender gap che con la pandemia ha subito uno stop. La fotografia del lavoro al femminile alle prese con un divario storico che sembra incolmabile.

considerando il tasso di occupazione al femminile in Italia e tutta una serie di stereotipi duri a morire, che limitano, frenano, e precludono l’accesso a determinati ruoli, le donne hanno davvero qualcosa da festeggiare? Ben poco, se si guarda alla parità retributiva uomo-donna e ai ruoli al vertice e di potere. Il recente rapporto Irpet sui ‘Divari di genere in Toscana’ ha tracciato un quadro ben poco roseo: una donna su due non lavora perché è impossibilitata, per forza di cose, a conciliare la famiglia con gli orari professionali, e si trova quindi ad essere “costretta” a scegliere tra marito, figli e lavoro, e molto spesso è quest’ultimo ad essere penalizzato.

Un dato che rispecchia tristemente quello italiano.

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